LA SPEZIA E LA GUERRA DI LIBERAZIONE

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I PRIMI MESI DOPO L'8 SETTEMBRE 1943

La città di La Spezia nella guerra di liberazione 1943-1945 ha dato un importante contributo alla patria. Basti pensare che la vicinanza alla linea Gotica, la presenza dell’Arsenale Militare e le numerose industrie belliche hanno fatto si che la città subisse numerosi bombardamenti; infatti dopo Rimini, La Spezia è considerata la seconda città italiana che in proporzione alla sua grandezza ha subito più distruzione nella seconda guerra mondiale.Per parlare di resistenza anche nella nostra provincia, bisogna sicuramente raccontare quello che è successo l’8 settembre 1943. Con il comunicato del Maresciallo Badoglio che annunciava l’armistizio con gli anglo-americani e quindi la fine dell’ostilità, iniziano in Italia dei giorni di grande confusione tra tutti gli italiani. Anche nella nostra zona subito dopo aver sentito il messaggio via radio ci fu gioia e tripudio, ma ci fu pure a mente più serena, un senso confuso, il presentimento di avvenimenti poco lieti. Molti marinai imbarcati nelle navi ormeggiate nel arsenale, tentarono il ritorno alle città e paesi d’origine, altri invece tolte le divise di militari trovavano ospitalità tra le famiglie contadine in cambio delle loro braccia per lavorare. Molte notizie che giungevano come sbarchi alleati a nord di Roma erano false o poco chiare. Nei giorni successivi seguì l’occupazione tedesca che appariva parecchio strana da parte della popolazione che credeva che potesse essere solo una breve parentesi prima dell’arrivo degli angloamericani. I lunghi anni del fascismo che avevano lasciato uno spazio limitato all’opposizione clandestina, non fecero altro che far aumentare il risentimento di molti. I primi movimenti di resistenza, composti quindi da ufficiali, soldati, studenti, operai, contadini, furono inizialmente rivolti a comprare e raccogliere le prime armi. Così fece anche la Brigata “Cento Croci” che iniziò con una decina di moschetti, due pistole e quattro bombe a mano. Raccolte le prime armi iniziano anche le prime azioni per disarmare i presidi tedeschi e le caserme della Guardia Nazionale della Repubblica di Salò situate lungo le rotabili della Cisa, del Bracco, delle Cento Croci. Queste azioni fruttavano nuove armi e a volte nuovi uomini. Tra le prime formazioni, si costituisce nello Zerasco la Brigata d’assalto “Lunigiana”. Già agli inizi del 1944 ci sono molte persone nelle file partigiane, e si verificano anche i primi caduti.

L’ATTIVITA’ OPERATIVA DAL LUGLIO 1944 A FINE MARZO 1945

Nel Luglio del 1944 l’ormai costituito C.L.N.P. Comitato di Liberazione Nazionale dalla provincia spezzina affida al colonnello Mario Fontana il compito di organizzare e coordinare i partigiani della IV zona operativa. Veniva così costituita la 1° Divisione “Liguria”. La IV zona comprendeva tutta la provincia della Spezia più qualche comune di Massa, praticamente tra il mare, il fiume Magra e il monte Gottero. Mario Fontana apportava al movimento partigiano una competenza militare, per di più una grande esperienza in fatto di guerriglia, e forgiava a sua somiglianza i propri ragazzi. Imponeva il rispetto per nemici e alleati, la calma, e un intima e fraterna collaborazione con le popolazioni delle quali i partigiani dovevano essere a diretto contatto. Il colonnello “Turchi” dal nome di battaglia, accettò con entusiasmo l’incarico datogli. Fascisti e tedeschi per catturarlo, imprigionarono persino la moglie per ricattarlo. I primi di agosto furono caratterizzati da un duro rastrellamento che coinvolse l’intera zona della vallata Taro a quella del Magra, dalla Via Aurelia alla rotabile Sesta Godano - Passo delle Cento Croci e che provocò oltre 120 partigiani caduti. Solo la Brigata Cento Croci offrì una resistenza organizzata battendosi valorosamente al Passo delle Cento Croci ed a Monte Scassella ed un Reparto della