MODI DI DIRE SPEZZINI

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'''MODI DI DIRE SPEZZINI'''
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[[File:MONUMENTO GIUSEPPE GARIBALDI 03.jpg|180px|right]]
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* '''BELIN,PAPA''''
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(it. belin, papà!) La parola più usata in Liguria è il termine probabilmente più ligure che utilizziamo a Spezia. In questa accezione, si accompagna all'invocazione paterna sin dai primi anni di vita, quando al Picco il figliolo dirà al padre esultante: ''belin papà, che gol!''; poi lo ripeterà con l'arrivo di una nuova macchina bella e spaziosa : ''belin papà come è bella !''; e sarà poi ripetuto, ma con tono e intenzione differente, ai primi patemi adolescenziali: ''ma belin, papà, ma perchè non mi mandi due settimane a sciare, scusa eh..''.
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Proseguirà nel tempo con alternanti modulazioni,fra un ''belin papà come rompi'' e un ''belin papà ma perchè non vieni con noi, dai!...'' fino al duro e finale ''belin, papà, mi manchi tanto'', quando il ''vecchio'' sarà andato via per sempre.
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Una variante degli ultimi anni, meno tragica ma sempre un pò amara, è ''belin papà: ma ti sei sposato la badante con la comunione dei beni!!'' , la quale, da balda polacca 35enne con prospettive personali -della persona fisica- notevoli,fulminerà con uno sguardo il figlio: che di più non potrà dire, a causa di possibili commerci carnali già intercorsi con la stessa...
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Una pagina come questa deve assolutamente vivere di molti contribuenti: io la avvio solamente...
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* '''MA TE ME PAI DE GESSO'''
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(it: mi sembri di gesso) si dirà della gentile fidanzata/consorte che non mostra la benchè minima propensione al dialogo, né la capacità di comprendere che lo spezzino verace, alle 15 della domenica, deve essere o al Picco o nei pressi di una fonte mediatica di informazione (oggi anche il web).
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MA TE ME PAI DE GESSO
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* '''TE PIASSE UN PO' DE BEN'''
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(it: ti prendesse un pò di bene) frase il cui intento è in genere l'esatto opposto,e che sarà rivolta al giovane scooterista che ha la pretesa di transitare comunque mentre folle di pedoni si affannano sulle strisce pedonali, cavalcando lo smarmittato e potente mezzo meccanico: il tutto nel terrore delle pensionate, e nel relativo disprezzo del ''ghifone'' di turno (il vigile urbano).
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(it: mi sembri di gesso) si dirà della gentile fidanzata/consorte che non mostra la benchè minima propensione al dialogo e alla capacità di comprendere che lo spezzino verace, alle 15 della domenica, deve essere o al Picco o nei pressi di una fonte mediatica di informazione (oggi anche il web).
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CHI GHE LA' D'OO, CHI GHE LA' D'ARGENTO  E CHI GHE DA' DI CAUSSI DENTRO
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* '''CHI GHE LA' D'OO, CHI GHE LA' D'ARGENTO  E CHI GHE DA' DI CAUSSI DENTRO'''
(it: chi ce l'ha dorata, chi d'argento, chi la prende a calcioni) ci si riferirà alla fortuna ma anche a quella parte anatomica della quale la sempre attuale Mae West amava dire: ''molte donne sono sedute sulla loro fortuna, e non lo sanno: altre lo sanno perfettamente''
(it: chi ce l'ha dorata, chi d'argento, chi la prende a calcioni) ci si riferirà alla fortuna ma anche a quella parte anatomica della quale la sempre attuale Mae West amava dire: ''molte donne sono sedute sulla loro fortuna, e non lo sanno: altre lo sanno perfettamente''
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TE CAGA' N TER BOLACO
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* '''TE CAGA' N TER BOLACO'''
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(it: hai fatto la cacchina nel barattolo) diremo all'amico che ci volta le spalle, o al collega che ci rifiuta la cortesia richiesta: la frase, all'apparenza volgare, promette vendetta.
(it: hai fatto la cacchina nel barattolo) diremo all'amico che ci volta le spalle, o al collega che ci rifiuta la cortesia richiesta: la frase, all'apparenza volgare, promette vendetta.
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MA MEN BATO 'R BELIN
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* '''MA MEN BATO 'R BELIN'''
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(it. me ne frego) sarà la risposta del minacciato
(it. me ne frego) sarà la risposta del minacciato
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TE' MANGIA' DE STRANGOGION
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* '''TE' MANGIA' DE STRANGOGION'''
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(it: hai mangiato molto in fretta) diremo del galantuomo dello Sprugola,o dell'elegante abitante di Piazza Brin, che per recarsi alla partita delle amate Aquile si ingozzano come struzzi rischiando, ma è un altra questione, UNO S-CIOPON.
(it: hai mangiato molto in fretta) diremo del galantuomo dello Sprugola,o dell'elegante abitante di Piazza Brin, che per recarsi alla partita delle amate Aquile si ingozzano come struzzi rischiando, ma è un altra questione, UNO S-CIOPON.
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IE' CAITO N TER CANAO I NE' SE' FATO MANCO MAO
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* '''IE' CAITO N TER CANAO I NE' SE' FATO MANCO MAO'''
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(it: è caduto nel canale ma non si è fatto nulla) antica frase ripetuta non di rado dai non spezzini che sono passati dalle parti nostre, spesso per comando militare,solo per segnalare la cadenza dell'idioma a loro dire curioso (magari provengono dalla Ciociaria, perciò...)
