LO SCOPPIO DI FALCONARA

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LO SCOPPIO DELLA POLVERIERA DI FALCONARA

Il 28 settembre del 1922,durante un temporale notturno, un fulmine causò l'esplosione della polveriera di Falconara dove erano custodite oltre 1.500 tonnellate di esplosivo del Regio Esercito.

L'abitato di S.Terenzo, in seguito a questo evento , subì gravissime distruzioni e centinaia di morti.

L'onda d'urto provocata dallo scoppio sradicò gli alberi, si sollevò una sorta di tempesta d'aria infuocata che bruciò la vegetazione, gli alberi, le colture di ulivi, mentre come conseguenza immediata -oltre al terribile tributo di vite umane- le case scoperchiate e semidistrutte erano inagibili.

Fu una notte terribile di cui, ancora oggi, si rammenta con forza l'impressione enorme che ha raggiunto le generazioni contemporanee.

La sera stessa della sciagura il senatore Camillo Cimati, con un telegramma, informava dell'accaduto il presidente del Consiglio on. le Facta ed il competente prefetto di Genova Sig. Poggi (la Provincia spezzina non era ancora stata decretata, sarebbe accaduto solo l'anno seguente) e il generale Squillace, comandante della Divisione Militare di piazza.

Si organizzavano così i primi interventi di soccorso e scattò subito una solidarietà nazionale: al Ministro della Marina, onorevole Devito,che fu incaricato di raccogliere i fondi e disporre per i soccorsi immediati, furono assegnate inizialmente L.20.000.

Il Ministro dell'Interno diede personale disposizione al Comando di Corpo d'Armata di Firenze, ed ai prefetti di Genova e di Firenze, per l'immediato invio di soccorsi e personale specializzato, attribuendo la direzione dell'operazione all'ammiraglio Biscaretti, mentre si mobilitava anche la Croce Rossa Nazionale che inviò mezzi e personale sanitario in gran quantità.

Le Pubbliche Assistenze di Sarzana, La Spezia, e della Lunigiana trasportavano a ritmo incessante i feriti che venivano portati in tutti gli ospedali della zona.

Le cronache di quei giorni registravano scene strazianti, episodi tragici, dolore, ma non mancarono le manifestazioni di solidarietà.

I danni materiali furono stimati in cinque milioni dell'epoca, una cifra enorme: l'espolsione violentissima danneggiò infatti anche gli abitati di Pitelli, Pertusola, Pugliola, Lerici.

A proposito di solidarietà, Genova inviò somme per la ricostruzione delle case abbattute a Pitelli, ma gli abitanti decisero di usare questo aiuto per costruire le scuole elementari, che mancavano nella frazione: così, ad esse venne dato il nome del capoluogo ligure in segno di memoria e riconoscenza.

I vetri delle abitazioni si frantumarono in un raggio vastissimo, alcune case di Fossamastra subirono la caduta di tegole e persiane nonostante la distanza davvero considerevole.

La Regia Marina mise a disposizione ufficiali medici per le operazioni di soccorso e più di 500 marinai. Il Pontefice fece pervenire al vescovo di Luni e Sarzana (anche la Diocesi spezzina non era stata ancora varata ufficialmente, lo sarebbe stata da lì a poco) una ingente somma; da Milano la Cassa di Risparmio inviò L.150.000.

L'unione Commercianti e Industriali della Spezia,, e la Camera di Commercio di Genova inviarono L. 25.000.

Il giornale spezzino il Popolo promosse una sottoscrizione e anche il quotidiano romano L'Azione raccolse fondi per "i danneggiati del Golfo della Spezia".

Il borgo che era stato tanto amato dagli scrittori e poeti inglesi Byron e Shelley un secolo prima era ridotto a un ammasso di macerie.

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