LE ARSELLE DI FOSSAMASTRA

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Versione delle 14:21, 9 lug 2011

LE ARSELLE All’inizio della primavera, nel periodo delle basse maree, nelle belle giorna- te riscaldate dal tiepido sole, era la stagione della raccolta (o pesca) delle arselle, appetitosi frutti di mare che, raccolti, venivano messi in un recipiente con ac- qua di mare pulita, ricambiandola due/tre volte al giorno, per alcuni giorni, in modo da espellere tutta la sabbia che avevano ingurgitato. A sua volta, venivano lavate con acqua dolce e messe in un tegame con ab- bondante olio, i dovuti aromi e cotte a fuoco lento. Ne usciva una succulenta e gustosa zuppa. Sovente le famiglie della zona ne facevano uso anche come fonte di risparmio dell'allora modesto tenore di vita.

ARSELLE.jpg

Con noi ragazzi vi erano persone adulte; molti venivano da altri borghi vici- ni; la ragione era che Fossamastra, per le arselle, era la zona piu pescosa di tutto il golfo spezzino. La pesca veniva effettuata nelle acque basse, e cioè fino al mas- simo di mezzo metro di altezza dal fondo marino; le acque dovevano essere chiare. In prima cosa, sulla sabbia, fra i tanti forellini, bisognava riconoscere quelli lasciati dai cornetti tubolari, da dove aspirano acqua le arselle per alimentarsi. Individuati, mettevamo l’indice vicino a questi e a pochi centimetri sotto senti- vamo se vi era l’arsella che, scalzandola, tiravamo fuori dalla sabbia. Un’altro sistema era questo: dove l’acqua arrivava di poco sopra il ginoc- chio, ci si metteva con le gambe divaricate e chini sul dorso, con l’ausilio di una tavoletta della misura di centimetri 3O per 15, stretta forte da un lato con le mani, con forza per più volte gli facevamo sfiorare il fondo; in quel modo, annaspando velocemente, si creava un vortice d’acqua che asportava la sabbia, portandola dietro alle nostre spalle, mettendo cosi allo scoperto le arselle; rac- colte queste, ci spostavamo quel tanto che bastava per ripetere l’operazione. Una parte di esse veniva mangiata in famiglia (come accennavo sopra) ma le più venivano vendute ad una commerciante che si chiamava Borio Maria; abitava alle casette rosse del Canaletto al lato mare vicino all’attuale Societa spor- tiva «La Vela» (eravamo nel 1932).


Prima di pesarle faceva una cernita: le più piccole ce le pagava ottanta cente- simi al kg., le altre una lira. Il ricavato lo davamo ai nostri genitori che ci lascia- vano quelli per andare alla domenica al cinema; di solito si andava al Canaletto al cinema Garibaldi, che era di fronte all’attuale scuola elementare, anche per- ché era il locale cinematografico più vicino. Prima di entrare, ci compravamo, da un vecchietto che aveva una bancarella innanzi all’entrata, delle tascate di noccioline americane, bruscolini e castagne secche che rosicchiavamo per tutta la durata del film, con il disappunto di quelli che erano seduti vicino. Il più delle volte, per non sentire quel fastidioso sgranocchiare, si alzavano e si allontanavano cambiando di posto.

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