EDIZIONI 5 TERRE

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L’idea di creare una piccola casa editrice nasce nei primi anni ottanta, a Pordenone. In quel periodo, impegnato a tempo pieno tra scuola e famiglia, l’editore, Salvatore Di Cicco, comincia a riprendere, anche se in misura ridotta, il suo contatto con la carta stampata e con la tipografia (in precedenza, infatti, mentre studiava all’università di Pescara, aveva intrapreso l’attività giornalistica collaborando con alcune testate locali – Il Messaggero, Il Tempo e la Gazzetta di Pescara – e con un settimanale sportivo - Settegiornisette - terminata in coincidenza con la conclusione degli studi universitari). A Pordenone, all’inizio degli anni ottanta, avvia in prima persona la pubblicazione di un piccolo settimanale, Settegiorni, che riprende nel titolo lo stesso che aveva lasciato a Pescara, cioè Settegiornisette: si tratta di un foglio in cui venivano proposti tutti gli appuntamenti culturali e non della città che lo ospitava. Un’esperienza, quella, che non poteva durare perché richiedeva un impegno che non poteva mantenere sia per il tempo che per le necessità economiche. “Rimane, in ogni caso, quella passione che covava in me come il fuoco sotto la cenere”, così si esprime Di Cicco in un nostro colloquio.Comincia così a delinearsi l’idea di fondare una piccola casa editrice. Il motivo alla base di un simile progetto è senza dubbio quello di poter giungere, un giorno, a pubblicare le sue ‘cose’.In particolare, le sue poesie. Già molti anni prima era uscito un volumetto in versi (L’occhio del ciclone) che aveva pubblicato – a sue spese – presso l’editrice Emblema di Pescara. Ma forse l’obiettivo più importante era un altro:pubblicare la sua tesi di laurea: I canti del-l’innocenza e dell’esperienza di William Blake su cui aveva continuato a lavorare sia per quanto riguarda le traduzioni sia per quanto riguarda ulteriore materiale acquisito nel tempo. Da notare che a quel tempo il computer era ancora di là da venire e la stampa raggiungeva costi altissimi. Non solo. Nell’eventualità che fosse riuscito a stampare, rimaneva il problema della distribuzione (problema, del resto, ancora irrisolto), che avrebbe comunque soffocato sul nascere qualsiasi speranza. Ma le prime avvisaglie di qualcosa che sarebbe accaduto solo trent’anni dopo cominciano a profilarsi all’orizzonte. Inizia ad avere in quel periodo contatti con una casa editrice di Pordenone (Studio Tesi), oggi scomparsa dal panorama editoriale italiano ma allora interessante per alcuni titoli pubblicati e per il fatto che era riuscita a crearsi una ‘nicchia’per lettori esigenti e perché aveva quasi sempre l’opportunità di vedere pubblicate recensioni dei suoi libri su alcuni dei più importanti giornali italiani. Per quella casa editrice Di Cicco aveva curato la correzione delle bozze di uno dei rapporti annuali di Amnesty International. Ai responsabili di quella casa editrice propone la pubblicazione del suo libro su Blake. Come conseguenza di quel rapporto costante gli era stato assicurato che il libro sarebbe uscito, tanto che era stata addirittura preparata la bozza della copertina dal grafico della stessa casa editrice. La soddisfazione, per non dire la gioia nel veder concre- tizzarsi un suo vecchio sogno è però annullata il giorno in cui gli comunicano che il libro stesso non sarebbe più uscito per motivi di… recensione. Infatti, prima che il libro fosse stampato, i dirigenti della casa editrice, volevano assicurarsi che il volume stesso fosse adeguatamente recensito su La Repubblica da un critico teatrale, Guido Almansi, titolare di cattedra presso una università inglese e collaboratore, appunto di Repubblica. La ‘spiegazione’ data a Di Cicco in quell’occasione era che lo stesso Almansi (al quale non è chiaro se furono proposte le bozze del libro o fu soltanto ‘allertato’ in vista della recensione richiesta) non si sentiva di fare quella recensione perché ‘un autore come Blake era difficile da tradurre in italiano e lo stesso Ungaretti, che ci aveva provato, aveva trovato non poche difficoltà’. A quel punto, la delusione lascia quasi immediatamente il posto a un certo senso di rivincita verso il ‘destino’ che aveva impedito la realizzazione del più grande sogno di Salvatore Di Cicco. Da quel momento in poi, però, il desiderio di fondare una piccola casa editrice diventa sempre più un progetto fattibile. Oggettivamente