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(it: è caduto nel canale ma non si è fatto nulla)  
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antica frase ripetuta non di rado dai non spezzini che sono passati dalle parti nostre, spesso per comando militare, e solo per segnalare la cadenza dell'idioma a loro dire curioso (magari provengono dalla Ciociaria, perciò...)
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ATO ITO OTO ETI DE TOTANETI
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* '''ATO ITO OTO ETI DE TOTANETI'''
(it: ti ho detto otto etti di totanetti)
(it: ti ho detto otto etti di totanetti)
idem come sopra: una frase così può aver senso solo ''in piazza'' o in pescheria.
idem come sopra: una frase così può aver senso solo ''in piazza'' o in pescheria.
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MIA CHI TE MIO
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* '''O MANGIABRENOSE  A UFO!'''
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(it guarda che ti guardano) fu anche il titolo di uno dei numerosissimi fogli, giornali è ececssivo, goliardici che uscirono a pacchi negli Anni Cinquanta Sessanta dei quali oggi resiste ed esiste il solo Spezia's Confidential.
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(it: o mangiatori di panini allungati  che non pagate!)
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''Mia chi te mio'' sarà la frase detta, con più di un secondo fine, dal gentleman appostato davanti al Peola per segnalare a una giovane fanciulla avvenente che è sotto lo sguardo,insistente, di alcuni marinai di leva (oggi scomparsi col bar stesso, ridenominato in altro modo)e che solo fra le sue braccia potrà salvarsi.
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Alla fine del XIX secolo la città era completamente trasformata dalle attività arsenalizie e dall'arrivo di una vastissima, preponderante nuova popolazione che superò di gran lunga il numero degli autoctoni.
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Buona parte di costoro proveniva dalle assolate regioni meridionali ed al confronto col clima campano o siculo, le giornate di pioggia spezzine erano inevitabilmente superiori.
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Da qui, alcuni degli immigrati dedussero che come pioveva qua non pioveva in nessun altro luogo del giovane Stato: e affibbiarono alla città nomignoli dispregiativi legati al suo clima, normale per la latitudine.
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In risposta, i pochi spezzini DOC superstiti, percentualmente soverchiati dai forestieri che stavano costituendo comunque la nuova città del Secolo Ventesimo, affibbiarono ai militari del Sud il titolo di ''mangiabrenose'', cioè di mangiatori di quei panini di scarsa sostanza e appetibilità, che alla mensa sottufficiali del Regio Arsenale venivano serviti agli stessi (appunto, gratis, cioè ''a ufo''). 
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* '''NEL FORTE CI CAGANO I SOLDATI'''
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Non è dialettale ma è tipicamente spezzino,derivante dalla forte impronta militarista di fine XIX secolo e che dà origine alla città moderna.
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I forti che cingevano la città, oggi in alcuni casi recuperati, in altri semidiroccati, erano ben visibili da quei nostri predecessori che con questa frase semplicissima indicavano la esclusività del loro possesso per i militari, che appunto avevano anche l'uso del cesso o latrina che dir si voglia.
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* '''MIA CHI TE MIO'''
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(it: guarda che ti guardano) fu anche il titolo di uno dei numerosissimi fogli, giornali è eccessivo, goliardici che uscirono a pacchi negli Anni Cinquanta -Sessanta del secolo scorso, dei quali oggi resiste ed esiste il solo Spezia's Confidential. ''Mia chi te mio'' sarà la frase detta, con più di un secondo fine, dal gentleman appostato davanti al Peola per segnalare a una giovane fanciulla avvenente che è sotto lo sguardo,insistente, di alcuni marinai di leva (oggi scomparsi col bar stesso, ridenominato in altro modo)e che solo fra le sue braccia potrà salvarsi.
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* '''I PARENTI IEN COME I DENTI'''
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(it: i parenti sono come i denti)....nell'estensione classica si aggiunge in genere anche la seconda parte: ''CIU' TE GHE NE' E CIU' I TE FAN MALE''); in pratica, è la trasposizione di un concetto non completamente estraneo a molti nuclei familiari per i quali le dotte parole di Sant'Agostino ( ''beata solitudo, sola beatitudo'') sono verità pura. In genere nella famiglia tipica spezzina (e non solo) il marito affermerà che sono i parenti della signora a rientrare nella categoria citata e, in osservanza alla più classica par condicio, altrettanto penserà la gentile signora in riferimento a quelli acquistati col matrimonio.
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* '''MA FATE VEDE DA LANZAVECCHIA'''
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(it. suggerisco una consulenza dal prof Lanzavecchia) sarà la frase che, con preoccupata partecipazione, inviterà l'amico e/o il compagno di lavoro e di merende a farsi vedere da un discendente scientifico dell'illustre luminare, che ai tempi del Ventennio curava i malati di mente gravi....più moderna, sbrigativa, e senza l'analoga empatia la similare ''FATE VEDE DA UNO BRAVO''....alcuni anni fa si usò anche ''FATE VEDE DA MANIRONI'', dal nome dell'allora primario della Neurologia cittadina.
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* '''IE' COME ER CAN DER LECCIA'''
