TOPONIMO LA SPEZIA

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La nostra provincia ha il proprio nome SPEZIA preceduto dall’articolo “La”, del quale, però, parlerò diffusamente in seguito. Nel latino medievale curialesco, ben diverso da quello classico di Cicerone, il toponimo è variamente indicato come “Spedia, Spexia, Specie, Spetia, Spezie, e, finalmente, Spezia”.


Varie ipotesi sono state proposte circa l’etimologia di quel nome, che compare, per la prima volta, in un atto notarile del 1161, nel quale è citato un tale “Baldus de Spetia”, ma nessuna di esse ha trovato un credito tale da essere ritenuta quella valida. Si è pensato che derivasse dal latino “hospitia”, collegato con l’ipotesi che sia sorta quale rifugio (hospitium)’ dei profughi della distrutta Luni, un’altra che si richiamava al latino “expedio”, con riferimento alla spedizione del sale prodotto nelle saline del golfo (Spedia da expediendo), ipotesi che potrebbe essere condivisa dagli spedizionieri marittimi, ma errata perché il toponimo esisteva prima ancora che esistessero le saline (che risalgono al massimo al sec. XIV).


Altra ipotesi connette il nome al verbo latino “despicere” (guardare dall’alto verso il basso), riferendosi al panorama che si gode dall’alto delle colline che circondano il nostro Golfo; si è pensato che derivasse dal nome di un antico castello che sorgeva nei pressi di Biassa, del quale non è stata mai accertata l’esistenza. Ubaldo Mazzini propose la denominazione dal nome personale romano Aspetius, riferito a cosa di genere femminile, come una “villa” (podere) o strada Aspetia; Ubaldo Formentini riteneva che il nome fosse lo stesso del torrente che scorreva ove ora è situato Corso Cavour. A suffragio di questa origine idrica del nome (un così detto idronomo), vi sono evidenti esempi nelle nostre vicinanze: l’Aulla ha tratto il proprio nome dall’omonimo torrente, ora detto Aulella, l’Avenza dal torrente (ora detto Carrione) che in antico era detto Lavenza.


Ipotesi formulata recentemente fa originare il toponimo dal greco Aspis, emergenza rocciosa montuosa; un’altra, ancor più recente, avanzata dal prof. Geo Pistarino dell’Università di Genova, secondo la quale Spezia deriverebbe dal germanico SPITZE, che significa emergenza collinare, poggio, il che ben si collegherebbe col nome del primo insediamento che avvenne proprio al Poggio. Prova di questa derivazione sarebbe che nei documenti antichi si legge Specie, Specie, con quella terminazione in “e” del germanico Spitze. Ma Paolo Emilio Faggioni riteneva che derivasse dal latino o dall’etrusco, oppure da una antichissima lingua scomparsa, come quella preindoeuropea parlata dai Liguri.


Io non formulo ipotesi etimologiche, ma mi limito ad informarvi che in Grecia, all’ingresso del golfo di Nauplia nel Peloponneso vi sono due isole, una più grande detta “Spezzia” (Spetsies in greco), l’altra, minore, Spetsiòpula. Accenno, infine, al fatto che secondo Giancarlo Fusco, in Grecia vi è la città più spezzina di quella nazione, perché si chiama COTZANI, quasi, cioè, come “Cozzani”, cognome spezzino per eccellenza. Ma, tornando, come suol dirsi, a bomba, abbiamo visto che vi era una costante incertezza nel rendere graficamente quella che era soltanto una voce dialettale, latinizzata in “SPEDIA”, che poi sarà la forma mantenuta costantemente in tutti gli atti, passando attraverso le già citate modificazioni grafiche, alle quali si possono aggiungere anche Speca, Aspecia, Especia, la Spezza, finché, nel 1766, appare nella forma attuale: La Spezia. Tralasciamo, en fenita come se disa en spezìn, fantasiose derivazioni da “speranza” o da spésa, cioè luogo nel quale i marittimi scendevano per fare la spesa, una specia di Conad o Ipercoop medievale, o, come detto anni or sono durante la trasmissione “Piacere Rai Uno”, che il nome della nostra città derivi dal commercio delle spezie: etimologia, è il caso di dire, tanto pepata quanto fantasiosa.