Colonna Giustizia e Libertà, resistette eroicamente ai Casoni contro forti colonne avversarie. Tale azione che aveva dimostrato l’intera incapacità delle bande di sostenere un combattimento, fece procedere i Comandanti e Commissari alla ricostruzione morale, disciplinare e militare delle bande. Nel campo operativo viene concessa alle singole Brigate una larga autonomia nella zona a ciascuno assegnata, autonomia non solo di carattere militare, ma particolarmente amministrativa, riservando al Comando della IV Zona la decisione di operazioni coordinate e l’emanazione di direttive nei restanti campi qualora la situazione imponesse l’impiego simultaneo di più Brigate. Durante tale periodo di riorganizzazione effettuato attraverso enormi difficoltà, la necessità di elevare il morale e di ridare fiducia ai Patrioti consigliò di autorizzare le bande a svolgere colpi di mano contro elementi tedeschi, Brigate Nere, effettuare azioni di sorpresa sulle vie di comunicazione e atti di sabotaggio sempre però dopo una accurata preparazione e collaborazione tra le Brigate. I risultati di tali azioni furono abbastanza positivi, 48 morti tra le file nazifasciste, 92 feriti e 86 prigionieri. Se pur le perdite partigiane furono 51, ci furono armi e materiali catturati, caserme occupate e ponti e viadotti distrutti. La vittoria più grande fu però riaver ottenuto tra i Patrioti fiducia e sicurezza. Il nemico ebbe la sensazione che l’azione dei primi di agosto non aveva avuto altro risultato che quello di rafforzare la Compagine dei Reparti Patriottici rendendoli più forti di prima. La zona raggiungeva la forza di più di 2500 uomini suddivisi così:

BRIGATACOMANDANTECOMMISSARIO
MUCCINI FEDERICO ANDREA
CENTO CROCI
GIUSTIZIA E LIBERTÀ
MATTEOTTI
GRAMSCI
VANNI
BATTAGLIONE INTERNAZIONALE

Verso gli ultimi mesi del 1944 si precisò per ogni Brigata la zona operativa e la zona di influenza. Le Brigate furono suddivise in distaccamenti che difficilmente superavano la forza di 50 uomini. Tutta la regione fu così comparsa di piccoli nuclei che pur non offrendo presa ai nazifascisti obbligarono questi in caso di azione a presentarsi in forze rilevanti per la possibilità di rapida riunione dei singoli distaccamenti e la partecipazione alla lotto di restanti Brigate secondo gli ordini del Comando di Zona. Questa dislocazione ed un intenso servizio informativo offriva la sicurezza di rendere impossibile un’azione di sorpresa in grande stile dei nazifascisti. L’8 ottobre del 1944 si verificò un altro rastrellamento, effettuato da un totale di 4000 uomini dei reparti alpini, della X° flottiglia MAS (che avevano una presenza consistente a La Spezia), di Brigate Nere e di tedeschi.Ebbero la meglio però i partigiani che se pur con 47 tra morti, feriti e prigionieri nella Brigate Vanni, nel Battaglione Val di Vara della colonna G.L. riuscirono e far registrare nelle file dei nemici oltre un centinaio tra morti e feriti. La cosa bella è che il nemico dovette ripiegare inseguito dai patrioti sino alla zona del piano. Intanto con l’avvicinarsi del inverno le condizioni di vita venivano sempre più difficili. I viveri erano insufficienti, e chiedere alla popolazione in continuazione aiuto voleva dire rendere anche la vita impossibile a migliaia di sfollati. Per provvedere a questo problema il Comando della IV Zona inviò in licenza quei partigiani che potevano vivere presso le loro case provvedendo a loro stessi. Questa soluzione però non durò a lungo perché molti giovani erano ormai ricercati dagli elementi nazifascisti. Il giorno 10 novembre è da registrare un altro rastrellamento che veniva effettuato da circa 2500 uomini nella zona delle Brigate Matteotti e Gramsci. Continuato sino al giorno dopo i caduti tra i partigiani furono 9 e una decina di feriti. Intanto da parte alleata le operazioni militari rallentavano, e infatti poco dopo veniva emanato dal generale Alexander un messaggio che faceva comprendere che ci sarebbe