non c’erano possibilità di raggiungere lo scopo: sia economicamente che come rapporti con le persone giuste; nonostante tutto la speranza di farcela non lo abbandona mai, anzi, è certo di farcela. Ne è così sicuro al punto che presso la piccola tipografia Bianchettin (la stessa che stampava Settegiorni) di Pordenone si fa preparare una bozza di copertina, in pellicola, come se dovesse davvero stampare un libro. Questa copertina, delineata con un bordo interrotto in alto dal logo della casa editrice e in basso dalla testata dell’editrice stessa, non portava l’indicazione di alcun titolo e di alcun autore ma serviva semplicemente a dare l’idea di come avrebbe voluto stampare i suoi libri. L’elemento più importante di quella ‘prova’ è il nome della casa editrice che avrebbe fondato ufficialmente quasi dieci anni dopo e il relativo ‘logo’. Per quanto riguarda il nome, non ha mai avuto il minimo dubbio. Essendo spesso alla Spezia (sua moglie è spezzina) ed essendosi subito innamorato delle Cinque Terre, la scelta è stata spontanea. Diversa, non per questo meno chiara, la realizzazione del logo della casa editrice. Certo, l’ostacolo principale volendo realizzare qualcosa con le sue mani - era quello di disegnare l’idea che comunque aveva già in testa, pur non essendo molto abile nel disegno, doveva essere frutto del suo lavoro, senza un intervento esterno. Avendo chiara l’idea, compra una penna a inchiostro con pennino speciale e inchiostro di china e comincia ad abbozzare il disegno che aveva in mente: semplicemente una barchetta in mezzo alle onde del mare. Riempie tre fogli (che gelosamente conserva, come la prova tipografica dei Bianchettin) con quella barchetta fra le onde, prima di arrivare a un disegno che lo soddisfi. Sul retro di uno dei fogli scrive la data: marzo-aprile 1984. L’unico problema che rimaneva da risolvere (e che in seguito sarebbe stato risolto prima in tipografia e poi dal computer di Massimiliano Secchi (Publisystem) era quello di disegnare un ovale perfetto nel quale contenere il disegno.Ne fa varie bozze su un quarto foglio (anch’esso conservato).A quel punto riesce finalmente a materializzare ciò che fino a quel momento era stata solo un’idea. Ora si tratta di fare un passo in avanti. Nel 1984, arriva il trasferimento a La Spezia. Dopo una breve pausa Di Cicco, torna a dedicarsi alla sua vecchia passione per il giornalismo, abbandonato dopo la laurea. All’inizio, catapultato in un nuovo ambiente, legge i giornali, guarda le tv locali, comincia a conoscere i personaggi della città e comincia a seguire le partite dello Spezia calcio (serie C1). Finché si propone alla stampa locale, per delle rubriche sportive. Il lavoro giornalistico va di pari passo con il suo lavoro principale, quello di insegnante, e pian piano si allarga anche ad altri settori della cronaca, compresa la cronaca nera. L’esperienza giornalistica è determinante per gli sviluppi del suo progetto. Nel 1990, dopo essere approdato all’ordine dei giornalisti pubblicisti, decide di fondare una rivista culturale e sportiva, Il Golfo, di cui è anche direttore responsabile. È in quel momento che ‘scopre’ il computer. La composizione della rivista viene fatta presso la Publisystem di Massimiliano Secchi. La stampa avviene a Livorno, presso la Libera Stampa, la stessa tipografia dove, insieme a Il Tirreno, viene stampata l’edizione toscana de La Repubblica. Il computer gli spalanca davanti orizzonti nuovi e, naturalmente, la vecchia idea della casa editrice riprende corpo in maniera ossessionante. Per di più, il lavoro gior-nalistico lo porta a contatto con persone che per un verso o per l’altro desiderano pubblicare qualcosa. A questo punto è inevitabile l’approdo al mondo dell’editoria in qualità di editore. Nel frattempo, occupato nella cura della rivista, fa esperienza di redazione, composizione (presso la Publisystem di Secchi) e stampa, oltre ad avere l’onere della parte amministrativa ed economica. Dalle sue parole: “Io sono un tipo che ama svisceratamente la libertà: libertà d’azione, libertà di fare, di tentare e di rischiare in prima persona”. È questa spinta che lo porta alla costituzione della ‘sua’ casa editrice: le Edizioni Cinque Terre, dunque, nascono ufficialmente. È il 10 settembre 1991. All’inizio non c’è in vista alcuna pubblicazione. Di Cicco continua a lavorare attorno alla rivista mensile sportivo- culturale Il Golfo di cui è, oltre che