LA RESISTENZA NELLO SPEZZINO

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All’inizio del 1945 la provincia della Spezia era di fatto divisa in due: il capoluogo, la costa e la bassa Val di Magra, presidiate anche da contingenti tedeschi, rimanevano sotto il controllo della RSI, mentre la Val di Vara era in buona parte controllata dalle forze partigiane. Fin quasi alla fine della guerra entrambe le parti cercarono inutilmente di modificare a proprio favore questa situazione, i fascisti e i tedeschi con i rastrellamenti e i partigiani con incursioni sulle vie di comunicazioni e nel “territorio nemico” che sempre di più assumevano l’aspetto di vere e proprie battaglie (ad esempio nel gennaio 1945 sull’Aurelia tra Brugnato e Borghetto Vara).
L’ultimo inverno prima della liberazione fu molto duro per la popolazione spezzina, in particolare per quella del capoluogo. Se infatti nelle zone collinari e montane era ancora possibile procurarsi del cibo, alla Spezia la situazione alimentare stava precipitando. La città era infatti dipendente per i principali generi alimentari dalle importazioni dalla pianura padana, con la quale era però collegata sempre più precariamente a causa delle incursioni aeree alleate e della guerra partigiana.
Il razionamento dei generi alimentari organizzato dalla RSI avrebbe dovuto assicurare la sopravvivenza della popolazione, ma con il passare dei mesi le distribuzioni di cibo divennero sempre meno puntuali e alcuni prodotti divennero introvabili.
Per mangiare molti erano costretti ad affidarsi al mercato nero o ad acquistare i generi alimentari a prezzo libero in provincia di Parma. Consumati i risparmi famigliari, spesso il cibo era pagato con l’unico prodotto di ampio consumo facilmente reperibile: il sale ricavato bollendo e facendo evaporare all’interno di pentoloni l’acqua di mare.
Nell’autunno-inverno 1944 la popolazione della Spezia, ormai ridotta dagli sfollamenti a circa 30.000 unità, dovette affrontare l’incrudelirsi della repressione fascista contro i collaboratori dei partigiani.
Dal settembre al dicembre furono compiute sia alla Spezia che nei comuni limitrofi numerose operazioni di “polizia” che culminarono il 21 novembre 1944 in un rastrellamento urbano attuato bloccando tutte le strade del quartiere di Migliarina e fermando i sospetti nelle strade e nelle case. Gli arrestati, dell’ordine di alcune centinaia tra cui numerosi sacerdoti, vennero rinchiusi nella caserma che era stata del XXI Fanteria, semidistrutta dai bombardamenti. Stipati in celle sovraffollate, senza né letti né coperte, malnutriti, gli arrestati subivano interminabili interrogatori notturni durante i quali erano sottoposti a terribili sevizie fisiche e psicologiche, nelle quali si distinse per sadismo Aurelio Gallo, una figura di secondo piano del fascismo spezzino divenuto uno dei collaboratori più fidati dei tedeschi.
Alla fine di novembre gli arrestati furono in gran parte trasferiti a Genova e rinchiusi nel carcere di Marassi, dove furono nuovamente interrogati e seviziati. La maggior parte dei detenuti venne poi inviata a Bolzano e da lì smistata verso i campi di concentramento della Germania, primo fra tutti Mauthausen. Solo la distruzione da parte degli Alleati della linea ferroviaria del Brennero impedì il trasferimento in Germania della totalità dei prigionieri spezzini.
Nel gennaio del 1945 ai comandi partigiani spezzini risultò chiaro che si stava organizzando un nuovo rastrellamento in grande stile: ingenti truppe italiane e tedesche si stavano ammassando in Val di Vara, nella zona di Pontremoli e nel parmense con l’intento di compiere un accerchiamento.
