IL GIOCO DELLE BIGLIE

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Colui che tirava, doveva posare la biglia nell’incavo formato dall’indice, leggermente curvato verso l’alto, e dalla punta del pollice destro. Poi appoggiava il pollice della mano sinistra per terra, nel punto in cui era posizionata la propria biglia, misurava un palmo, ruotava la mano sinistra sul mignolo, la chiudeva in posizione verticale al terreno, vi appoggiava la destra dove era presente la biglia e, stendendo rapidamente il pollice, lanciava la biglia verso quella del suo avversario. Naturalmente doveva essere sicuro di colpirla, altrimenti passava la mano e rischiava di perdere la propria per cui, alle volte, si effettuavano tiri d’attesa, allontanandosi o avvicinandosi alla biglia dell’avversario, per indurlo a forzare e commettere un errore. Chi colpiva la biglia dell’avversario la conquistava e ricominciava il gioco con la "spariglia" iniziale sul muro o sulla superficie dura. Il gioco diventava molto più interessante se giocato in gruppo perché le condizioni variavano costantemente ed anche i litigi aumentavano in maniera esponenziale: in questo caso la partita finiva quando rimaneva in gioco solo l’ultima biglia. Una variante era quella del garo (buchetta) che aveva bisogno di una buca di medie dimensioni, 20 o 30 centimetri di diametro; il garo era una sorta di zona franca nella quale occorreva far cadere la propria biglia prima di poter attaccare quella avversaria. Occorreva quindi un doppio tiro, il primo per finire in garo, il secondo per colpire dal bordo del garo, con le stesse regole del palmo e scontro, la biglia avversaria ed impossessarsene. Rimasta una sola biglia in gioco, la partita finiva e si ricominciava, sempre ammesso di avere ancora '''biglie''' nelle tasche. Caporale: si disegnava nella sabbia o nella terra un cerchio e una linea; si depositava una bilia al centro del cerchio (il caporale) e altre bilie sulla linea, due o più per ogni partecipante. Vinceva chi riusciva a sbocciare il caporale facendoolo uscire dal cerchio. Il vincitore si teneva tutte le biglie. Prima dell’inizio di ogni partita le discussioni su quale gioco giocare che terminavano invariabilmente con il più deciso che diceva agli altri ”chi vuol giocare a garo (o a palmo e scontro) metta il dito qui sotto!” alzando una mano con il palmo rivolto al terreno e noi tutti lì con il dito.  
Colui che tirava, doveva posare la biglia nell’incavo formato dall’indice, leggermente curvato verso l’alto, e dalla punta del pollice destro. Poi appoggiava il pollice della mano sinistra per terra, nel punto in cui era posizionata la propria biglia, misurava un palmo, ruotava la mano sinistra sul mignolo, la chiudeva in posizione verticale al terreno, vi appoggiava la destra dove era presente la biglia e, stendendo rapidamente il pollice, lanciava la biglia verso quella del suo avversario. Naturalmente doveva essere sicuro di colpirla, altrimenti passava la mano e rischiava di perdere la propria per cui, alle volte, si effettuavano tiri d’attesa, allontanandosi o avvicinandosi alla biglia dell’avversario, per indurlo a forzare e commettere un errore. Chi colpiva la biglia dell’avversario la conquistava e ricominciava il gioco con la "spariglia" iniziale sul muro o sulla superficie dura. Il gioco diventava molto più interessante se giocato in gruppo perché le condizioni variavano costantemente ed anche i litigi aumentavano in maniera esponenziale: in questo caso la partita finiva quando rimaneva in gioco solo l’ultima biglia. Una variante era quella del garo (buchetta) che aveva bisogno di una buca di medie dimensioni, 20 o 30 centimetri