BAGNO HELIOS

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'''BAGNO HELIOS'''
'''BAGNO HELIOS'''

Versione delle 17:04, 7 lug 2011

LA SPEZIA stabilimento HELIOS.jpg

BAGNO HELIOS

Era esattamente nell’area ove oggi sono i “Cantieri di demolizioni navali del Golfo”. Lo fecero costruire gli imprenditori Albani e Camisassa nel 1929 dall’ingegnere Macchiavelli che lo fini a tempo di record con le maestranze che a turno lavorarono ininterrottamente 24 su 24 ore per 40 giorni consecutivi. Vi si accedeva da un frontale pittoresco; ai lati, a distanza di una quindicina di metri, ben allineate erano erette due torri rettangolari; i lati erano incastonati da una miriade di piccoli trasparenti vetri rettangolari, dai colori diversi e vivaci ed erano disposti ad arte, in modo che i loro riflessi erano motivo di attrazione; le torri terminavano a piramide con sopra un’asta dove, nel periodo estivo, sventolava una bandiera gialla con al centro l’effige del sole. A una certa altezza le torri erano collegate da tre arcate fregiate da frastagliate cornici; a piano terra, tra le due torri, per un tratto il centro era percorso parallelamente da due balaustre di cemento con delle colonnine ben fatte e aggraziate; innanzi in bella vista vi era un grande vaso scultoreo ricolmo di terra dove era sistemata una piccola palma; appena superato questo stupendo frontale, per completare l’opera di bellezza, facevano bella mostra due magnifiche palme con al centro una vasca contenente alcune varietà di pesci rossi; era stata costruita ed elaborata con delle spugnose pietre marine e al centro di questa, in continuazione, zampillavano tre piccoli getti d’acqua; fatti pochi passi, lasciata alle spalle questa suggestiva entrata molto accogliente, si presentavano da ambo i lati di una pavimentazione, due arenili fatti con sabbia riportata, che periodicamente veniva rinnovata. Si ricorda che veniva rifornita da un certo Durante, il quale la trasportava sul posto con dei grandi barconi a vela andandola a caricare alla foce del fiume Magra cioè a Bocca di Magra. Gli arenili erano cinti ai due lati esterni da lunghe file di cabine; proseguendo, su quella pavimentazione di cemento, erano sistemate altre due file di cabine; alla metà della fila vi era un passaggio dal quale si accedeva in stretti corridoi con doppie file di altrettante cabine. Ritornando sulla pavimentazione e proseguendo, si arrivava alla grande rotonda sul mare, sorretta da una fitta palificazione in ferro: aveva dello spettacolare. Al centro vi era una grande pista da ballo pavimentata a parquet di legno pregiato, sempre tenuto pulito e lucido; ai lati, ben allineati, vi era una doppia fila di tavoli per le consumazioni; verso sud, sopra un palco sopraelevato, ben disposta, vi era l’orchestra che era diretta dal maestro Iannone oppure da Biso. Al centro della pista, guardando in alto, si vedeva il soffitto cinto da stupen- di vetri colorati; così ugualmente erano le grandi vetrate che cingevano tutt’attorno la grande sala. Durante il giorno era illuminata da un continuo variare di luci secondo il lento cambiamento della posizione del sole. Era molto suggestivo quando il fumo delle sigarette che saliva verso l’alto veniva trafitto da quei fasci di luce dai mille colori, creando una visione simile all’aurora boreale. Proseguendo da un corto passaggio, ove da un lato vi era il bar, si accedeva alle cucine. Lasciando la grande area sul mare, si usciva all’aperto ove un pontile con una balaustra da ambo i lati e lungo alcune decine di metri, portava su una piccola rotonda in muratura che fungeva da zona di relax riparata dai raggi solari con una grande veranda sulla quale erano a disposizione sdraie e poltron- cine di vimini. Questa, dai fossamastrini, era chiamata “L’Isoletta”. Era il punto estremo dello stabilimento, un angolo di paradiso; di li si pote- va ammirare a vista d’occhio una parte delle bellezze del nostro golfo, in spe- cial modo nelle notte chiare, era da vedersi una irreale luminaria quando i paesi della costa orientale accendevano le loro luci che scintillanti si rispecchiavano nel nero lucido mare; il loro riflesso ci arrivava allungato e tremolante; inoltre si vedevano scorrere i colorati fanali di via, verdi e rossi, delle navi e dei battelli che entravano o lasciavano il golfo passando fra le boe segnaletiche che riflettevano, con intermittenza i vivaci colori anche loro rossi o verdi; con uguale e precisa intermittenza per un attimo il faro dell’isola del Tino fendeva la sua lama di luce. Quell’isoletta, di solito, era meta di coppiette di innamorati che durante le pause del ballo, si soffermavano a contemplare quel romantico scenario. Per la sua stupenda bellezza, era uno spettacolo attraente e di una suggestività incantevole, da non perdersi per chi veramente era amante del bello. Ritornando a parlare dello stabilimento, al disopra del tetto della grande rotonda, facevano