sopravvenuta la fase di stasi invernale. Nell’animo dei patrioti ed in quello delle popolazioni delle zone montane subentrò un senso di sconforto, infatti un inverno sui monti nelle precarie condizioni in cui ci si trovava, con la dura ma necessaria disciplina di razionamento perché non si potavano mettere alla fame le popolazioni del luogo che tanto avevano gia dato per le formazioni patriottiche, costituivano anche per i Comandanti motivi di forti preoccupazioni. L’inverno era un importante problema, infatti oltre ai viveri che erano meno degli altri periodi, bisognava tenere anche in considerazione che gli alberi ormai spogli non offrivano più la possibilità di nascondersi durante i forti rastrellamenti e che i materiali non potevano rimanere all’aperto per le condizioni atmosferiche. Da quel periodo iniziò il vero calvario dei partigiani che fa comprendere però la grande fede e l’eroismo dei Patrioti della IV Zona. Fu proprio negli ultimi giorni di novembre che un forte rastrellamento cadde sui Reparti della riva sinistra del Magra. Malgrado ciò dalle formazioni partigiane vennero effettuate le seguenti operazioni:

  • occupazione del passo delle Cento Croci e rafforzamento della zona di Varese con azioni di sabotaggio ai ponti della strada Sesta Godano - Cento Croci;
  • azioni di disturbo in città effettuate da nuclei arditi tratti dalle singole formazioni;
  • sabotaggio di una bettolina carica di munizioni fatta saltare nel porto di La Spezia;
  • attacco nella città di Sarzana alla caserma delle Brigate Nere;
  • attacco verso Cassana ad una autocolonna nazifascista con la completa distruzione della stessa. Perdite avversarie 7 morti, 5 feriti, 15 prigionieri;
  • sabotaggio al Ponte di Brugnato, a quello di Bocca Pignone e ad altre opere d’arte stradali;
  • intensificazione della guerriglia notturna e diurna sulle strade contro colonne e autocarri isolati.

Il Comando della IV Zona per potenziare il morale dei reparti ordinò la costituzione delle V.A.L. (volontari Arditi della Libertà). A questi reparti costituiti da uomini temprati ad ogni insidia, venivano affidati i compiti più ardui e le missioni più delicate. Di pari passo con i provvedimenti di carattere militare venivano compiuti nuovi progressi per la soluzione di problemi di carattere amministrativo. Vengono creati i tribunali Civili e Militari di Divisione; vengono emanate disposizioni per i prevalenti e per le requisizioni dei viveri. Si provvede agli ammassi della farina di castagne, base essenziale della razione viveri del Patriota durante l’inverno 1944-1945. Si inizia così la gloriosa vicenda della “Santa Pattona Nazionale” che porterà però gli uomini sia pure in non florida salute sino alla primavera liberatrice. I Commissari Politici ricevono ordini di intensificare l’azione di controllo sugli uomini sviluppandone il senso morale e disciplinare. Il Comando della Zona si oppone energicamente a qualsiasi interferenza di partito sotto qualunque specie essa venga svolta. Da ultimo si rafforzano i collegamenti con i Comandi vicini e con il Comando Regionale Liguria in modo da unificare con le altre zone l’azione comune. Un regolamento di Disciplina il quale comprendi tutte le norme per la vita e per il funzionamento dei Reparti viene compilato a cura del Comando e rigorosamente applicato nell’interno delle unità. Tale regolamento si propone particolarmente il compito di portare i partigiani della IV Zona ad una forma disciplinare capace di trasformare il “ribelle” in soldato della montagna. La eventualità di rastrellamenti in forza durante la stagione invernale con i boschi completamente spogli e la neve che avrebbe rilevato le tracce, con temperature molto basse facevano venire la necessità di ritirarsi nei più alti monti della zona. Tali monti però non offrivano alcuna possibilità di vita. Da ciò la necessità di predisporre altre misure precauzionali. Vennero così creati nascondigli per uomini, per viveri, per