PIEVE DI MARINASCO

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Versione delle 14:10, 2 nov 2013, autore: Cosicome (Discussione | contributi)
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Veduta della Pieve di Marinasco

Non si può salire a Marinasco per caso; chi, provenendo da Sarbia si reca al passo della Foce, vede di fronte it colle di Marinasco e il campanile della chiesa di Santo Stefano. Poi dietro una curva più nulla, tanto e difficile scoprire la stradetta tortuosa che porta al piazzale.

C'e anche una meravigliosa scalinata con i gradini coperti di erba e siepi ai lati; arrivati al piazzale si è in un balcone sospeso sulla città, di fronte il mare ed un panorama che sembra mutare in ogni ora della giornata grazie al variare della luce e, dopo il tramonto, si anima di mille piccoli lumi.
Marinasco è una delle cinque pievi che si affacciano sul Golfo, probabilmente antichi organismi territoriali che, se non risalgono alla preistoria, certamente al sistema pagense tardo-romano. Marinasco era interessato a tutta la zona occidentale del Golfo, l'oppidum era l'antico castello di Vesigna collocato dove ora sorge il forte Castellazzo; il porto era (Giustiniani) S. Vito di Marola ove ritrovamenti archeologici dimostrano non solo presenze bizantine e romane, ma probabilmente dell'età del Bronzo. Un'antichissima via collegava le terre del Golfo a S. Venerio - Arcola - Sarzana e a Padivarma, ove la strada si univa alla Romea che costeggiava il corso del Vara diretta a Brugnato.

Secondo Ubaldo Formentini il nome Marinasco deriva da una forma più antica Marnasco, che non va riferito al significato di "marina" e probabilmente neppure a mons arimannorum ma al toponimo Mama presente nella Gallia. La circoscrizione di Marinasco trascendeva ad occidente i limiti del Golfo, raggiungeva le Cinque Terre comprendendo i territori di Riomaggiore, Manarola e probabilmente anche quello di Portovenere, infatti nel Codice Pelavicino viene rammentata la bolla di Anastasio IV (1154) nel quale ad ecclesiam S. Petri in portu Veneris segue plebem de Marnasco quasi come segno di appartenenza.

Piazzale antistante la Pieve
Il portale
Quindi non solo antica struttura dell'economia agricolo-armentizia, ma anche centro legato alla vita marinara per via dei piccoli approdi dentro e fuori del Golfo dove la presenza umana apparteneva probabilmente ai Liguri non ancora ario-europeizzati (Formentini).

La prima notizia certa sulla pieve di Marinasco risale al 950, quando un certo Teoprando notaio rogatoriale e Gerardo avvocato di S. Maria, chiesa in Luni, stesero un atto che fu sottoscritto anche da Berulfo arciprete di Marinasco, Lamberto arcidiacono ed Anselmo presbitero e cantore.

Altra notizia posteriore (1094) rammenta il nome dell'arciprete Azone che sottoscrisse un documento con il quale il marchese Oberto e sua madre contessa Giulietta, vedova del marchese Alberto Rufo d'Este, donavano al monastero di S. Venerio del Tino quanto avevano a Marnasco iuxta plebem Sancti Stephani. Interessante notare che nella donazione si parla di beni tramandati "secondo la legge dei Longobardi", documentando questa sopravvivenza giuridica durante l'impero franco. L'attuale chiesa del centro storico di Marinasco non è anteriore al XIII secolo ma vi si nota materiale del primitivo edificio; poiché il terreno e malfermo, fu costruito il muraglione che ha originato l'attuale piazzale; cosi pure il campanile, edificato nel 1780 per sostenere l'edificio ed utilizzato, per le sue tinte vivaci, quale punto di riferimento nel controllo delle bussole dei natanti nel golfo.

L'esterno della chiesa è in bozze quadrate di pietra arenaria ricavate dalle vicine colline di Valdipino e Casella mentre altre, di calcare azzurrognolo, ricavate dal primo edificio, provengono dal Monte Parodi. L'insieme della chiesa è gotico cistercense sottolineato dagli archi in arenaria delle porte d'ingresso laterali, mentre nella porta centrale, all'interno dell'antica abside, si notano avanzi romanici. Una porta laterale, ora impreziosita dai bronzi di Pietro Ravecca, ha nell'architrave scolpita una testina e le figure di un agnello, di un leone e di un altro animale non meglio identificato; sulla destra è murato un capitello scavato ad acqua santiera.

Alla fine del XVIII secolo per motivi di sicurezza statica la chiesa fu invertita; si demolì la facciata, fu costruita l'attuale abside, dove venne collocato il coro e l'altare, e dall'antica abside si ricava il pronao.

Nella facciata demolita, o su un altare, era un tabernacolo marmoreo del Duecento del quale si è salvata la Madonna, ora collocata sul battistero, attribuita alla scuola di Nino Pisano. La chiesa, a forma basilicale, ha tre navate divise da quattro pilastri che racchiudono quattro colonne in arenaria; queste reggono archi romanici probabilmente anch'essi in arenaria ma nascosti dalla decorazione barocca del 1780.

Nell'interno i quadri sacri e la Via Crucis risalgono al XVIII secolo. La vasca del battistero è datata 1463; attenzione merita la Madonna in marmo bianco alta un metro. Maria regge con il braccio sinistro il Bambino che a sua volta tiene in mano un uccellino; nella mano destra della Madonna un tralcio fiorito su cui si notano tracce di colore. Sul capo della Vergine una corona, mentre il manto che scende sulla schiena e l'avvolge, davanti e bordato da un fregio; la gonna è stretta in vita da una cinta, sul petto un ornamento a forma di fiore.

La chiesa di S. Stefano protomartire arricchita da una adiacente sala che spesso ospita mostre di arti visive; nella chiesa la Cassa di Risparmio della Spezia ha organizzato concerti con gli allievi del Laboratorio musicale estivo che si tiene a Villa Marigola. Di fronte alla storica chiesa, adombrato da due cipressi imponenti, il Monastero benedettino di Santa Maria del Mare, sorto di recente quasi a realizzare la speranza della serva di Dio Itala Mela, concittadina che fu oblata benedettina, teologa e studiosa del Ministero trinitario che sempre auspica it ritorno sul golfo dei monaci di S. Benedetto. II monastero è centro di iniziative culturali di interesse nazionale. La zona di Marinasco non ha soltanto attrattive storiche, culturali e paesaggistiche: l'immediato circondario e ricco di osterie e trattorie, attrezzate e tradizionali, in cui la moderna arte culinaria si sposa con l'antica cucina spezzina. Sarbia, Monte Albano, San Rocco (il bivio con la strada della Valdurasca) ospitano questi punti di interesse gastronomico che non sono ignoti alla maggioranza degli spezzini e ben meritano la conoscenza e la frequentazione dei "foresti".



Fonte : "Cara Spezia" - Il Secolo XIX

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