STATUE STELE

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Versione delle 07:01, 16 set 2011, autore: Paolo (Discussione | contributi)
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Sala delle statue stele del museo del Castello del Piagnaro

Il mistero é la loro essenza. Sono le statue-stele — impropriamente dette statue-menhir e più riduttivamente "stele antropomorfe" — emerse misteriosamente dalla notte dei tempi ed approdate, da neppure duecento anni, alla nostra civiltà. Da allora, da quando cioè la zappa o la vanga di un agricoltore rivoltando una zolla porta per la prima volta in luce, il 29 dicembre 1827, a Zignago di Lunigiana, una statua-stele considerata l'autorevole capostipite di un intrigante "corpus" statuario (circa sessanta stele antropomorfe, l'ultima delle quali la "Venelia 2", ritrovata nel 1984), le inquietanti pietre difendono il loro segreto.

Sembra a volte che stiano per svelarlo, incalzate da qualche brillante teoria, ma poi si richiudono irrimediabilmente nell'enigma millenario.

Raccolte nelle sale suggestive ed ovattate del castello del Piagnaro, a Pontremoli, alto su un'altura ventosa che domina l'intera vallata, o nel Museo archeologico di Casola di Lunigiana o in quello della Spezia — dove nel 1866, durante i lavori di scavo per la costruzione di un bacino di carenaggio in Arsenale, furono trovate due delle statue-stele più arcaiche, che costituiscono un interessante collegamento con il più importante monumento megalitico del Golfo, il menhir di Tramonti — le misteriose pietre sembrano emanare dalle sagome tozze vagamente antropomorfe dalle orbite vuote negli inquietanti non-volti, un fascino arcano che la penombra complice del museo accresce.

Particolare cefalo di una statua stele
Due stele maschili e una femminile
Stele maschile con pugnale
Stele maschile con ascia

Distinte dagli elementi ornamentali in femminili (seni e collane) e in maschili (asce e pugnali), sono suddivise in tre gruppi — A, B e C —; ad esclusione delle due stele "spezzine", considerate "del tutto fuori dalla norma".

Le stele antropomorfe del gruppo A formano la serie più primitiva, con le teste ancora incluse al corpo, il volto ad U, gli occhi schematicamente rappresentati da due forellini, o in rilievo "a pastiglia", la bocca mancante; quelle del gruppo B hanno forme più evolute ma ci propongono il mistero della loro dissacrazione. Infatti presentano quasi tutte vistose rotture intenzionali: si pensa dapprima che questa distruzione, una vera e propria strage, fosse avvenuta in epoca cristiana, ma da studi successivi — come è risultato anche da un recente convegno internazionale sulle statue-stele tenutosi nell'aprile del 1988 alla Spezia e a Pontremoli — venne stabilito che la rottura intenzionale risale ad epoche ancora anteriori alla cristianizzazione. E dunque un altro dei numerosi enigmi che le sibilline statue ci propongono.

Infine le stele antropomorfe del gruppo C rivelano una notevole evoluzione nelle forme che culmina nella statua del guerriero della "Filetto 2" detta "Bocconi". Benchè la zona principe dei ritrovamenti sia la Lunigiana — soprattutto quel solco fra Liguria, Toscana ed Emilia costituito dalla Val di Magra dove nel corso dei millenni s'incrociarono e si fusero numerose civiltà —, le statue-stele si trovano non soltanto in altre zone d'Italia (Valtellina, Val Camonica, Alto Adige, Piemonte, Sardegna), ma nell'intero continente europeo: dalla Francia alla penisola Iberica, dall'Inghilterra all'Est europeo, vale a dire in Romania, in Bulgaria e perfino in Russia. Per gli altri ritrovamenti fare riferimento alla pagina Wikipedia

Segno chiaro dell'appartenenza, sia pure attraverso una notevole variante tipologica, ad una grande idea religiosa fondamentale che già dal III millennio avanti Cristo, trenta secoli prima della conquista e dell'egemonia romana, aveva unificato le antiche popolazioni d'Europa. "Il culto delle statue-stele — scrive Augusto C. Ambrosi studioso spezzino di fama internazionale — si diffuse dalla fine del Neolitico, ebbe il suo massimo splendore nell'età del Bronzo, per apparire poi ai primordi dell'età del Ferro in Lunigiana". Queste statue rappresentano cosi qualcosa di più di una singolarità della preistoria e della storia, ma sono elemento di primaria importanza per gettare uno spiraglio di luce su antiche popolazioni di cui si sa poco o nulla.

