RIVALITÀ TRA BOLANO E CEPARANA

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CEPARANA castello Giustiniani.jpg

La storia di Bolano e di Ceparana, che anche se appartengono allo stesso territorio comunale hanno parecchi motivi di distinzione, non è mai stata molto pacifica. A partire da S. Venanzio, patrono di Ceparana e probabile fondatore dell'abbazia che da lui prende il nome, ai giorni nostri quest'angolo di Lunigiana è sempre stato luogo di scontri e di saccheggi. S. Venanzio, vescovo di Luni, si trovò coinvolto nella resistenza armata del "limes" della Provincia Maritima ltalorum sul duplice fronte dell'Appennino Emiliano e della "Tuscia" ormai longobarda, e si difese tanto bene da meritare su una lapide l'appellativo "armipotens" ed essere effigiato armato di scudo in una moneta del V secolo. Il castello di Bolano, possente roccaforte, costruito intorno all'anno Mille, passò dai Vescovi di Luni ai Malaspina, prima a quelli del cosiddetto "ramo fiorito" o di Villafranca poi a quelli di Mulazzo o dello "spino secco". Nel 1408 i Bolanesi, stanchi di angherie, si misero sotto la protezione di Genova e cacciarono i Malaspina, ma quando questi riconquistarono il borgo iniziarono una feroce repressione. Tasse esose per i più ricchi, gabelle per i commercianti e, poiché e sempre bene unire l'utile al dilettevole, restaurazione dello "lus primae noctis", che comportava il diritto di godersi tutte le novelle spose del borgo e dintorni. La cosa non fu di gradimento ai più focosi dei bolanesi che ribellatisi non andarono troppo per il sottile: spianarono il castello e perche non tosse riedificato precipitarono le pietre nel vallone sottostante da dove i posteri le cavarono per costruirsi le case, Del castello son rimaste poche tracce, ma si racconta che nella casa del vecchio custode sia stato rintracciato un tesoro. Veramente di tesori in giro per questa terra travagliata ve ne dovrebbero essere parecchi. Si dice che sul monte Zecchino, e nessun altro nome potrebbe essere più appropriato, vi fosse una torre di guardia per controllare i movimenti sulla strada tra Caprigliola ed Aulla, la zona detta delle "lame" e che è la porta della Lunigiana massese. ln quei paraggi sarebbe sepolto appunto un tesoro di zecchini d'oro e, per sovrapprezzo, la corona dell'imperatore Nerone, che non si sa bene perchè sia finita laggiù. Quando però non si trovavano tesori in monete d'oro, i conquistatori si attaccavano anche a cose più terra terra. Con l'avvento della Repubblica democratica Ligure, di stampo giacobino, tra alberi della libertà, cappelli frigi incoccardati, canti della Marsigliese e del "Ça-ira", i sanculotti francesi da Ceparana portarono via la campana. Era una campana che aveva tutta una sua tradizione, era collocata sulla torre del castello e la chiamavano "la voce di Luni". Un brutto giorno quella voce ammutolì. Si dice che sia stata trasportata a Marsiglia ed i meglio informati sostengono che si trovi ancora là. Avrebbero cambiato nel frattempo nome, naturalizzandosi francese si chiamerebbe "Cloche de bonne mere", cioè "Campana della buona madre". Quando non potevano azzuffarsi con gli estranei, bolanesi e ceparanesi si azzuffavano tra loro. Il 4 marzo del 1733 un manipolo di bolanesi — c'è chi dice una settantina — si portarono a Ceparana, si spinsero sino al frantoio dei Giustiniani, di recente costruzione, e lo rasero al suolo. Dietro l'operazione c'era la malcelata preoccupazione del Comune che la "libera iniziativa" di frangere in privato le olive prendesse piede con grave danno finanziario del Comune stesso. L'iniziativa dei "commandos" bolanesi piacque anche al Senato della Repubblica di Genova, al quale i Giustiniani si erano appellati ed ai quali con illuminata giustizia diede torto, Altra occasione di rissa tra gli abitanti di Bolano, Ceparana e Montebello era il rito dell "`Ufficio delle Tenebre", la cerimonia religiosa con cui nella Settimana Santa si ricorda la flagellazione di Gesù e le tenebre che calarono alla sua morte. La sera del giovedi santo spesso il sagrato della Chiesa diveniva punto d'incontro di gruppi armati degli "strumenti" chiamati "Sgrizzoli", e che sostituivano i campanelli durante le funzioni, gareggiavano a chi faceva più frastuono, da questo alla rissa il passo era breve. Anche la costruzione della chiesa di Ceparana alla fine degli anni '20 fu oggetto di contestazione. I componenti il comitato promotore si incontravano, quasi congiurati, con il parroco di Bolano don Renato Reali dietro il vecchio camposanto del paese; la cosa non era gradita agli abitanti del capoluogo tant'è che don Reali fu allontanato e trovò alloggio a Ceparana. La chiesa fu inaugurata nel 1931 e solo nel 1937 ebbe il campanile. Ma si preparavano tempi più duri, il nome di don Reali è legato ad un aneddoto della lotta partigiana, ll 24 luglio 1944 un gruppo di undici partigiani con un colpo di mano aveva vuotato uno dei magazzini tedeschi in località Fiera, pronta reazione e minaccia di incendiare il paese, Don Reali intervenne nelle trattative alle quali sembra partecipò anche un partigiano di nome Velco. I tedeschi non accettavano compromessi e nel momento della paura la popolazione fece voto che se Ceparana non fosse stata bruciata, la Madonna, alla quale la chiesa era stata dedicata, avrebbe avuto, a guerra finita, una corona d'oro; il paese fu risparmiato e la promessa fu mantenuta. Dopo bombardamenti alleati e distruzioni operate dai tedeschi, che fecero saltare il ponte di Ceparana, la guerra si apprestava a terminare. Gli americani erano ormai giunti a Sarzana ma temendo che nella posizione dominante di Bolano i tedeschi si apprestassero ad un'ultima resistenza sbarrando la strada della Cisa, presero a cannoneggiare il paese, Un abitante del luogo, forse animato dal coraggio della disperazione entrò in chiesa, prese la tovaglia dell'altare e la issò sul campanile. A quel segnale il cannone tacque, un silenzio pieno di interrogativi calò sul paese, ma Bolano fu salva.

Fonte: Cara Spezia volume I


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