munizioni; tutte le unità ricevettero l’ordine di preparare vettovaglie di riserva a secco. Vennero richieste infine alle missioni Alleate lanci di materiali sanitari e di equipaggiamenti invernali. l servizio sanitario fu perfezionato. Gli Ospedaletti da campo sorti dal nulla offrirono agli ammalati e ai feriti quel minimo di conforto che si poteva dare loro. Venne richiesta alla popolazione l’offerta di indumenti di lana greggia, di grappa. Nella riorganizzazione dei Reparti questi furono riuniti in due divisioni: 1° Divisione Liguria “Monte Picchiara” 2° Divisione Liguria “Cento Croci” Nelle prime ore del giorno 19 dicembre 1944 veniva segnalato che Reparti della X° MAS, di Brigate Nere e tedeschi stavano spingendosi in direzione di Brugnato e Bozzolo. Una pattuglia nemica raggiungeva l’abitato di Cornice. Venivano dislocate unità di patrioti per ostacolare ogni eventuale tentativo nemico di ulteriore avanzata lungo la vallata del Mangia mentre con altre unità si iniziava una azione controffensiva. Reparti nemici attaccati al ponte di Brugnato, dopo breve lotta, ripiegavano passando il Vara sotto i colpi delle nostre pattuglie. A tale ripiegamento faceva seguito quello delle restanti truppe nazifasciste. La puntata costava all’avversario 12 morti e numerosi feriti. Continuavano intanto le operazioni per molestare ed ostacolare il transito, continuavano sabotaggi, attacchi a caserme, attentati contro elementi fascisti e tedeschi sin nel cuore della città. Il nemico sentiva dovunque la presenza del Patriota e percorreva molto a malincuore le vie di comunicazione ponendo cartelli un po’ dappertutto indicanti che la zona era infestata da “ banditi “. A Spezia, le caserme divenivano fortini; reticolati e mine proteggevano le abitazioni delle Brigate Nere. Uffici si aprivano per completare l’organizzazione nazifascista antipartigiana. Lo spionaggio guadagnava nuovi elementi femminili e maschili che si portavano con mille espedienti sui monti per riconoscere sedi di comando, Formazioni, armamento, ecc. Gli apparecchi da trasporto americani ed inglesi lanciavano ai patrioti della IV Zona armi e munizioni ma i tedeschi lo sapeva e si preparavano all’azione decisiva. Il 29 dicembre 1944 una colonna nemica di circa 500 uomini attaccava Valletti nella zona di Varese Ligure, sede del Comando della Brigata Coduri; dipendente dalla VI Zona. Veniva incendiato il villaggio, ucciso il parroco e razziato il bestiame. Il 30 Dicembre la divisione “Cento Croci” si portava di iniziativa sul posto e con ardite puntate molestava l’avversario che nello stesso giorno si ritirava sul crinale passo del Bocco-Cento Croci. Il nemico ricevuti rinforzi penetrava il primo Gennaio nella Valle del Taro occupando Begonia. Elementi raggiungevano Tarsonio. Un’altra forte colonna veniva segnalata a Carrodano. A Borgo Taro affluivano rinforzi tedeschi. A Pontremoli si ammassavano truppe. Movimenti e ricognizioni venivano segnalati un po’ da per tutto. Si combatte violentemente dovunque; le unità patriottiche accettano l’azione, attaccano con elementi i fianchi delle colonne nemiche; si disperdono per riconcentrarsi in alta zona. Periodo di lotta, di eroismi e di martirio. La temperatura bassa, la neve alta oltre 50 centimetri, sentieri ghiacciati, i boschi spogli rendono la vita molto critica ai patrioti che si rendono protagonisti però anche di eroismi. Le popolazioni in massa, salvo rare eccezioni, fanno quanto possono. Marce lunghissime con calzature deficienti provocano congelamenti. Le Brigate continuano però a combattere infliggendo gravi perdite all’avversario. Nella notte tra il 31 ed il primo gennaio reparti della colonna Giustizia e libertà e della Gramsci attaccano l’intera zona della Via Aurelia da Padivarma a Carrodano. L’azione brillantissima produce gravi perdite all’avversario. Il giorno 20 gennaio ha inizio il grande tentativo nazifascista per distruggere l’intera organizzazione della IV Zona. Gli