In Lunigiana, dove l'enigmatica stirpe di pietra ha avuto il più alto numero di ritrovamenti tanto da derivarne il nome, particolarmente ricche di reperti si sono rivelate le fasce di terreno montano fra i 150 e i 300 metri, dove ancor oggi perdurano, anche se fortemente degradate, vaste distese di castagni. In epoche pre e protostoriche, i castagni della specie domestica, introdotti dai Romani nel III secolo e negli ultimi anni dell'impero, davano posto a quelli selvatici che con altre specie di alberi — querce, faggi, frassini e, nelle zone più elevate, abeti — formavano folte ed estese selve.

I popoli antichi consideravano i boschi luoghi sacri ed appare cosi molto interessante il rapporto fra le statue-stele e l'area del castagno oggi fatiscente, coincidente con quella delle selve primordiali. II culto degli alberi e dei boschi come luogo sacro ebbe infatti una grande importanza nella storia religiosa dei popoli più antichi: furono i boschi, i primi santuari naturali dove l'uomo si raccolse per adorare i propri dei; e di questa antica sacralità rimane traccia perfino nella stessa struttura sia dei templi pagani come delle chiese cristiane, le cui colonne e navate non sono che trasfigurazioni degli ancestrali ricordi degli alberi sacri dei tempi primordiali.

Sala delle statue stele del museo del Piagnaro - Pontremoli

Ma chi furono dunque questi nostri lontani progenitori e quale significato ebbero per loro le enigmatiche statue? Idoli di antiche divinità, monumenti funebri, ritratti totemici di capi e dignitari oppure simulacri magici? Le ipotesi, nel corso degli anni, sono state tante, in un intreccio di teorie e di supposizioni, alla fine tutte o quasi sconfitte dalla impenetrabilità sibillina. Ai primi del Novecento, Ubaldo Mazzini e Manfredo Giuliani sostennero l’ipotesi dell'origine celtica delle stele, confutata, sulla base di dati cronologici e di raffronti con altri ritrovamenti avvenuti in Francia, da Ubaldo Formentini. Lo stesso studioso nel 1948 avrebbe demolita un'altra teoria, sostenuta nel 1935 da Pia Laviosa Zambotti che vide le statue-stele in collegamento con antichi popoli del gruppo "camitico-ibero-ligure" e che per prima interpreta le stele antropomorfe come espressione degli antichi culti della fecondità sacri alla Grande Madre, l'arcaica divinità mediterranea generatrice inesausta, rappresentata da idoli dalle forme abbondanti e mostruose. Proprio su questa "non-coincidenza" degli elementi, tipici delle dee della fecondità, con le caratteristiche delle statue-stele femminili lunigianesi, Ubaldo Formentini bolla come "inconcludente" l'ipotesi della Laviosa.

Si deve al Formentini l'ipotesi più suggestiva: gli straordinari blocchi di arenaria più o meno abilmente scolpiti dalle mani di artisti primitivi, oltre ad essere la prima testimonianza d'arte delle nostre zone, esprimerebbero, con la loro identificazione fra la figura umana e la pietra, un'operazione di carattere magico. Cosi le statue-stele vengono ad essere collegate con il primordiale culto della pietra — intesa come simbolo di durezza e d'incrollabilità — appartenuto alle più antiche tradizioni dell'umanità attuale. Nella pietra l'uomo arcaico vide infatti qualcosa non soltanto più duro di tutte le altre cose, ma addirittura capace di sopravvivere al tempo. Rozzamente vi cerca la possibilità di durare e di eternarsi: ne fece il simbolo dell'immortalità.

Le statue-stele, singolari simulacri magici, potrebbero essere così una sfida allo scorrere inesorabile dei giorni, una patetica e ingenua opposizione all'inevitabile morire. Nelle sale silenziose del museo, tra sapienti giochi di luci soffuse, gli "Antichi" della stirpe di pietra sembrano dunque fissarci con i loro inquietanti occhi vuoti, e dalla distanza della loro durata millenaria forse commiserarci nel nostro effimero e fragile esistere. Loro, gli Immortali.