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completata da ... CHE LO PRENDE NEL Cxxx E POI DISO CHE BECCIA
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(it: è proprio come il cane del sig Leccia, che dicono abbia grandi doti amatoriali, mentre in realtà si compiace di frequentare sessualmente altri cani maschi)
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proverbio antico, al punto che si sono perse le informazioni del padrone del cane, e che risente molto, è ovvio, dell'impronta omofoba dei tempi andati. Mah.
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* '''IA PIA' NO S-CIAFON DE MANGHEBA'''
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(it. ha ricevuto un violento manrovescio!) si dirà dello studente spezzino che, stanco dei rimproveri dei genitori,reagendo alle rimostranze per l'imprevisto 2 di matematica subirà uno schiaffone (almeno una volta, oggi il genitore rischia sei denuncie).
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''Mangheba'' è una parola bellissima, composta da mano (man) e gheba (gobba), cioè la mano gobba, storta, o la mano sinistra per i destrimani; la mano ''storta'' intende descrivere sia lo schiaffo dato verso l'esterno del proprio corpo (il classico manrovescio, potente specialmente se inatteso) sia una mano posizionata in modo da colpire con forza...
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* '''IE' ANDA' DA PINCETTI'''
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(it: è andato dal sig Pincetti) o anche Pinceti, per alcuni.
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Frase che non si usa da decenni, inostri  predecessori spezzini la utilizzavano a fine '800 e nei primi del XX secolo, per dire di chi era ospite delle patrie galere, all'epoca collocate in una casetta di Via Prione, dove i carcerati dialogavano coi passanti e il custode era solo uno: il signor Pincetti (o Pinceti).
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* '''GUANTA NA MA-GIA'''
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(it: agguanta una maglia) sarà la frase che verrà rivolta all'esagerato cantore delle proprie capacità, o gesta, di volta in volta sportive, amorose, di carriera ecc ecc.
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La frase deriva dal marinaresco ''agguanta una maglia della catena'' , cioè frena, fermati, e oggi si usa ancora per riportare su binari più quotidiani colui che le sta sparando grosse.
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* '''TEI BELA COME ER CUO DE NA PADELA'''
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(it: sei bella come il culo di una padella)...dirà il gentiluomo in piazza Saint Bon alla di lui compagna che non manifesterà alcuna intenzione di seguirlo in trasferta con gli Ultras dello Spezia Calcio.
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Per rendere meno nostalgico il momento e ferire nell'orgoglio la sua ''spaviccia'' (it: fidanzata)che lo ha respinto, lo spezzino verace dunque non esiterà, venendo meno alla tradizionale cortesia e amabilità, a paragonarla ad un oggetto poco elegante.
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* '''TEI DAVEO UN LEPEGOSO'''
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(it. sei un pò viscido, direi) ci si rivolgerà con questo termine all'amico /conoscente che sta guardando con insistenza la nostra compagna e le rivolge parole ambigue; o altrettanto faremo con il collega che ha appena asserito, di fronte al capufficio, di voler lavorare anche gratis in sì lieto ambiente: mentre pocanzi aveva definito lo stesso capufficio una sorta di carovana ambulante della sagra delle lumache, in relazione al marcato quantitativo di corna possedute.
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* '''MA COS TE FE' '''
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(it: ma cosa fai) anche nelle varianti MA COSS TEFE' o MA COSTE FAE è una piccola frase usata da molti anziani spezzini come intercalare, oltre che per chiedere spiegazioni al nipote che sta cercando di bruciare il libro di aritmetica nel lavabo.
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Chiaramente incomprensibile ai non indigeni, quando viene pronunciata rapidamente, in genere non comporta l'attesa d'una replica, ma si usa come aggancio e ponte fra l'una e l'altra frase.
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* '''SE NE GHE NE' DE VINTI,NE GHE NE' MANCO A QUARANTA'''
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(it: se non ne abbiamo a venti, neppure a quaranta) è la classica affermazione rivolta all'attempato ex giovane bighellone che, poichè a 40 anni di età non ha ancor concluso molto, o ha addirittura fatto dei veri casini,viene ricordato per esser stato uno che anche a 20 anni non prometteva un granchè.
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Frase che risale a tempi antichi, nei quali un 40 enne era già prossimo alla pensione, assume oggi una valenza attualissima: sia nell'ottica dei bamboccioni legati al nido d'origine sia nel contesto di precariati lavorativi vari che inseriscono (quando avviene) un individuo nel mondo del lavoro ben oltre il 40esimo genetliaco.
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* '''TEI CAGA' E SPUDA' '''
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(it. come somigli!!) sarà la affermazione della popolana sprugolina di fronte al figlio della ex vicina di casa reincontrato, con la madre, in Piazza del Mercato, dopo qualche tempo: ''oooooooooooh ber me ninin, tei caga' e spuda' te mae...''  (it: mio caro ragazzo, sei veramente somigliante , in pratica una goccia d'acqua, alla tua mamma!)
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Esistono numerose varianti della frase: TEI CAGA' E SPUTA', più rigido per la zona lericina; oppure TEI CAGA' E SPOTA' , influenzato da altri dialetti limitrofi.
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* '''E TEI N BEO GAGISTRON''' (e termini assimilati)