Veniamo, ora, al dibattuto caso del “La” che precede il nome “Spezia”. Orbene, finché si usò, negli atti ufficiali, il latino, il vocabolo Spedia non necessitava dell’articolo determinativo, inesistente in quella lingua. Ma dall’inizio del ‘400 in poi, i documenti ufficiali venivano scritti in volgare, e, con l’uso di quel linguaggio (che poi è l’italiano), appare l’articolo “la” davanti al toponimo, che, come vuole la grammatica, veniva declinato a seconda dei casi in cui si usava. Viene quindi adoperata la forma genitiva “dela” (come si vede, anche allora – 1407 – gli spezzini snobbavano le consonanti doppie, o meglio “dopie”). Esempio: “Ninguna persona ardisca lavare drapi in le fontane della speza, zoè in la sprugola dela Spèza ni in lo suo canale”. L’articolo “la” viene sempre adoperato nelle carte topografiche, in cui il Golfo è detto “della Spezia”, con l’articolo al genitivo, che compare già nel ‘300. Tale uso corretto dell’articolo non era praticato soltanto nella circoscritta zona locale, ma con tutti coloro che, residenti in altre zone, avessero rapporti politici o commerciali con la nostra cittadina. Abbondano, nelle corrispondenze con e dal Senato genovese le indicazioni “la Spezia”, “della Specia”, “della Specie” e, soprattutto l’uso, in corso di frase, dell’articolo scritto con la elle minuscola. Infatti, secondo le regole grammaticali, l’articolo va apposto con la maiuscola ad inizio di frase (es.: “La Spezia, città della Liguria...”), ma con la elle minuscola nel corso della frase (es.: “... dall’alto della Foce vedo la Spezia ed il suo golfo”).


È noto che, secondo le regole della grammatica italiana, i nomi di città rifiutano l’articolo, mentre il nostro lo ha. È una eccezione che, come è noto, come tutte le eccezioni di cui sopra conferma la regola. Riguarda, questa eccezione, l’Aquila, la Maddalena ed altre 118 grandi e piccoli centri del nostro Paese che si fregiano dell’articolo determinativo, a volte “la” a volte “lo”, e, più raramente, “i” o “le”. Non parliamo, poi, dei toponimi di città straniere, come “Il Pireo” in Grecia, “Il Cairo” in Egitto, “La Mecca” in Arabia, “L’Avana” a Cuba, “Le Havre” e “Le Mans” in Francia, “Los Angeles” negli U.S.A., “La Coruña” in Spagna, ed altre ancora. Se poi ci riferiamo alla nostra Provincia ed a zone contermini, troviamo: L’Ago, la Sesta, il Muggiano, il Varignano, la Chiappa, la Scorza, i Buggi, il Felettino, la Lizza, la Serra, il Termo, il Vignale, la Strà, il Canaletto, senza contare che in dialetto Cadimare era detto “a Cadamà”, come pure Manarola, “a Manaèa”. L’uso dell’articolo venne puntualmente esercitato, sia nella lingua parlata che nello scritto, come dimostrano le corrispondenze tra la Spezia ed il governo genovese, sia in tutte le pubblicazioni letterarie, geografiche o descrittive, nelle quali il toponimo è sempre indicato in tal modo.


