QUARTIERE UMBERTO I

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Le case costruite su progetto del Genio, ad opera del colonnello ing. Ferdinando Spegazzini, furono 123, ciascuna a 4 piani, per un totale di 992 alloggi, di cui 320 riservati a quanti intendevano riscattare la proprietà delle abitazioni dietro il versamento di quote mensili.
Le case costruite su progetto del Genio, ad opera del colonnello ing. Ferdinando Spegazzini, furono 123, ciascuna a 4 piani, per un totale di 992 alloggi, di cui 320 riservati a quanti intendevano riscattare la proprietà delle abitazioni dietro il versamento di quote mensili.
L'intervento fu realizzato nel tempo record di soli 3 anni dal 1886 al 1889, sotto la supervisione del prefetto di Genova Ramognini, e fu affidato all'impresa milanese Mazzorin-Boccolari che protrasse i lavori però fino al 1890. Il brevissimo tempo impiegato per la realizzazione di questo quartiere, che riuscì ad integrare il suo tessuto con quello della città storica, conferì un primato nazionale alla Spezia e la successiva espansione verso Rebocco e la collina di Gaggiola, dove si insediò, nei primi del Novecento, il 21mo reggimento di fanteria, trasformò l'area da periferica a centrale. Fin dal livello progettuale il quartiere ha cercato il collegamento con la città; infatti diversamente dai villaggi e dalle città operaie autonome, non fu autosufficiente, anzi ebbe il suo cuore nella [[PIAZZA BENEDETTO BRIN|Piazza Benedetto Brin]], con la [[NOSTRA SIGNORA DELLA SCORZA|chiesa della Scorza]] e i palazzi lasciati all'edificazione privata e fu centrato sull'asse urbano di [[CORSO CAVOUR|Corso Cavour]]. A livello edilizio, la soluzione ha puntato alla concentrazione delle unità abitative in blocchi con standard qualitativi modesti, sia interni che esterni. La casa-tipo del '''quartiere Umbertino''' prevede 16 alloggi serviti da due corpi di scale e distribuiti su quattro piani, compreso il rialzato. Le case si organizzano in isolati rettangolari, caratterizzati dal cortile longitudinale centrale, e definiti da una maglia viaria, rigorosamente ortogonale. Le facciate, scandite solo dalle fasce marcapiano e dalle riquadrature delle finestre dipinte a chiaroscuro, oltre alle sagomature dei portoni su strada, con soglie, stipiti ed archivolti in pietra, risultano semplici, ma non sgradevoli, semmai monotone nella loro ripetitività. Nel progetto iniziale dell'ing. A. Raddi, ogni edificio avrebbe dovuto avere un giardino, ma per la difficoltà di realizzare fabbricati ad un solo piano, si pensò di creare vasti cortili alberati, di larghezza da 25 a 30 metri, più larghi delle strade contenute in soli 10 m, dotati di lavatoi, così importanti per gente operaia venuta dalla campagna, chiuse da cancelli in ferro sulle testata. Successivamente vennero divelti i lavatoi, il Comune vendette parte delle aree di testata a privati per erigere abitazioni ed anche officine, nacquero anche muri di cinta sul cortile e l'area comunale operaia si ridusse ad arido spazio.
L'intervento fu realizzato nel tempo record di soli 3 anni dal 1886 al 1889, sotto la supervisione del prefetto di Genova Ramognini, e fu affidato all'impresa milanese Mazzorin-Boccolari che protrasse i lavori però fino al 1890. Il brevissimo tempo impiegato per la realizzazione di questo quartiere, che riuscì ad integrare il suo tessuto con quello della città storica, conferì un primato nazionale alla Spezia e la successiva espansione verso Rebocco e la collina di Gaggiola, dove si insediò, nei primi del Novecento, il 21mo reggimento di fanteria, trasformò l'area da periferica a centrale. Fin dal livello progettuale il quartiere ha cercato il