direttore responsabile, anche compositore (con l’aiuto della Publisystem). La rivista, stampata prima a Livorno poi alla Spezia, va avanti per quasi due anni, da gennaio 1991 a settembre 1992. Tramite una collega, la professoressa Maria Luisa Eguez, organizzatrice del Premio Letterario ‘Lerici-Golfo dei poeti’, le Edizioni Cinque Terre giungono alla prima pubblicazione, Giorgio Caproni e la musica, titolo del convegno tenuto a Villa Marigola di Lerici in occasione della quinta edizione del premio stesso. La sua pubblicazione è possibile grazie all’iniziativa di un’associazione culturale e al contributo della Regione Liguria. Con lo stesso meccanismo, qualche anno dopo, è stato pubblicato il volumetto dedicato a Ceccardo Roccatagliata Ceccardi.Il volume di Caproni esce verso la fine dell’anno e quasi contemporaneamente esce anche il primo volume di carattere sportivo, dal giornalista Armando Napoletano, dedicato alle vicende calcistiche della squadra spezzina (allora chiamata dei Vigili del Fuoco) nel campionato 1943-44, quando la squadra locale vinse lo scudetto. La storia di quello scudetto (riconosciuto solo lo scorso anno dopo una lunga vicenda giornalistica) viene appunto raccontata in quel libro, stampato questa volta a spese di Di Cicco, anche se con l’aiuto di un po’ di pubblicità. Di quel volume, andato esaurito negli anni, è uscita una seconda edizione nel 2002, proprio per festeggiare l’avvenuto riconoscimento di quel famoso scudetto, di cui la squadra attuale va orgogliosa. Insieme a questo primo volume di ‘successo’ ne arriva subito dopo un altro, Spezzini si nasce di Amerigo Lualdi, collega del Secolo. Un volumetto frizzante su vizi e virtù di una città provinciale nella quale molti, anzi tutti si ritrovano e si riconoscono. Un vero successo. L’editore si può permettere addirittura di pagare l’autore col 10 per cento sul prezzo di copertina (Lire 10.000) e quest’ultimo ne è ben felice. Nella presentazione del libro Lualdi scrive: “(…) Ma torniamo a questo libretto che spero venda almeno 500 mila copie perché tengo famiglia e ho un perenne bisogno di soldi. Del resto, se Jovanotti vende migliaia di dischi, non vedo perché non dovrei vendere Spezzini si nasce: il livello di idiozia è pressoché lo stesso. Chi l’ha letto in bozza l’ha trovato divertente e mi ha fatto i complimenti ma nessuno mi ha dato una mano per pubblicarlo. Sì perché – e qui riapro un inciso serio – a Speziachi intende pubblicare un libro ha tre alternative: o conoscere personalmente il presidente della Cassa di Risparmio, o inviare le bozze alla Mondadori sperando in un colpo di culo, o pubblicarlo a proprie spese facendosi anticipare la liquidazione dal datore di lavoro. Poi ho trovato l’amico Salvatore Di Cicco che ha messo gli episodi a puntate sul periodico Il Golfo e in molti mi hanno rifatto i complimenti. Finalmente, sempre Di Cicco, ha deciso di farne un libretto tipo ‘pocket’, di quelli da leggere e da buttar via (…)”. Segue un periodo di quasi black-out, dovuto soprattutto a un ‘equivoco’ che costringe Di Cicco a pagare una cifra esorbitante per tasse non dovute e che lo lascia stremato. Sembra addirittura che l’esperienza editoriale possa concludersi definitivamente e per alcuni anni non pubblica nient’altro, preso ancora una volta dall’attività giornalistica. Nel frattempo escono un paio di libri ‘clandestini’ (Le due paure di Pietro Duranti e un volumetto di racconti, A piccoli passi di Raffaele Conti) che inaugura quella che sarà la collana di narrativa italiana. Questo è anche il momento in cui scende in campo la moglie diDi Cicco, con la sua collaborazione grafica. È lei, infatti, a disegnare i loghi delle prime collane, quello di Corniglia appunto, e in seguito quello di Riomaggiore dedicato alla poesia. Il 1997 è l’anno della rinascita definitiva della casa editrice. Arriva il volume di versi di Salvatore Di Cicco, Dentro la terra, seguito quasi contemporaneamente da quello di una ragazza, Graziella Colotto, con Radici. Non sono ancora definite le caratteristiche grafiche delle varie collanema comincia a intravedersi una linea che poi si consoliderà qualche anno dopo. Il progetto inizia a prendere forma in maniera sempre più chiara, fino a questo momento la case editrice non è mai stata intestata a Di Cicco: all’inizio al suocero, più avanti al figlio. L’intestazione avviene il 5 gennaio 1998.

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