L’attacco generale iniziò il 20 gennaio e ben presto i partigiani si resero conto di non poter resistere sul posto alle preponderanti forze nemiche e, come era già stato previsto, si ritirarono verso la zona del Monte Gottero (al confine tra le tre province della Spezia, di Parma e di Massa-Carrara). Nei combattimenti e nella difficile ritirata compiuta in zone impervie e ricoperte di neve molti partigiani rimasero uccisi o furono catturati e un numero ancora maggiore subì gravi congelamenti, ma l’immenso rastrellamento non raggiunse il suo scopo: a fine mese le truppe nemiche si ritirarono e le formazioni, nonostante le dure perdite, poterono ritornare sulle loro precedenti posizioni, vanificando il risultato del rastrellamento. Se nel rastrellamento del 3 agosto 1944 buona parte dei partigiani si erano ritirati disordinatamente, questa volta si erano dimostrati, in condizioni ben peggiori, molto più disciplinati ed esperti.
Con l’approssimarsi della primavera e del prevedibile crollo tedesco, le formazioni partigiane e le SAP rafforzarono la loro pressione su strade e ferrovie per rendere insicure le vie d’afflusso dei rinforzi e approvvigionamenti tedeschi necessari alla tenuta del fronte. All’inizio di aprile, i partigiani cominciarono una lenta discesa verso La Spezia e gli altri centri della provincia: vennero costruiti nuovi magazzini e campi a ridosso delle posizioni nemiche e si requisirono muli e autocarri per i trasporti, mentre si stringevano accordi con gli Alleati per un’azione coordinata. La rete di presidi sulla statale Aurelia per Genova fu attaccata e cominciò a cedere. Il 10 e l’11 di aprile le truppe alleate sfondarono la linea del fronte sulle Apuane e, con l’appoggio dei partigiani locali, entrarono a Massa e a Carrara. Il giorno successivo i partigiani della IV Zona interruppero l’Aurelia in un punto obbligato tra Borghetto Vara e Padivarma, isolando La Spezia da Genova.
Gli Alleati avanzavano da Carrara verso nord nonostante la resistenza tedesca e verso il 20 aprile minacciavano Sarzana dalle colline sovrastanti. Il 22 aprile i partigiani investivano la zona costiera tra Riomaggiore e Deiva, ormai evacuata dai tedeschi. Lo stesso giorno la brigata Muccini, ormai a contatto con le avanguardie alleate, scendeva da Fosdinovo su Sarzana, liberandola la mattina del giorno dopo. Le forze fasciste della provincia si accodarono in larga parte alle truppe tedesche che, tra il 22 e il 23 aprile, si ritiravano sulla statale della Cisa e ne divisero la sorte. Lungo la stessa strada si stava sviluppando l’attacco di una formazione della IV Zona, il Battaglione Val di Vara, che mirava ad impadronirsi dell’importante nodo stradale di Aulla.
Dopo una lunga battaglia, nella quale intervennero anche gli aerei alleati e che portò alla distruzione del presidio tedesco asserragliato nel castello di Podenzana, la sera del 24 aprile i partigiani entrarono ad Aulla. I fascisti spezzini, che insieme ai tedeschi erano riusciti nonostante tutto a raggiungere il Passo della Cisa, vennero sottoposti a duri bombardamenti da parte degli Alleati e si trovarono bloccati dai partigiani parmensi presso Fornovo: si arrenderanno il 28 aprile.
Il 23 aprile, mentre Sarzana veniva liberata e si combatteva presso Aulla, alla Spezia (ormai abbandonata dai tedeschi e da gran parte dei fascisti) gli uomini delle SAP presero il controllo di tutti gli edifici pubblici, delle poste, dei magazzini delle industrie. Nello stesso tempo un contingente partigiano scendeva verso Migliarina e il porto mercantile. Ma se la città era stata liberata senza combattimenti, contingenti tedeschi rimanevano attestati sulle colline circostanti. I presidi tedeschi di Montalbano e di S.Venerio si arresero dopo essere stati circondati dai partigiani, ma quello di S.Benedetto sulla statale Aurelia si dispose per la difesa ad oltranza. I combattimenti a S.Benedetto durarono fino alla sera del 24, quando il contingente tedesco fu definitivamente annientato. La mattina del 25 le brigate partigiane poterono scendere in città, mentre le avanguardie alleate si spingevano senza incontrare resistenza verso Genova. Nel Palazzo del Governo, sede della Prefettura, si insediò il CLN che, subito dopo aver approvato la nomina del socialista Beghi alla carica di Prefetto, fece affiggere in città un proclama inneggiante alla libertà, agli Alleati e ai “patrioti delle nostre montagne”.
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