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(it. non sei esattamente un fine pensatore) dirà lo spezzino verace all'amico e/o interlocutore che s'è distinto per un ragionamento,od un comportamento, piuttosto idiota.
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Numerosissime le varianti del termine:da gagistron si può passare a ghigion (che deriva dall'ittico ''ghigione'') perquindi  arrivare al termine, un tempo usatissimo,che è ''gaina'' (e che, in assoluta comunanza con l'identico termine veneto,sta a indicare la gallina, animale non propriamente acuto.)
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Di gaina ci occuperemo a breve; mentre il termine gaggion (gabbione) era la comune definizione del Regio Arsenale, per i veri spezzini del tempo (1880 ca. e seguenti), rapidamente ridotti in minoranza dall'enorme afflusso dei lavoratori della struttura: un gabbione, appunto.
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* '''CIAO GAINA'''
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(it. ciao gallina!) D'incerto senso e significato iniziale, oggi il termine è usato piuttosto poco e solo fra i meno giovani, salvo rarissime eccezioni.
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Fra spezzini amanti del loro idioma, ''gaina'' resta un appellativo scherzoso, che nasce dalla volontà di individuare un ''falso furbo'', un qualcuno che commette errori spesso, o che le spara grandissime al bar.
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Il termine spezzino ha avuto una piccola (ma di certo non recepita) diffusione nazionale quando, la sera del 3.1.2003, nel congedarsi dalla trasmissione RAI ''L'eredità'', lo spezzino Francesco F., campione della sera precedente, volle rispondere così alla richiesta del conduttore di salutare qualcuno: ''certo, saluto il mio amico gaina''.
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In questo modo, ogni persona conosciuta al concorrente ritenne di essere stata citata in tale occasione.
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Un ragionamento da vere gaine.
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* '''TEI CIU' DUO TE CHE 'N BELINO 'N VIAGIO DI NOZE'''
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(it. hai una tale ottusità mentale, da superare la durezza erettile di un giovane allupatissimo) frase che a nostro modestissimo avviso non necessita di alcuna spiegazione.
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Se è permessa una sola minima riflessione, la frase è evidentemente nata in un tempo remoto,e lo si comprende dal vincolo matrimonio-esercizio sessuale,ripreso dal detto.
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* '''CHI DE GAINA NASSA TERA RASPA'''
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(it. chi nasce gallina raspa tutta la vita) frase dialettale tipica dei residenti dell'amena località di Stadomelli tratta dal libro di Oriana Drovandi ''Scozzacampane de Stadomè...'' che ricorda questa, e altre frasi ripetute per generazioni fra i boschi e i ruscelli della Valle del Vara.
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* '''TEI NA LEGEA'''
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(it. sei una leggera) si dirà del poco affidabile personaggio spezzino che, sordo agli elementari principi della convivenza, dimentica di volta in volta di mantenere fede all'impegno assunto, sia esso un banale appuntamento per offrire l'aperitivo agli amici, sia la restituzione del prestito assicurato dall'intera comitiva di amici fedeli.
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* '''NE' DE MAGIO NE' DE MAGION NE' TE LEVAE ER PELICION'''
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(it. non levarti il cappotto in primavera) frase che vuole segnalare come,con l'arrivo dei primi caldi, lo scoprirsi dagli indumenti dell'inverno comporta il rischio di raffreddori, influenze,malanni vari, che la saggia Maieta ricordava sempre al pargolo 28enne Umbe, alto 1.94: ''Oh Umbe ne te stae a levae er capoto chi è sempre fredo anchè'', nelle sere di giugno,quando Umbe raggiungeva la abitazione (peraltro posizionata a 25 metri) della spaviccia (fidanzata) Margò.
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* '''NE' OCA NE' USEO'''
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(it. nè oca nè uccello) è la caratteristica definizione sprugolina del giovane che non riesce a piazzare se stesso nella società; che sta un pò coi suoi e un pò convive; che lavora un pò sì e un pò forse; o anche nello stesso modo sono definite dai ''vecchi'' quelli cose poco nette, come magari certi abbigliamenti moderni che non sono eleganti, nè sportivi, nè casuale e, appunto, ''ber me fante, concio così nè tei n'oca nè useo:ma cangiate!''
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* '''TE GHE VOGIA DE ASPETAE'''
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(it. hai voglia di aspettare!) frase rivolta, insieme ad alcune maledizioni e contumelie varie, all'amico che deve restituire al legittimo proprietario lo spiderino, col quale sta scarrozzando su e giù per Portovenere (a Lerici non si può fare più!) la giovane avvenente che deve trovare un valido motivo per concedersi al ragazzo (vedi frase: CHI GHE LA' D'OO ecc).
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Frase egualmente recitata dal marito alla ormai anziana consorte che da ore è attesa di rientro dalla parrucchiera (se molto anziana, viene chiamata ''pettinatrice''),con l'aggiunta della ovvia (per lui) affermazione...''a gò na fame, cos te fè da mangiae?''.
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E la moglie, gentilmente, con tenero trasporto: ''ma te scio-pessi...''
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[[Categoria: DIALETTO]]
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[[Categoria:CITTA' DELLA SPEZIA]]
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[[Categoria:LA SPEZIA]]