di diametro; il garo era una sorta di zona franca nella quale occorreva far cadere la propria biglia prima di poter attaccare quella avversaria. Occorreva quindi un doppio tiro, il primo per finire in garo, il secondo per colpire dal bordo del garo, con le stesse regole del palmo e scontro, la biglia avversaria ed impossessarsene. Rimasta una sola biglia in gioco, la partita finiva e si ricominciava, sempre ammesso di avere ancora '''biglie''' nelle tasche. Caporale: si disegnava nella sabbia o nella terra un cerchio e una linea; si depositava una bilia al centro del cerchio (il caporale) e altre bilie sulla linea, due o più per ogni partecipante. Vinceva chi riusciva a sbocciare il caporale facendoolo uscire dal cerchio. Il vincitore si teneva tutte le biglie. Prima dell’inizio di ogni partita le discussioni su quale gioco giocare che terminavano invariabilmente con il più deciso che diceva agli altri ”chi vuol giocare a garo (o a palmo e scontro) metta il dito qui sotto!” alzando una mano con il palmo rivolto al terreno e noi tutti lì con il dito.  
==PALLINE==
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Le palline si usavano invece quasi esclusivamente in spiaggia, ma occorreva una spiaggia ampia, Marinella ad esempio, per poter tracciare il percorso, generalmente con il sedere di un bambino, meglio una bambina perché più leggera da trainare. A seconda del fondoschiena si ottenevano piste diverse, più larghe o più strette, più profonde o più lievi. Alle volte si alternavano i sederi per ottenere un percorso più accidentato. Le piste migliori perché più dure si ottenevano sul bagnasciuga, ma spesso si giocava anche sulla sabbia asciutta che consentiva più inventiva. Ognuno si sceglieva il proprio idolo a seconda del tipo di pista, i miei erano Taccone grande scalatore o Baldini grande passista, e lo posava sulla linea di partenza. Diversamente dalle '''biglie''', era ammesso solo il tiro con il dito medio ed il pollice (o l’indice ed il pollice), il pollice da solo per i tiri brevi, prima di una curva ad esempio. Se si usciva dalla pista, si riposizionava la pallina nel punto da cui si era effettuato il tiro sbagliato e si passava il turno. Era assolutamente vietato tagliare le curve. Vinceva chi raggiungeva per primo il traguardo dopo un numero prestabilito di giri.
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Le palline si usavano invece quasi esclusivamente in spiaggia, ma occorreva una spiaggia ampia, Marinella ad esempio, per poter tracciare il percorso, generalmente con il sedere di un bambino, meglio una bambina perché più leggera da trainare. A seconda del fondoschiena si ottenevano piste diverse, più larghe o più strette, più profonde o più lievi. Alle volte si alternavano i sederi per ottenere un percorso più accidentato. Le piste migliori perché più dure si ottenevano sul bagnasciuga, ma spesso si giocava anche sulla sabbia asciutta che consentiva più inventiva. Ognuno si sceglieva il proprio idolo a seconda del tipo di pista (Panizza, Gimondi, Beccia, Moser, ecc).
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Diversamente dalle '''biglie''', era ammesso solo il tiro con il dito medio ed il pollice (o l’indice ed il pollice), il pollice da solo per i tiri brevi, prima di una curva ad esempio. Se si usciva dalla pista, si riposizionava la pallina nel punto da cui si era effettuato il tiro sbagliato e si passava il turno. Era assolutamente vietato tagliare le curve. Vinceva chi raggiungeva per primo il traguardo dopo un numero prestabilito di giri.
==GALLERIA FOTOGRAFICA==
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Versione delle 19:34, 29 gen 2012