ordini e le direttive alle Brigate Patriottiche erano stati emanati. I materiali ingombranti predisposti per l’occultamento. La difesa portò alla vittoria più grande che le forze della IV Zona abbiano potuto raggiungere. L’avversario aveva riunito nella zona Reparti della IV Divisione di Fanteria tedesca, Reparti da Montagna tedeschi, alpini della Monterosa, bersaglieri della Divisione Italia, Brigate nere di Carrara, di Spezia, di Chiavari, della X Flottiglia MAS, degli Antisom e Reparti mongoli per un complesso di circa 20000 uomini. I reparti nemici frazionati in numerosissime colonne partendo dalle posizioni raggiunte nelle puntate offensive della prima quindicina di Gennaio, muovono all’attacco. Tutte le comunicazioni telefoniche sono interrotte. La mattina del 20, dopo una violenta preparazione di artiglieria e con mortai, masse nemiche attaccano da Bergassana, Cornice, Brugnato,Bozzolo. Le unità patriottiche di quel settore si ritirano combattendo su posizioni retrostanti. Su questa linea i capisaldi sono perduti e presi; la difesa si alterna con il contrattacco ma le Brigate partigiane non cedono. Ragazzi di 16 anni, sotto il tiro delle artiglierie, dei mortai pesanti, stanno a fianco dei vecchi partigiani più esperti nella lotta. Interi Reparti non potendo più mantenere la posizione occupata si lanciano avanti ed occupano la posizione avversaria. Intanto colonne nazifasciste hanno occupato il Monte Scassella (m 1075),vicino Varese e altre da Pontremoli sono giunte a Coloretta lungo la Val Gordana; Rossano è occupata. Nel Calicese reparti nemici giungono un po’ da per tutto. I paesi sono lasciati alla custodia delle donne e dei bambini. Case vengono perquisite per ricercarvi uomini nascosti, armi e munizioni. Le indicazioni fornite dal servizio di spionaggio nemico portano ad arresti; anche i casolari isolati sono raggiunti da pattuglie nemiche che cercano i partigiani. Con il tramonto le Brigate delle varie zone si spostano sul Monte Antessio per raggiungere le località del Monte Groppo e Fontana Cilente che risultano ancora sgombere. In altri posti i Reparti Partigiani si disperdono a piccoli gruppi in località gia preventivamente scelte. Le truppe avversarie nei giorni successivi permangono nei paesi in modo da obbligare i partigiani a vivere sui monti all’aperto e senza viveri; le loro puntate però cadono nel vuoto; i loro movimenti sono spiati e riferiti. Partigiani in camice bianco (per mimetizzarsi con la neve) osservano l’avversario e lo seguono; le staffette tra cui molte donne raggiungono le formazioni portando cibo e notizie. Dopo aver vagato così nel vuoto, sfogando la loro rabbia contro inermi cittadini, le colonne avversarie desistono dalla lotta ed il 29 gennaio gli ultimi reparti lasciano il territorio della IV Zona. Nell’animo di tutti, borghesi e Partigiani grandi e piccoli, vi è la sicurezza di aver vinto. Purtroppo la vittoria è costata molto cara. Le perdite superano i 200 uomini tra morti, feriti, congelati e prigionieri. L’avversario deve lamentare perdite materiali calcolate sulle 300 unità ma più di tutto ha perso la fiducia. Ufficiali tedeschi hanno chiaramente fatto comprendere che la lotta contro i partigiani era lo lotta più dura che avessero mai combattuto. Questa azione preparata lungamente ed accuratamente eseguita con enormi forze dotate di moderno materiale da guerra, condotta con decisa volontà di liquidare definitivamente le formazioni di patrioti della IV Zona, costituisce un definitivo ed inglorioso scacco di tutte le speranze fasciste. Sono 20000 uomini stupendamente armati che dopo un mese di lotta vengono irreparabilmente gettati sulle posizioni di partenza da 2000 patrioti che oltre al loro coraggio, alla loro fede, al loro spirito di sacrificio, al desiderio di immolarsi per i principi della libertà, non avevano che armi portatili individuali talune delle quali , come gli sten, li obbligava a “buttarsi sotto” per poterle usare.