Versione attuale delle 13:45, 18 ago 2014

MONUMENTO GIUSEPPE GARIBALDI 03.jpg
  • BELIN,PAPA'

(it. belin, papà!) La parola più usata in Liguria è il termine probabilmente più ligure che utilizziamo a Spezia. In questa accezione, si accompagna all'invocazione paterna sin dai primi anni di vita, quando al Picco il figliolo dirà al padre esultante: belin papà, che gol!; poi lo ripeterà con l'arrivo di una nuova macchina bella e spaziosa : belin papà come è bella !; e sarà poi ripetuto, ma con tono e intenzione differente, ai primi patemi adolescenziali: ma belin, papà, ma perchè non mi mandi due settimane a sciare, scusa eh... Proseguirà nel tempo con alternanti modulazioni,fra un belin papà come rompi e un belin papà ma perchè non vieni con noi, dai!... fino al duro e finale belin, papà, mi manchi tanto, quando il vecchio sarà andato via per sempre. Una variante degli ultimi anni, meno tragica ma sempre un pò amara, è belin papà: ma ti sei sposato la badante con la comunione dei beni!! , la quale, da balda polacca 35enne con prospettive personali -della persona fisica- notevoli,fulminerà con uno sguardo il figlio: che di più non potrà dire, a causa di possibili commerci carnali già intercorsi con la stessa...

  • MA TE ME PAI DE GESSO

(it: mi sembri di gesso) si dirà della gentile fidanzata/consorte che non mostra la benchè minima propensione al dialogo, né la capacità di comprendere che lo spezzino verace, alle 15 della domenica, deve essere o al Picco o nei pressi di una fonte mediatica di informazione (oggi anche il web).

  • TE PIASSE UN PO' DE BEN

(it: ti prendesse un pò di bene) frase il cui intento è in genere l'esatto opposto,e che sarà rivolta al giovane scooterista che ha la pretesa di transitare comunque mentre folle di pedoni si affannano sulle strisce pedonali, cavalcando lo smarmittato e potente mezzo meccanico: il tutto nel terrore delle pensionate, e nel relativo disprezzo del ghifone di turno (il vigile urbano).

  • CHI GHE LA' D'OO, CHI GHE LA' D'ARGENTO E CHI GHE DA' DI CAUSSI DENTRO

(it: chi ce l'ha dorata, chi d'argento, chi la prende a calcioni) ci si riferirà alla fortuna ma anche a quella parte anatomica della quale la sempre attuale Mae West amava dire: molte donne sono sedute sulla loro fortuna, e non lo sanno: altre lo sanno perfettamente

  • TE CAGA' N TER BOLACO

(it: hai fatto la cacchina nel barattolo) diremo all'amico che ci volta le spalle, o al collega che ci rifiuta la cortesia richiesta: la frase, all'apparenza volgare, promette vendetta.