collegamento con la città; infatti diversamente dai villaggi e dalle città operaie autonome, non fu autosufficiente, anzi ebbe il suo cuore nella [[PIAZZA BENEDETTO BRIN|Piazza Benedetto Brin]], con la [[NOSTRA SIGNORA DELLA SCORZA|chiesa della Scorza]] e i palazzi lasciati all'edificazione privata e fu centrato sull'asse urbano di [[CORSO CAVOUR|Corso Cavour]]. A livello edilizio, la soluzione ha puntato alla concentrazione delle unità abitative in blocchi con standard qualitativi modesti, sia interni che esterni. La casa-tipo del '''quartiere Umbertino''' prevede 16 alloggi serviti da due corpi di scale e distribuiti su quattro piani, compreso il rialzato. Le case si organizzano in isolati rettangolari, caratterizzati dal cortile longitudinale centrale, e definiti da una maglia viaria, rigorosamente ortogonale. Le facciate, scandite solo dalle fasce marcapiano e dalle riquadrature delle finestre dipinte a chiaroscuro, oltre alle sagomature dei portoni su strada, con soglie, stipiti ed archivolti in pietra, risultano semplici, ma non sgradevoli, semmai monotone nella loro ripetitività. Nel progetto iniziale dell'ing. A. Raddi, ogni edificio avrebbe dovuto avere un giardino, ma per la difficoltà di realizzare fabbricati ad un solo piano, si pensò di creare vasti cortili alberati, di larghezza da 25 a 30 metri, più larghi delle strade contenute in soli 10 m, dotati di lavatoi, così importanti per gente operaia venuta dalla campagna, chiuse da cancelli in ferro sulle testata. Successivamente vennero divelti i lavatoi, il Comune vendette parte delle aree di testata a privati per erigere abitazioni ed anche officine, nacquero anche muri di cinta sul cortile e l'area comunale operaia si ridusse ad arido spazio.
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Per la massa di gente senza lavoro che, allontanatasi dai paesi di origine, continuava ad affluire alla Spezia vennero destinati successivamente i cantinati; da ripostigli delle famiglie, essi diventarono alloggi senza canne fumarie e senza gabinetti, capaci di ricoverare non meno di duecento operai della classe inferiore; la finestrina del cortile fu trasformata a porta di accesso e i cortili vennero dotati di due latrine.
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Sconvolta risultò anche la fisionomia sociale del quartiere. Durante la seconda guerra comparvero nei cortili gli “orticelli di guerra” voluti
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dal regime. A guerra finita gli spazi ancora liberi vennero edificati ed oggi, divelti i vecchi lavatoi, le aree risultano destinate a parcheggi; i numerosi risanamenti e le ristrutturazioni in alcuni casi hanno poi trasformato alcuni caseggiati a blocco in case “in linea”, con colorazioni diverse e linea di gronda spezzata, secondo una tipologia estranea storicamente al contesto, come le case comunali di Via Napoli. Restano a testimonianza del passato soltanto i due cortili dei Salesiani. Attualmente il quartiere sta attraversando un periodo di degrado sociale e urbano, dovuto a fenomeni di forte immigrazione, cui si sta cercando di porre rimedio con progetti di riqualificazione, metodologicamente innovativi, per la richiesta del consenso degli abitanti e delle diverse organizzazioni operanti nel quartiere. Le proposte di rivitalizzazione del quartiere e di riappropriazione dello stesso da parte degli abitanti cercano fra l'altro di ovviare alla mancata presenza di fondi da destinarsi ad attività artigianali e commerciali, puntando anche su nuove attività ricreativo-sociali e sulla revisione della viabilità.
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Versione delle 16:16, 7 apr 2012