OGGETTI PRESENTI SULLE STATUE STELE


Le statue-stele della Lunigiana sono state trovate prive di associazioni con reperti archeologici e si datano pertanto con difficoltà. Su di esse però sono raffigurati alcuni oggetti (armi, monili), che rappresentano attributi dei personaggi maschili e femminili. La forma e le caratteristiche di questi oggetti possono essere studiate per risalire alla cronologia delle statue stele, dato che si possono confrontare con oggetti rinvenuti negli scavi archeologici e datati con una certa sicurezza. Sulla base delle analogie riscontrate si può ipotizzare che l'epoca di realizzazione delle statue stele coincidesse con l'epoca in cui gli oggetti raffigurati erano effettivamente utilizzati cioé tra l'Eneolitico (gruppi A e B) e l'età del Ferro (gruppo C).


Pugnale
  • PUGNALE


Il pugnale, raffigurato sulle statue stele, sia che rappresenti un'arma di pietra che metallica, trova analogie con quelli recuperati nella necropoli di Remedello (Brescia) databile tra il 3400/3300 e il 2300/2200 a.C., cioè alla piena età del Rame. Quest'arma viene sempre raffigurata all'altezza del ventre, poco sotto le mani, in posizione orizzontale e con la punta rivolta verso sinistra. Talvolta può essere associato ad un'ascia.

Le statue stele del gruppo A presentano un tipo di pugnale a lama ogivale o triangolare, piatto, senza costolatura mediana, con manico cilindrico e pomo semicircolare che ricorda quelli dell'Europa centrale a lama ogivale e codolo piatto della civilta' di Baden. Le statue stele maschili del gruppo B, invece, sono caratterizzate dalla presenza di un pugnale a lama triangolare con o senza costolatura mediana e pomo semicircolare talvolta provvisto di ribattini. Questo tipo di arma comincia ad apparire in contesti eneolitici, ma si ritrova fino all'eta' del Bronzo antico.

Le statue stele di Gigliana e Canossa I presentano un pugnale inserito in un probabile fodero rettangolare che reca delle costolature ai lati e in un caso termina con tre cuspidi; un pugnale probabilmente da parata è raffigurato sulla statua stele di Filetto IV.


Spada
  • SPADA E PUGNALE AD ANTENNE


Il pugnale, o spada "ad antenne", presente solo sulle statue stele del gruppo C, dovrebbe datare questi monumenti attorno ai secoli immediatamente precedenti la romanizzazione (all'ultimo periodo di Hallstatt o a quelli di La Tene II o III). Il più antico sembra essere quello raffigurato sulla stele di [[Categoria:Lerici|Lerici], inquadrabile tra le spade hallstattiane di ferro ad antenne del tipo "con impugnatura cilindrica" e databile tra il tardo VII e la metà del VI sec.a.C. Esemplari più evoluti sono quelli delle statue stele di Filetto I e II, con apici ricurvi databili nei decenni centrali del VI sec.a.C.

Spesso la spada risulta applicata ad una cintura e raffigurata entro il fodero, in un caso Lerici è appesa al collo mediante un balteo.


Ascia
  • ASCIA


L'ascia, assente sulle statue stele del gruppo A, compare invece su quelle del gruppo B: è del tipo a margini piatti con lama rettangolare, con immanicatura ad angolo retto o leggermente acuto, quasi a "boomerang", e rappresenta un tipo arcaico caratteristico dell'Eneolitico. Generalmente risulta associata ai pugnali e si presenta in posizione verticale sul petto con la lama rivolta verso sinistra.

Essa trova corrispondenza con tipi provenienti da scavi quali Remedello, Spilamberto e alcune grotte dell'area versiliese e pisana e sembra apparire fin dall'inizio dell'età del Rame verso il 3300 a.C. Una simile arma è stata rinvenuta nel 1991 insieme alla mummia del Similaun.