  • MA MEN BATO 'R BELIN

(it. me ne frego) sarà la risposta del minacciato

  • TE' MANGIA' DE STRANGOGION

(it: hai mangiato molto in fretta) diremo del galantuomo dello Sprugola,o dell'elegante abitante di Piazza Brin, che per recarsi alla partita delle amate Aquile si ingozzano come struzzi rischiando, ma è un altra questione, UNO S-CIOPON.

  • IE' CAITO N TER CANAO I NE' SE' FATO MANCO MAO

(it: è caduto nel canale ma non si è fatto nulla) antica frase ripetuta non di rado dai non spezzini che sono passati dalle parti nostre, spesso per comando militare, e solo per segnalare la cadenza dell'idioma a loro dire curioso (magari provengono dalla Ciociaria, perciò...)

  • ATO ITO OTO ETI DE TOTANETI

(it: ti ho detto otto etti di totanetti) idem come sopra: una frase così può aver senso solo in piazza o in pescheria.

  • O MANGIABRENOSE A UFO!

(it: o mangiatori di panini allungati che non pagate!) Alla fine del XIX secolo la città era completamente trasformata dalle attività arsenalizie e dall'arrivo di una vastissima, preponderante nuova popolazione che superò di gran lunga il numero degli autoctoni. Buona parte di costoro proveniva dalle assolate regioni meridionali ed al confronto col clima campano o siculo, le giornate di pioggia spezzine erano inevitabilmente superiori. Da qui, alcuni degli immigrati dedussero che come pioveva qua non pioveva in nessun altro luogo del giovane Stato: e affibbiarono alla città nomignoli dispregiativi legati al suo clima, normale per la latitudine. In risposta, i pochi spezzini DOC superstiti, percentualmente soverchiati dai forestieri che stavano costituendo comunque la nuova città del Secolo Ventesimo, affibbiarono ai militari del Sud il titolo di mangiabrenose, cioè di mangiatori di quei panini di scarsa sostanza e appetibilità, che alla mensa sottufficiali del Regio Arsenale venivano serviti agli stessi (appunto, gratis, cioè a ufo).

  • NEL FORTE CI CAGANO I SOLDATI

Non è dialettale ma è tipicamente spezzino,derivante dalla forte impronta militarista di fine XIX secolo e che dà origine alla città moderna. I forti che cingevano la città, oggi in alcuni casi recuperati, in altri semidiroccati, erano ben visibili da quei nostri predecessori che con questa frase semplicissima indicavano la esclusività del loro possesso per i militari, che appunto avevano anche l'uso del cesso o latrina che dir si voglia.

  • MIA CHI TE MIO

(it: guarda che ti guardano) fu anche il titolo di uno dei numerosissimi fogli, giornali è eccessivo, goliardici che uscirono a pacchi negli Anni Cinquanta -Sessanta del secolo scorso, dei quali oggi resiste ed esiste il solo Spezia's Confidential. Mia chi te mio sarà la frase detta, con più di un secondo fine, dal gentleman appostato davanti al Peola per segnalare a una giovane fanciulla avvenente che è sotto lo sguardo,insistente, di alcuni marinai di leva (oggi scomparsi col bar stesso, ridenominato in altro modo)e che solo fra le sue braccia potrà salvarsi.

  • I PARENTI IEN COME I DENTI

(it: i parenti sono come i denti)....nell'estensione classica si aggiunge in genere anche la seconda parte: CIU' TE GHE NE' E CIU' I TE FAN MALE); in pratica, è la trasposizione di un concetto non completamente estraneo a molti nuclei familiari per i quali le dotte parole di Sant'Agostino ( beata solitudo, sola beatitudo) sono verità pura. In genere nella famiglia tipica spezzina (e non solo) il marito affermerà che sono i parenti della signora a rientrare nella categoria citata e, in osservanza alla più classica par condicio, altrettanto penserà la gentile signora in riferimento a quelli acquistati col matrimonio.

  • MA FATE VEDE DA LANZAVECCHIA

(it. suggerisco una consulenza dal prof Lanzavecchia) sarà la frase che, con preoccupata partecipazione, inviterà l'amico e/o il compagno di lavoro e di merende a farsi vedere da un discendente scientifico dell'illustre luminare, che ai tempi del Ventennio curava i malati di mente gravi....più moderna, sbrigativa, e senza l'analoga empatia la similare FATE VEDE DA UNO BRAVO....alcuni anni fa si usò anche FATE VEDE DA MANIRONI, dal nome dell'allora primario della Neurologia cittadina.

  • IE' COME ER CAN DER LECCIA

completata da ... CHE LO PRENDE NEL Cxxx E POI DISO CHE BECCIA (it: è proprio come il cane del sig Leccia, che dicono abbia grandi doti amatoriali, mentre in realtà si compiace di frequentare sessualmente altri cani maschi) proverbio antico, al punto che si sono perse le informazioni del padrone del cane, e che risente molto, è ovvio, dell'impronta omofoba dei tempi andati. Mah.

