PALOMBARI ALLE GRAZIE

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Fino a qualche anno fa, passeggiando per i paesi che si susseguono lungo la costa di ponente del Golfo della Spezia, non era raro imbattersi in strani indumenti stesi a testa in giù, su apposite intelaiature di legno, ad asciugare al sole: erano i vestiti dei palombari e dalle infinite piccole toppe che li ricoprivano se ne intuiva la veneranda età e le lunghe battaglie marine. Sono soprattutto Marola, Fezzano e Le Grazie a vantare una radicata tradizione palombaristica. Non a caso provengono da questi paesi gli uomini che, all°inizio degli anni 20, ebbero l”idea di creare la prima cooperativa di palombari della provincia: la “Cooperativa dei Palombari Smobilitati”, costituita il 9 ottobre 1921, che ebbe lunga vita e notevole fama. A questi palombari si appoggiò per oltre un ventennio, — dagli anni 20 al secondo dopoguerra, - la “Società Anonima Fratelli Serra" che, specializzata in ricuperi e salvataggi, spesso fu chiamata ad operare in acque straniere salendo alla ribalta nelle cronache internazionali dell'epoca per le fortunate imprese. Negli anni 40 al Fezzano troviamo la “Cooperativa Lavoratori del Mare” che affiancò i “Palombari Smobilitati" nell'immane lavoro di recupero e demolizione degli oltre 300 relitti che occupavano il Golfo alla fine della Seconda guerra mondiale. Ma questa, per la storia dei palombari, è già storia recente: la tradizione ha radici ben più lontane e, tra i paesi del Golfo, è alle Le Grazie che è stato possibile risalire alle più antiche testimonianze.