QUARTIERE UMBERTO I

In Dialetto: QUARTIERE UMBERTINO
Quartiere UMBERTINO I.png
Nazione: Flag ita.gif
Regione: LIGURIA
Provincia: LA SPEZIA
Comune: LA SPEZIA
Vie Storiche:
Monumenti:
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Il quartiere Umbertino sorge in località Piandarana, il cui toponimo fa presumere l'esistenza di antichi stanziamenti o una località con stagni; la zona “in ariana, plano de ariana”, include tutta la parte alta della città, a monte di Viale Garibaldi , mentre il quartiere Umberto I occupa una porzione regolare tra Viale Giuseppe Garibaldi, Viale Amendola (ex V.le Savoia), V.le Ferrari (ex V.le Regina Margherita) e il rilevato della stazione ferroviaria. Inaugurato dallo stesso re d'Italia Umberto I, il 15 agosto 1889, testimonia la risposta al problema abitativo e a quello di salute pubblica che La Spezia, nei decenni dal '60 al '90, andava conoscendo a seguito della forte richiesta di lavoro e dello sviluppo demografico causato dalla costruzione dell'Arsenale. Le premesse per la realizzazione del Quartiere furono poste dal piano regolatore del 1871 e già nel 1873 il ministro della Marina Saint Bon progettò la costruzione di alloggi per almeno mille famiglie operaie. Il consenso immediato del Comune è testimoniato dalla proposta di cedere allo Stato, a titolo gratuito, 6000 mq d'aree (3000 per le case, 3000 per le vie e le piazze fra le vie Militare, di Circonvallazione e di Genova) oltre alla costruzione delle strade, dei lavatoi pubblici (i “tregi”) e degli impianti, in modo da assicurare uno sviluppo omogeneo della città. Lasciata cadere la proposta essa tornò di attualità nel 1884, quando un'epidemia di colera si propagò in città evidenziando i gravi problemi igienici, come la mancanza di fognature , l'inadeguatezza della rete idrica e la coabitazione e il sovraffollamento, oltre ai pericoli per la sicurezza e l'ordine pubblico, assolutamente indifferibili per una piazzaforte militare. Passato il colera e soppresso il lazzaretto, destinato a caserma e ospedale per la Marina, si accelerò la convenzione tra Regia Marina ed Amministrazione Comunale, conclusa il 10 gennaio 1885. Il Comune si accollò la spesa molto gravosa delle aree e delle costruzioni, delle fognature e delle strade e si sobbarcò l'onere della manutenzione a vita; lo Stato per parte sua si impegnò a versare, ad integrazione del canone di affitto mensile a carico degli inquilini, una quota fissa di 35 centesimi al giorno per ogni alloggio per vent'anni, quota che non venne mai adeguata all'aggravio di spese. Successivamente l' Amministrazione Comunale decise nel 1892 l'impianto di una rete tranviaria per i trasporti pubblici e nel 1899 la sostituzione dell'illuminazione a gas con quella elettrica. Le case costruite su progetto del Genio, ad opera del colonnello ing. Ferdinando Spegazzini, furono 123, ciascuna a 4 piani, per un totale di 992 alloggi, di cui 320 riservati a quanti intendevano riscattare la proprietà delle abitazioni dietro il versamento di quote mensili. L'intervento fu realizzato nel tempo record di soli 3 anni dal 1886 al 1889, sotto la supervisione del prefetto di Genova Ramognini, e fu affidato all'impresa milanese Mazzorin-Boccolari che protrasse i lavori però fino al 1890. Il brevissimo tempo impiegato per la realizzazione di questo quartiere, che riuscì ad integrare il suo tessuto con quello della città storica, conferì un primato nazionale alla Spezia e la successiva espansione verso Rebocco e la collina di Gaggiola, dove si insediò, nei primi del Novecento, il 21mo reggimento di fanteria, trasformò l'area da periferica a centrale. Fin dal livello progettuale il quartiere ha cercato il collegamento con la città; infatti diversamente dai villaggi e dalle città operaie autonome, non fu autosufficiente, anzi ebbe il suo cuore nella Piazza Benedetto Brin, con la chiesa della Scorza e i palazzi lasciati all'edificazione privata e fu centrato sull'asse urbano di Corso Cavour. A livello edilizio, la soluzione ha puntato alla concentrazione delle unità abitative in blocchi con standard qualitativi modesti, sia interni che esterni. La casa-tipo del quartiere Umbertino prevede 16 alloggi serviti da due corpi di scale e distribuiti su quattro piani, compreso il rialzato. Le case si organizzano in isolati rettangolari, caratterizzati dal cortile longitudinale centrale, e definiti da una maglia viaria, rigorosamente ortogonale. Le facciate, scandite solo dalle fasce marcapiano e dalle riquadrature delle finestre dipinte a chiaroscuro, oltre alle sagomature dei portoni su strada, con soglie, stipiti ed archivolti in pietra, risultano semplici, ma non sgradevoli, semmai monotone nella loro ripetitività. Nel progetto iniziale dell'ing. A. Raddi, ogni edificio avrebbe dovuto avere un giardino, ma per la difficoltà di realizzare fabbricati ad un solo piano, si pensò di creare vasti cortili alberati, di larghezza da 25 a 30 metri, più larghi delle strade contenute in soli 10 m, dotati di lavatoi, così importanti per gente operaia venuta dalla campagna, chiuse da cancelli in ferro sulle testata. Successivamente vennero divelti i lavatoi, il Comune vendette parte delle aree di testata a privati per erigere abitazioni ed anche officine, nacquero anche muri di cinta sul cortile e l'area comunale operaia si ridusse ad arido spazio. Per la massa di gente senza lavoro che, allontanatasi dai paesi di origine, continuava ad affluire alla Spezia vennero destinati successivamente i cantinati; da ripostigli delle famiglie, essi diventarono alloggi senza canne fumarie e senza gabinetti, capaci di ricoverare non meno di duecento operai della classe inferiore; la finestrina del cortile fu trasformata a porta di accesso e i cortili vennero dotati di due latrine. Sconvolta risultò anche la fisionomia sociale del quartiere. Durante la seconda guerra comparvero nei cortili gli “orticelli di guerra” voluti dal regime. A guerra finita gli spazi ancora liberi vennero edificati ed oggi, divelti i vecchi lavatoi, le aree risultano destinate a parcheggi; i numerosi risanamenti e le ristrutturazioni in alcuni casi hanno poi trasformato alcuni caseggiati a blocco in case “in linea”, con colorazioni diverse e linea di gronda spezzata, secondo una tipologia estranea storicamente al contesto, come le case comunali di Via Napoli. Restano a testimonianza del passato soltanto i due cortili dei Salesiani. Attualmente il quartiere sta attraversando un periodo di degrado sociale e urbano, dovuto a fenomeni di forte immigrazione, cui si sta cercando di porre rimedio con progetti di riqualificazione, metodologicamente innovativi, per la richiesta del consenso degli abitanti e delle diverse organizzazioni operanti nel quartiere. Le proposte di rivitalizzazione del quartiere e di riappropriazione dello stesso da parte degli abitanti cercano fra l'altro di ovviare alla mancata presenza di fondi da destinarsi ad attività artigianali e commerciali, puntando anche su nuove attività ricreativo-sociali e sulla revisione della viabilità.

GALLERIA FOTOGRAFICA

Progetto del Quartiere Umbertino (da A. Raddi, 1891 in “La Spezia” P. Cevini, 1989)
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