  • IA PIA' NO S-CIAFON DE MANGHEBA

(it. ha ricevuto un violento manrovescio!) si dirà dello studente spezzino che, stanco dei rimproveri dei genitori,reagendo alle rimostranze per l'imprevisto 2 di matematica subirà uno schiaffone (almeno una volta, oggi il genitore rischia sei denuncie). Mangheba è una parola bellissima, composta da mano (man) e gheba (gobba), cioè la mano gobba, storta, o la mano sinistra per i destrimani; la mano storta intende descrivere sia lo schiaffo dato verso l'esterno del proprio corpo (il classico manrovescio, potente specialmente se inatteso) sia una mano posizionata in modo da colpire con forza...

  • IE' ANDA' DA PINCETTI

(it: è andato dal sig Pincetti) o anche Pinceti, per alcuni. Frase che non si usa da decenni, inostri predecessori spezzini la utilizzavano a fine '800 e nei primi del XX secolo, per dire di chi era ospite delle patrie galere, all'epoca collocate in una casetta di Via Prione, dove i carcerati dialogavano coi passanti e il custode era solo uno: il signor Pincetti (o Pinceti).

  • GUANTA NA MA-GIA

(it: agguanta una maglia) sarà la frase che verrà rivolta all'esagerato cantore delle proprie capacità, o gesta, di volta in volta sportive, amorose, di carriera ecc ecc. La frase deriva dal marinaresco agguanta una maglia della catena , cioè frena, fermati, e oggi si usa ancora per riportare su binari più quotidiani colui che le sta sparando grosse.

  • TEI BELA COME ER CUO DE NA PADELA

(it: sei bella come il culo di una padella)...dirà il gentiluomo in piazza Saint Bon alla di lui compagna che non manifesterà alcuna intenzione di seguirlo in trasferta con gli Ultras dello Spezia Calcio. Per rendere meno nostalgico il momento e ferire nell'orgoglio la sua spaviccia (it: fidanzata)che lo ha respinto, lo spezzino verace dunque non esiterà, venendo meno alla tradizionale cortesia e amabilità, a paragonarla ad un oggetto poco elegante.

  • TEI DAVEO UN LEPEGOSO

(it. sei un pò viscido, direi) ci si rivolgerà con questo termine all'amico /conoscente che sta guardando con insistenza la nostra compagna e le rivolge parole ambigue; o altrettanto faremo con il collega che ha appena asserito, di fronte al capufficio, di voler lavorare anche gratis in sì lieto ambiente: mentre pocanzi aveva definito lo stesso capufficio una sorta di carovana ambulante della sagra delle lumache, in relazione al marcato quantitativo di corna possedute.

  • MA COS TE FE'

(it: ma cosa fai) anche nelle varianti MA COSS TEFE' o MA COSTE FAE è una piccola frase usata da molti anziani spezzini come intercalare, oltre che per chiedere spiegazioni al nipote che sta cercando di bruciare il libro di aritmetica nel lavabo. Chiaramente incomprensibile ai non indigeni, quando viene pronunciata rapidamente, in genere non comporta l'attesa d'una replica, ma si usa come aggancio e ponte fra l'una e l'altra frase.

  • SE NE GHE NE' DE VINTI,NE GHE NE' MANCO A QUARANTA

(it: se non ne abbiamo a venti, neppure a quaranta) è la classica affermazione rivolta all'attempato ex giovane bighellone che, poichè a 40 anni di età non ha ancor concluso molto, o ha addirittura fatto dei veri casini,viene ricordato per esser stato uno che anche a 20 anni non prometteva un granchè. Frase che risale a tempi antichi, nei quali un 40 enne era già prossimo alla pensione, assume oggi una valenza attualissima: sia nell'ottica dei bamboccioni legati al nido d'origine sia nel contesto di precariati lavorativi vari che inseriscono (quando avviene) un individuo nel mondo del lavoro ben oltre il 40esimo genetliaco.

  • TEI CAGA' E SPUDA'

(it. come somigli!!) sarà la affermazione della popolana sprugolina di fronte al figlio della ex vicina di casa reincontrato, con la madre, in Piazza del Mercato, dopo qualche tempo: oooooooooooh ber me ninin, tei caga' e spuda' te mae... (it: mio caro ragazzo, sei veramente somigliante , in pratica una goccia d'acqua, alla tua mamma!) Esistono numerose varianti della frase: TEI CAGA' E SPUTA', più rigido per la zona lericina; oppure TEI CAGA' E SPOTA' , influenzato da altri dialetti limitrofi.