bella mostra sedici colonne in legno, che disposte a quadrilatero, erano unite da armoniose arcate e dove sopra, ad un lato verso terra, vi era la vistosa scritta «HELIOS» in caratteri cubitali. Al centro di questo piccolo castello primeggiava una lunga asta con una grande bandiera gialla con raffigurato l’emblema del sole. All’esterno della rotonda, sulla destra, in una grande veranda sul mare, vi era il ristorante, con tavoli e candide tovaglie sempre apparecchiate e pronte per il pranzo o la cena. Al servizio se ne ricorda l’affabile cameriere Bini Enrico "Binori”. Era maestro nello svolgere la sua arte passando svelto tra i tavoli con eleganza e grazia. A pochi metri dalla spiaggia di sinistra, nelle acque basse, viverano le altalene; più avanti, ove la profondità era maggiore, vi era un trampolino a due piani, con tavole flessibili. Nel 1935, a un centinaio di metri da quell’arenile verso il mare fu costruita una specie di montagna russa, che fu chiamaga TOBOGA. Era costruita in tralicci di ferro; da un lato si saliva alla sommità con una apposita barca della capienza di 4 persone avente all’esterno delle rotelle che servivano per spingerla su un nastro trasportatore. All’altezza di venticinque metri vi era una piazzola con due rotaie molto ripide che andavano a finire in mare. Su di esse veniva sistemata la barca che scendendo vertiginosamente, acquistava sempre più velocità, accompagnata dalle grida di emozione degli occupanti. Il “bolide" finiva la sua corsa planando sullo specchio d’acqua. Un’altra attrazione di divertimento era lo scivolo che era situato parallelamente alla sinistra del nastro trasportatore; partendo dall'alto della piazzola con delle apposite cassette ove ci si rannicchiava sopra scivolando a grande velocità e andandoci a fermare su un rustico tappeto d’erba che era disposto sull’arenile. È doveroso ricordare i validi servizievoli bagnini; citiamo “Carcavallo” che era l’addetto alla spiaggia e alle cabine; il marinaio (“Nostromo") Zanetti Ernesto che venne coadiuvato, in annate diverse, da Boccali (“Bastian); Tizzoni Bruno e Pigoni Nini. Questi erano addetti a quello che concerneva il servizio a mare come sorverglianti bagnini di salvataggio, noleggio e accudimento di barche ed altri affini servigi. A quell’epoca l’HELIOS era lo stabilimento balneare più bello e lussoso, non ve ne era uguale neppure nella nota Versilia, compreso il prestigioso Viareggio. Era il salotto estivo di tutta la Spezia bene, se ne ricorda alcuni personaggi che lì vennero, come il princpe Aimone della casa Savoia; erano di casa tutte le massime autorità e l’affabile biondo Rudi, figlio dell’addetto all’ambasciata inglese, e molte altre personalità, passate in incognito. Nel periodo estivo la Società delle tramvie oltre al normale servizio, aggiungeva due tram; in continuazione, partendo dalla città, portavano i bagnanti innanzi ai quattro stabilimenti balneari. Queste corse venivano effettuate per tutto il giorno fino alle dieci di sera. Solo nei giorni di sabato e domenica, o nel periodo dei veglioni o serate di gala, il servizio si protraeva oltre la mezzanotte, cioè fino al loro termine. Da giovanetto l' HELIOS era il mio bagno preferito ed era quello che più frequentavo. Ricordo che quando venivano fatti i veglioni, assieme ad altri giovanetti e ragazze, eravamo lì a guardare l’arrivo della gente (la maggior parte in carrozza e qualcuno anche con le prime auto e taxi); le dame sfoggiavano eleganti vestiti da sera tempestati da una miriade di lustrini che ad ogni movimento brillavano emanando scintillanti riflessi colorati. A distanza dal vano dell’entrata della sala si intravvedevano le coppie che durante il ballo, con gesti corretti, si tiravano coriandoli, strisce filanti e delle colorate piccole palline di cotone, assieme a centinaia di palloncini che, con piccoli tocchi, facevano svolazzare con guizzante leggerezza sui tavoli, ove imperavano bottiglie di spumante corredate da coppe di cristallo; venivano accese le caratteristiche stelle filanti che, con il loro accecante scintillio di luce, davano un tocco magico alla festa. A noi non restava che accontentarci di vedere questo e di sentire la dolce musica dei valzer lenti e dei tanghi dell’orchestra diretta dal maestro Iannone o Biso. Comunque eravamo coscenti nel riconoscere che a quelle feste non potevamo partecipare. Ce lo impedivano due essenziali ragioni: la diversa posizione sociale e le scarsissime possibilità finanziarie. Anche se avessimo partecipato, non essendo il nostro ambiente, non ci saremmo divertiti come dovuto. Purtroppo era un’amara consolazione, ma in quei momenti eravamo egualmente paghi e soddisfatti di quel che vedevamo senza nessuna punta di risentimento per il bene che volevamo al nostro Borgo di Fossamastra.


Fonte: Giulio Negroni - IL BORGO DI FOSSAMASTRA Un tuffo nel suo passato

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