IL GIOCO DELLE BIGLIE 02.jpg

Di biglie ne esistevano vari tipi:

  • di vetro con all’interno delle ali colorate (raramente anche vuote)
  • bianche opache con spicchi colorati (dette americanine) quelle piccoline gigioline
  • quelle da spiaggia, generalmente in plastica costituite da due semisfere, una colorata e l’altra trasparente contenente al suo interno l’immagine di un ciclista e in un secondo momento anche di un pilota di formula uno.

Le prime erano biglie da città, le seconde, più grosse, adatte alla spiaggia; venivano chiamate palline, forse per distinguerle da quelle da città.

BIGLIE

Anche se La Spezia è sempre stata una piccola provincia c'erano delle varianti del gioco delle biglie:

  • palmo
  • scontro
  • buchetta
  • caporale

I giochi venivano giocati o nei cortili, sotto i portici, negli oratori, oppure nei parchi. Indispensabile per poter iniziare una partita di palmo e scontro un muro o una superficie solida su cui far rimbalzare la biglia abbastanza lontano da quella avversaria: questa azione si chiamava appunto “spariglia”. Lo scopo del gioco era quella di colpire la biglia avversaria per impossessarsene. Colui che tirava, doveva posare la biglia nell’incavo formato dall’indice, leggermente curvato verso l’alto, e dalla punta del pollice destro. Poi appoggiava il pollice della mano sinistra per terra, nel punto in cui era posizionata la propria biglia, misurava un palmo, ruotava la mano sinistra sul mignolo, la chiudeva in posizione verticale al terreno, vi appoggiava la destra dove era presente la biglia e, stendendo rapidamente il pollice, lanciava la biglia verso quella del suo avversario. Naturalmente doveva essere sicuro di colpirla, altrimenti passava la mano e rischiava di perdere la propria per cui, alle volte, si effettuavano tiri d’attesa, allontanandosi o avvicinandosi alla biglia dell’avversario, per indurlo a forzare e commettere un errore. Chi colpiva la biglia dell’avversario la conquistava e ricominciava il gioco con la "spariglia" iniziale sul muro o sulla superficie dura. Il gioco diventava molto più interessante se giocato in gruppo perché le condizioni variavano costantemente ed anche i litigi aumentavano in maniera esponenziale: in questo caso la partita finiva quando rimaneva in gioco solo l’ultima biglia. Una variante era quella del garo (buchetta) che aveva bisogno di una buca di medie dimensioni, 20 o 30 centimetri di diametro; il garo era una sorta di zona franca nella quale occorreva far cadere la propria biglia prima di poter attaccare quella avversaria. Occorreva quindi un doppio tiro, il primo per finire in garo, il secondo per colpire dal bordo del garo, con le stesse regole del palmo e scontro, la biglia avversaria ed impossessarsene. Rimasta una sola biglia in gioco, la partita finiva e si ricominciava, sempre ammesso di avere ancora biglie nelle tasche. Caporale: si disegnava nella sabbia o nella terra un cerchio e una linea; si depositava una bilia al centro del cerchio (il caporale) e altre bilie sulla linea, due o più per ogni partecipante. Vinceva chi riusciva a sbocciare il caporale facendoolo uscire dal cerchio. Il vincitore si teneva tutte le biglie. Prima dell’inizio di ogni partita le discussioni su quale gioco giocare che terminavano invariabilmente con il più deciso che diceva agli altri ”chi vuol giocare a garo (o a palmo e scontro) metta il dito qui sotto!” alzando una mano con il palmo rivolto al terreno e noi tutti lì con il dito.

PALLINE

Le palline si usavano invece quasi esclusivamente in spiaggia, ma occorreva una spiaggia ampia, Marinella ad esempio, per poter tracciare il percorso, generalmente con il sedere di un bambino, meglio una bambina perché più leggera da trainare. A seconda del fondoschiena si ottenevano piste diverse, più larghe o più strette, più profonde o più lievi. Alle volte si alternavano i sederi per ottenere un percorso più accidentato. Le piste migliori perché più dure si ottenevano sul bagnasciuga, ma spesso si giocava anche sulla sabbia asciutta che consentiva più inventiva. Ognuno si sceglieva il proprio idolo a seconda del tipo di pista (Panizza, Gimondi, Beccia, Moser, ecc). Diversamente dalle biglie, era ammesso solo il tiro con il dito medio ed il pollice (o l’indice ed il pollice), il pollice da solo per i tiri brevi, prima di una curva ad esempio. Se si usciva dalla pista, si riposizionava la pallina nel punto da cui si era effettuato il tiro sbagliato e si passava il turno. Era assolutamente vietato tagliare le curve. Vinceva chi raggiungeva per primo il traguardo dopo un numero prestabilito di giri.

GALLERIA FOTOGRAFICA

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