  • E TEI N BEO GAGISTRON (e termini assimilati)

(it. non sei esattamente un fine pensatore) dirà lo spezzino verace all'amico e/o interlocutore che s'è distinto per un ragionamento,od un comportamento, piuttosto idiota. Numerosissime le varianti del termine:da gagistron si può passare a ghigion (che deriva dall'ittico ghigione) perquindi arrivare al termine, un tempo usatissimo,che è gaina (e che, in assoluta comunanza con l'identico termine veneto,sta a indicare la gallina, animale non propriamente acuto.) Di gaina ci occuperemo a breve; mentre il termine gaggion (gabbione) era la comune definizione del Regio Arsenale, per i veri spezzini del tempo (1880 ca. e seguenti), rapidamente ridotti in minoranza dall'enorme afflusso dei lavoratori della struttura: un gabbione, appunto.

  • CIAO GAINA

(it. ciao gallina!) D'incerto senso e significato iniziale, oggi il termine è usato piuttosto poco e solo fra i meno giovani, salvo rarissime eccezioni. Fra spezzini amanti del loro idioma, gaina resta un appellativo scherzoso, che nasce dalla volontà di individuare un falso furbo, un qualcuno che commette errori spesso, o che le spara grandissime al bar. Il termine spezzino ha avuto una piccola (ma di certo non recepita) diffusione nazionale quando, la sera del 3.1.2003, nel congedarsi dalla trasmissione RAI L'eredità, lo spezzino Francesco F., campione della sera precedente, volle rispondere così alla richiesta del conduttore di salutare qualcuno: certo, saluto il mio amico gaina. In questo modo, ogni persona conosciuta al concorrente ritenne di essere stata citata in tale occasione. Un ragionamento da vere gaine.

  • TEI CIU' DUO TE CHE 'N BELINO 'N VIAGIO DI NOZE

(it. hai una tale ottusità mentale, da superare la durezza erettile di un giovane allupatissimo) frase che a nostro modestissimo avviso non necessita di alcuna spiegazione. Se è permessa una sola minima riflessione, la frase è evidentemente nata in un tempo remoto,e lo si comprende dal vincolo matrimonio-esercizio sessuale,ripreso dal detto.

  • CHI DE GAINA NASSA TERA RASPA

(it. chi nasce gallina raspa tutta la vita) frase dialettale tipica dei residenti dell'amena località di Stadomelli tratta dal libro di Oriana Drovandi Scozzacampane de Stadomè... che ricorda questa, e altre frasi ripetute per generazioni fra i boschi e i ruscelli della Valle del Vara.

  • TEI NA LEGEA

(it. sei una leggera) si dirà del poco affidabile personaggio spezzino che, sordo agli elementari principi della convivenza, dimentica di volta in volta di mantenere fede all'impegno assunto, sia esso un banale appuntamento per offrire l'aperitivo agli amici, sia la restituzione del prestito assicurato dall'intera comitiva di amici fedeli.

  • NE' DE MAGIO NE' DE MAGION NE' TE LEVAE ER PELICION

(it. non levarti il cappotto in primavera) frase che vuole segnalare come,con l'arrivo dei primi caldi, lo scoprirsi dagli indumenti dell'inverno comporta il rischio di raffreddori, influenze,malanni vari, che la saggia Maieta ricordava sempre al pargolo 28enne Umbe, alto 1.94: Oh Umbe ne te stae a levae er capoto chi è sempre fredo anchè, nelle sere di giugno,quando Umbe raggiungeva la abitazione (peraltro posizionata a 25 metri) della spaviccia (fidanzata) Margò.

  • NE' OCA NE' USEO

(it. nè oca nè uccello) è la caratteristica definizione sprugolina del giovane che non riesce a piazzare se stesso nella società; che sta un pò coi suoi e un pò convive; che lavora un pò sì e un pò forse; o anche nello stesso modo sono definite dai vecchi quelli cose poco nette, come magari certi abbigliamenti moderni che non sono eleganti, nè sportivi, nè casuale e, appunto, ber me fante, concio così nè tei n'oca nè useo:ma cangiate!

  • TE GHE VOGIA DE ASPETAE

(it. hai voglia di aspettare!) frase rivolta, insieme ad alcune maledizioni e contumelie varie, all'amico che deve restituire al legittimo proprietario lo spiderino, col quale sta scarrozzando su e giù per Portovenere (a Lerici non si può fare più!) la giovane avvenente che deve trovare un valido motivo per concedersi al ragazzo (vedi frase: CHI GHE LA' D'OO ecc). Frase egualmente recitata dal marito alla ormai anziana consorte che da ore è attesa di rientro dalla parrucchiera (se molto anziana, viene chiamata pettinatrice),con l'aggiunta della ovvia (per lui) affermazione...a gò na fame, cos te fè da mangiae?. E la moglie, gentilmente, con tenero trasporto: ma te scio-pessi...


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