Ma, dopo il 1815, da quando cioè l’intera Liguria fu, dal Congresso di Vienna, letteralmente regalata ai Savoia – che da secoli ne agognavano il possesso, fomentando innumerevoli congiure – l’articolo, pian piano, fu eliminato dagli atti ufficiali, con disappunto degli spezzini che l’avevano sempre considerato parte integrante del toponimo. Il tutto poi peggiorò con l’unificazione italiana, dopo la quale la zelante burocrazia, tanto piemontese che italica, tolse l’articolo, come lo tolse alla città dell’Aquila. Gli spezzini dell’epoca cercarono di combattere la burocrazia centrale, un rappresentante della quale, ai nostri amministratori che gli avevano illustrato le ragioni per restituire l’articolo, chiese perché mai, se le principali città italiane si contentavano di stare senza articolo, proprio “Spezia” pretendesse tale distinzione. A nulla valsero i richiami all’uso locale, ad una tradizione plurisecolare, al linguaggio della zona: il toponimo rimase, inesorabilmente, senza l’articolo. Però gli autentici spezzini lo conservarono sempre nelle loro carte notarili, nelle comparse in tribunale, negli atti privati, nella corrispondenza e nella conversazione. Pensate che, invece, nella carta intestata del Comune convivevano la dizione ufficiale “Comune di Spezia” e quella “Città della Spezia”. In seguito, con la costituzione della provincia, avvenuta nel 1923, le due diverse denominazioni ingenerarono confusioni ed incertezze. Fu allora che l’Amministrazione Comunale, che già nel 1893 aveva sollevato la questione, decise di prendere posizione e rivendicare per il nome della città il diritto all’antico articolo.


Nel giugno 1926 il Consiglio Comunale votò un ordine del giorno con il quale si chiedeva che, con Regio Decreto, l’articolo tornasse, per forza di legge, nelle forme consuete. Nel 1927 la Società d’incoraggiamento per l’educazione morale ed industriale, fondata alla Spezia nel 1837, in occasione della fusione con la società “A lavezàa”,1 diede luogo all’iniziativa suddetta, suffragando la richiesta con innumerevoli citazioni ed attestazioni di valenti studiosi. Nel 1930 il Prefetto richiese al Governo del Re che volesse ufficialmente consacrare la denominazione “La Spezia” al Comune capoluogo della omonima provincia. Finalmente, il 2 aprile 1930, fu emanato il tanto sospirato decreto, che così recita: “La denominazione del Comune di Spezia è rettificata in La Spezia”. (L’Aquila, anch’essa privata dell’articolo, lo riebbe nel ‘39, ridiventando “L’Aquila”). Questa denominazione è stata anche ufficialmente riportata nello Statuto comunale di pochi anni or sono. Una nota curiosa: il nostro toponimo è maltrattato nelle carte geografiche e topografiche: infatti, sulla “e” campeggia un inequivocabile accento acuto, mentre, dato che il suono è quello, dovrebbe essere grave. Quindi, secondo i cartografi italiani, dovrernmo pronunciare la e di quel nome con la “e” di pena (e sarebbe, almeno per me, proprio una pena pronunciarla così: la Spézia).


Forse hanno seguito la pronuncia genovese, che stringe quella vocale aggiungendo due zeta al nome: dicono “Spézza”. Non parliamo, poi, di quello che io chiamo “il pasticcio dell’ordine alfabetico”, ossia della collocazione nell’ordine alfabetico del nome della nostra città: provate a consultare una qualsiasi enciclopedia: vi troverete il nome alla lettera L (La Spezia), in un’altra alla S (Spezia con, tra parantesi, un bel “La”), in un’altra, ancora: La Spezia (vedi Spezia, La).

1 - A lavezàa si riferisce alla “cerimonia” del suono della campana che verso le 11 del mattino avvertiva le massaie che era l’ora di porre sul fuoco il “lavéza”, cioè il paiolo.

Comunque la storia del toponimo è giunta alla fine, non senza avervi accennato a quella di un noto quartiere, la Chiappa. Questo apparentemente strano nome deriva dalla forzata italianizzazione del vocabolo dialettale “ciapa”, che significa lastra di pietra (od anche, di vetro). Potrébbe, forse, derivare dalla presenza in loco, ai tempi romani ed altomedievali, di una pietra segnadistanza, che recava incisa la distanza da Roma. (Forse).1 Il fatto è che, data l’omofonia, cioè lo stesso suono tra il toponimo “chiappa” ed una parte del corpo umano, si ingenera un equivoco. Quindi un foresto, sentendo dire “S. Bernardo è il patrono della Chiappa”, potrebbe ritenere che sia un santo protettore di chi si fa fare iniezioni che, come è noto, possono esesere endovenose, ma anche endove-natiche.

Fonte: LE VIE DELLA SPEZIA - FRANCO LENA (EDIZIONI 5 TERRE)

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