Le asce presenti su tutte le statue stele del gruppo C, ad eccezione di Campoli e Lerici, hanno una larga lama quadrangolare innestata ad un manico talvolta leggermente ricurvo (Bigliolo, Filetto I, Filetto II, Reusa). L'innesto della lama può partire direttamente dalla cima del manico od essere spostato un poco più sotto. Riproducono probabilmente armi in ferro attestate in contesti dell'Italia centrale tra il VII e il VI sec.a.C.


Ascia
  • GIAVELLOTTO


I giavellotti, presenti solo sulle statue stele del gruppo C, sono raffigurati in coppia e tenuti in mano, ma essendo rappresentati in modo generico non è possibile un preciso riferimento ad un determinato tipo. Quest'arma poteva essere realizzata interamente in ferro (testimonianze archeologiche si trovano nella zona celtiberica, ad esempio Haute-Pyrénées) oppure con punta in ferro e asta in legno (si ritrovano in ambito etrusco-italico e medio-adriatico). In necropoli lunigianesi della seconda età del Ferro le punte di giavellotto sono ben documentate e tutte sottintendono l'uso di un'asta di legno.

Sono presenti sulle statue stele di Campoli, Filetto I, Filetto II; la statua stele di Montecurto presenta un solo giavellotto che per le dimensioni potrebbe raffigurare una grossa lancia.


Scudo
  • DISCO O SCUDO


Solo sulle stele di Lerici e di Reusa, appartenenti al gruppo C, è visibile un oggetto tenuto in mano che sembra un disco e potrebbe rappresentare un'arma da lancio in metallo o in pietra con il margine tagliente, oppure più probabilmente uno scudo. Gli scudi circolari si ritrovano sin dai tempi delle culture dei Campi di Urne o del primo Hallstatt (dalla fine dell'età del Bronzo all'inizio dell'età del Ferro) per affiancare gli scudi ovali attorno al VII sec.a.C.

I dischi metallici, invece, detti anche falere, venivano portati sul petto, singolarmente o in coppia, a protezione dei punti vitali. Sono ben documentati in tutta l'Europa centro-occidentale, con particolare concentrazione nelle zone immediatamente a Nord e Sud delle Alpi.


Elmo
  • ELMO


Gli elmi, raffigurati solo sulle stele del gruppo C (Lerici e Reusa), dovevano essere di bronzo a vertice ribassato liscio o con leggera carenatura e probabilmente fissati a cuffie di cuoio con paraguance. Potevano essere lisci o decorati, i primi si fanno risalire alle fasi terminali della cultura dei Campi di Urne, i secondi agli inizi dell'età del Ferro con influssi medioitalici.


Ornamenti
  • ORNAMENTI


I monili compaiono solo su alcune statue stele femminili del gruppo B.

  • Goliera: alcune statue stele del gruppo B presentano una goliera che ricorda i collari bronzei a più giri con estremità avvolte ad occhiello databili ad una fase avanzata dell'antica età del Bronzo. La loro distribuzione in Italia sembra far capo ad una serie di officine situate nelle zone dei laghi intermorenici del Varesotto e del lago di Garda; in ambito europeo si trovano nella cultura di Baden già in contesti eneolitici.
  • Collana: le statue stele di Filetto III e Filetto X, invece, presentano una collana a uno o due giri che ricorda le collane composte da grani di pietra rinvenute nelle grotte della prima età dei metalli della Toscana nord-occidentale come la Buca di Fondineto (Massarosa, LU), la grotta del Castello e dell'Inferno di Vecchiano (Pisa) o quelle in grani biconici di steatite, rinvenute a Tana della Volpe di Equi.
  • Cerchi e coppelle: sempre su alcune statue stele più antiche sono raffigurati ai lati del volto due cerchi in rilievo o due coppelle, che possono anche essere disposte a coppie due per lato. Si ritrovano sia su esemplari maschili che femminili e possono essere interpretate più che come orecchie come elementi di ornamento quali orecchini, ferma-capelli o copricapo.


  • CINTURA e PERIZOMA


Le statue stele dell'età del Ferro, appartenenti al gruppo C sono corredate frequentemente da una larga cintura - Bigliolo, Reusa, Filetto I, Campoli - alla quale può essere appesa la spada; in un caso (Filetto II) si tratta di una doppia cintura. Talvolta presentano anche un perizoma di forma triangolare - Reusa, Bigliolo.



Fonti :

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