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Prima di parlarne è necessario però fare una breve parentesi, allargando i confini della ricostruzione della storia dell'immersione, Nel 1823 in inghilterra i fratelli Charles e John Deane brevettarono un elmo antincendio che negli anni successivi modificarono rendendolo adatto alllimmersione. Nel 1830 commissionarono ad Augustus Siebe la produzione del loro elmo unito ad un primo prototipo di scafandro, il cosiddetto “abito aperto”. ln tutta l'lnghilterra iniziarono copie dell'elmo Deane finché, nel 1837, Augustus Siebe, dopo varie modifiche arrivò a commercializzare per primo, tra dispute e polemiche, uno scafandro stagno con elmo svitabile. ll "vestito ad elmo stagno” di Siebe e quello che poi rimarrà, minimamente modificato, fino ai nostri giorni. Il successo di questo scafandro fu rapido, il suo utilizzo si diffuse ben presto anche sul continente. In quegli anni a Genova operava presso il porto un certo Roberto Gardnen palornbaro civile, probabilmente inglese, ingaggiato dalla Marina del Regno di Sardegna, quando nel 1849 fu istituita la Scuola Palombari fu chiamato come istruttore ed uno dei suoi primi allievi proveniva proprio dalle Grazie: Giovanni Battistone, capostipite della famiglia di palombari che da quattro generazioni si tramanda questo mestiere. Tornato alle Grazie, dopo aver conseguito il brevetto, Battistone inizierà altri giovani del paese all'uso dello scafandro. L'idea napoleonica (1808) di costruire un arsenale marittimo nei seni delle Grazie, del Varignano e di Porto Venere parve concretizzarsi qualche decennio più tardi, quando il Cavour ottenne l'approvazione del progetto Rendell per la costruzione di un Arsenale nel seno del Varignano i cui lavori iniziarono nel luglio 1857. Furono essi a contribuire allo sviluppo dell'attività di palombaro tra gli abitanti locali, il diffondersi dell'uso delle scafandro, invenzione che rivoluzionò il lavoro sottomarino, coincise con il nuovo bisogno di manodopera subacquea. Quando, com'è noto, la collocazione dell'Arsenale venne spostata, per il progetto Chiodo, dal Varignano al fondo del Golfo, il lavoro dei palombari ovviamente si incrementò e tra il personale delle piccole e grandi ditte spiccano i cognomi della gente dei nostri paesi: Macera, Brancaleone, Faggioni & Ragghianti, Pardi. Un altro avvenimento contribuì a radicare ulteriormente la tradizione palombaristica in questi luoghi: il trasferimento della Marina Militare da Genova al Golfo della Spezia comprese anche il trasferimento della Scuola Palombari (1869), dapprima a bordo di una vecchia nave militare (Nave Scuola Torpedinieri) ed in seguito in terraferma, presso la difesa marittima del Varignano (1 novembre 1910). A partire da questa data la maggior parte degli abitanti locali che prestarono il servizio di leva in Marina si brevettarono palombari alla Scuola del Varignano: il che garantiva prestigio tra militari e civili e permetteva di entrare alle dipendenze della Marina anche dopo il congedo. Se in tempo di pace l'aver conseguito il brevetto di palombaro militare consentiva di accedere ad un posto di lavoro come palomharo civile, a partire dalla prima guerra mondiale iniziò a verificarsi anche il contrario: il “precedente di mestiere” determinava la scelta di destinazione degli arruolati, così chi aveva alle spalle un apprendistato civile da palombaro, entrando in Marina in tempo di guerra, veniva destinato alla Scuola Palombari e brevettato, Nei primi decenni del ‘900 era frequente che un giovane delle Grazie, Fezzano o Marola “passasse” da questo tirocinio, anche se in seguito il suo destino l'avrebbe forse portato altrove. Era come una sorta di “iniziazione” che voleva ragazzi di quindici o sedici anni accompagnare gli adulti per il Golfo a “fare” i frutti di mare: muscoli, datteri e tartufi. ll lavoro della “guida”, anche se ovviamente meno rischioso di quello del palombaro, era tuttavia molto impegnativo perché gravido di responsabilita: la vita del palombaro è sempre appesa alla cima che ha in mano la guida per cui anche la cima prende il nome di guida -ed alla manichetta attraverso la quale passa l'aria che la guida invia — almeno a quei tempi e fino circa agli anni ‘5O — girando la manovella della pompa a mano, variando la forza a seconda della quota d'immersione e senza fermarsi mai fintanto che il palombaro non riemerge, il che significa restare per ore sotto il sole, la pioggia, il vento o la neve, un bell'impegno per un ragazzo sedicenne, ma erano gli anni 20 e tutto questo era normale, tanto che quei ragazzi non solo non si stancavano ma talvolta si appassionavano a tal punto al loro lavoro da insistere con gli adulti perchè li vestissero, sicché si scambiavano le parti: il vecchio diventava guida e il giovane palombaro. ll palombaro si adatta alle circostanze, il suo lavoro muta col mutare degli eventi: in tempi di pace, si occupa di lavori portuali, costruzioni e riparazioni subacquee, di pesca dei frutti di mare; in tempi di guerra, diventa protagonista di rischiose imprese belliche, di audaci recuperi e sminamenti. Ma non sono soltanto gli avvenimenti esterni a modificare l'attività del palombaro, questa sua versatilità fa si che anche nell'ambito più ristretto di una comunità il suo lavoro muti a seconda delle esigenze della comunità stessa. ll palombaro e muratore, pescatore, carpentiere, quelli che fuor d'acqua costituiscono da soli un mestiere, sott'acqua diventano complementari e inscindibili, un palombaro deve saper fare tutto perché nell'arco della sua carriera potrà essere chiamato a svolgere molteplici compiti. Fino al secondo dopoguerra i palombari sono stati tutto questo, poi qualcuno si è specializzato, c'è chi ha continuato con i recuperi, espatriando ovunque vi fosse un delitto da recuperare, c'è chi ha preferito occuparsi delle opere di banchinamento e creazione di scogliere presso i porti e chi invece ha scelto di non allontanarsi dal suo paese restando nei vari cantieri del Golfo o in Arsenale ad occuparsi delle operazioni di invasatura ai bacini, c'è infine chi ha scelto una vita ancor più tranquilla e si è dedicato alla pesca dei frutti di mare.

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Allora tra loro i vecchi palombari distinguono, con rispetto, qualche volta anche con u po' di ironia: palombaro da recuperi, palombaro da bacini, palombaro da tartufi... ll palomharo è oggi in via di estinzione, ma c'è ancora qualche ultimo "esemplare" che resiste con orgoglio alle innovazioni tecnologiche e il suo scafandro è ancora richiesto laddove la stabilità è più importante dell'agilità. Il mestiere va scomparendo, ma la tradizione resta: palornbari delle ultime generazioni e appassionati, si dedicano oggi a far conoscere ai giovani i segreti di questo antico mestiere. Giovanni Battstone, ad esempio, ultimo rampollo della dinastia di palombari delle Grazie, partecipa a dimostrazioni, organizzate da Associazioni culturali che si occupano di promuovere la conoscenza della storia dell'immersione, in queste occasioni magari qualche volta si immerge ancora, in una grande vasca trasparente, proprio davanti alla darsena dove il bisnonno diede inizio alla loro avventura, davanti agli occhi ammirati di un pubblico attonito che probabilmente non ha mai visto uno scafandro asciugare al sole.

Fonte: Vele d'Epoca a Portovenere

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