GIGION ABÒSSA

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Versione delle 15:07, 14 giu 2011


Bruno Bonati, di cui non conosco nè la data di nascita nè quella di morte, è un personaggio eccezionale vissuto a La Spezia, nella prima metà del 1900, sino ai primi anni '70, portando, tra una breve sosta da un'osteria all'altra, il suo umorismo e la sua verve, incrementati da "goti" di vino rosso.

Già, appena uscito dalla sua abitazione in via Milazzo dove , negli ultimi tempi viveva solo al primo piano dell' edficio in angolo con via Gramsci, dirigendosi verso corso Cavour si fermava prima da "Marianelli" poi dalla "Gina", sull' angolo con via N. Bixio, per proseguire in direzione della p.za Cavour, sempre disposto a bagnarsi il becco se qualcuno lo invitava.

S' infastidiva quando lo chiamavano Gigion, voleva che gli amici e conoscenti lo chiamassero Bruno e molti lo facevano; lui proveniva da una famiglia benestante, i suoi genitori possedevano un paio di panifici che con altre proprietà, alla loro morte lasciarono a lui ed alla sorella.

Quel soprannome se lo era guadagnato nelle sue frequenti scorribande , infrangeva la legge con piccoli reati, bravate di poco conto che lo hanno portato, spesso, nelle patrie galere fino ai bagni penali di Mantova, una specie di lavori forzati.

Quando lo prendevano sul fatto, a rubare una bicicletta, a fare schiamazzi notturni, od a prelevare qualche oggetto da una automobile, usava dire: "Abossa a son un Gigion" (fai finta di niente, sono un tipo un pò strano, un bonario "birbante") e da lì tutti iniziarono a chiamarlo "Gigion Abossa".

I giornali dell' epoca riportavano spesso le sue gesta, troppe per elencarle tutte, dal guidare una carrozza condotta da un cavallo ubriaco, a rubare la bicicletta ai vigili, dal girare per le strade montando un asino ed indossando poncho e sombrero, fino a scherzare con le autorità di allora, perfino col giudice che lo stava giudicando.

Quando l' allora Sindaco Varesi Antoni inaugurò la fontana di p.za Brin, in polemica con l'opposizione democristiana, bevve un bicchiere d' acqua prelevato dalla vasca; Bruno, rivolgendosi ad alcuni presenti disse: "i è mato! me quela roba l'ì a ne la bevo", certo, lui con l' acqua aveva un rapporto davvero difficile.

Nella raccolta fotografica del Comune molte foto lo raffigurano, negli ultimi anni frequentava il bar Crastan, dove veniva sollecitato a raccontare le sue avventure; sapeva moltissime cose della città e su molte famiglia, anche cose che, per diffuso perbenismo, venivano dimenticate o celate.

Forse, se fosse vissuto altrove, la sua figura di " marionetto burlone" sarebbe ancora viva nei ricordi, non ha inventato nulla, non è stato nè un artista nè un navigatore, ma ha regalato a quella città disastrata del dopo guerra tanti sorrisi e ce n' era bisogno.

Enrico Franco M.


estratto da: [1]

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