VARESE LIGURE

Da wikiSpedia.

VARESE LIGURE alto.jpg

Varese Ligure è il comune più settentrionale della provincia della Spezia, confinante sia con la provincia di Genova che con la provincia di Parma, situato in Alta val di Vara alla confluenza del torrente Crovana nel fiume Vara. Il comune è costituito, oltre il capoluogo, dalle quindici frazioni di Buto, Caranza, Cassego, Cavizzano, Codivara, Comuneglia, Costola, Montale, Porciorasco, Salino, San Pietro Vara, Scurtabò, Teviggio, Taglieto e Valletti per un totale di 136,6 chilometri quadrati. Confina a nord con i comuni di Borzonasca (grazie alla posizione non continua al resto del comune della frazione di Giaiette, già posta in val di Taro), Tornolo, Bedonia e Albareto, a sud con Carro, ad ovest con Ne e Maissana, e ad est con Albareto e Sesta Godano. Dista circa 53 chilometri ad ovest della Spezia e 74 chilometri ad est di Genova. La nascita del borgo trae la sua origine dalla posizione strategica posta all'incrocio delle strade transappenniniche dirette verso Parma e Tortona. Le vie che partono da Sestri Levante e Luni a Varese trovavano infatti facile accesso alla pianura Padana, con la conseguente creazione di un mercato di scambio.

Cenni Storici

Nella zona dell'attuale Varese doveva esistere un insediamento di epoca bizantina, i cui resti sono stati rilevati sotto il castello. Ad avvalorare tale ipotesi sono alcuni toponimi di derivazione greca come il Monte dei Greci (antico nome del Monte di Cento Croci), la località Baselica (che potrebbe indicare una selva imperiale o una strada) ed il quartiere di Grecino. Della presenza longobarda e dei monaci di san Colombano di Bobbio rimane anche traccia nella dedicazione delle chiese di Porciorasco e Ossegna (quest'ultima compresa nel comune di Maissana) a San Michele Arcangelo, al quale erano dedicati anche l'ospedale e la cappella di Cento Croci. Nell' Alta val di Vara, pressoché disabitata, esisteva un'entità ecclesiastica importante, la Pieve de Varia che aveva sotto la propria giurisdizione numerose terre: nel 1031 comprendeva, tra le altre, Cassego, Chinela, Trenzanasca, Scioverana, Zanega. La presenza dei conti di Lavagna nel territorio è datato all'inizio dell'XI secolo quando, nel 1161, ottennero l'investitura dall'imperatore Federico I. Alla fine del XII secolo, i rami dei conti, Fieschi e Pinelli, si stabilirono nell'attuale Cassego e di lì iniziarono a disboscare, a costruire edifici in legno, a seminare, ad avviare l'agricoltura e l'allevamento. Quasi subito iniziò la lunga stagione dei conflitti tra le due famiglie, fin quando i Fieschi scacciarono i Pinelli da Cassego e li costrinsero a rifugiarsi nella vicina località Carbello, dove costruirono una torre detta appunto Torre dei Pinelli. Con un successivo patto le due casate si spartirono il territorio: quello a ponente della Torre spettava ai Fieschi, quello di levante ai Pinelli, mentre i terreni oltre il fiume Scagliana rimanevano di proprietà comune. La loro superiorità numerica portò i Fieschi a conquistare la supremazia nell' Alta val di Vara entro la fine del XIII secolo. Avuta dunque la meglio, essi decisero di consolidare la propria presenza sul territorio fondando un borgo che potesse diventare il fulcro della vita dell'intera zona; si stilò quindi un progetto d'insediamento, che prevedeva case murate e tutte uguali tra loro. Determinante nella scelta del sito fu la variazione di percorso della strada diretta dal parmense al mare, che non seguiva più come un tempo la mezza costa, ma il corso del fiume Vara.

VARESE LIGURE CastelloFieschi.jpg

Attraverso varie vicende storiche, i Fieschi tennero il feudo fino al 1386, anno in cui il doge genovese Antoniotto Adorno lo acquistò dal conte Carlo. Presto la famiglia ne tornò in possesso, ma nel XV secolo il suo dominio venne insidiato per ben due volte e nel 1435 Nicolò Piccinino, alla guida di una spedizione ordinata da Filippo Maria Visconti contro i Fieschi, arrivò da Borgotaro, si impossessò di Varese del castello di Monte Tanano e distrusse il Castellazzo di Montevecchio. Nel 1472 Varese passava sotto la dominazione dei Landi, feudatari dell'alta val di Taro, a seguito del matrimonio del signore di Compiano, Manfredo, con Antonia Maria Fieschi. Sarà Gian Luigi Fieschi "il Vecchio", nel 1478, a riconquistare il feudo alla famiglia, che lo reggerà fino al 1547 quando, in seguito alla fallita congiura del nipote Gian Luigi contro Andrea Doria, il potere della casata crollerà e i suoi domini saranno incamerati dalla Repubblica di Genova seguendone le sorti e divenendone un'importante punto strategico genovese nelle terre spezzine con la creazione dell'omonima podesteria. Nel 1797 con la dominazione francese di Napoleone Bonaparte rientrerà dal 2 dicembre nel Dipartimento del Vara, con capoluogo Levanto, all'interno della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero francese. Dal 28 aprile del 1798 con i nuovi ordinamenti francesi, Varese rientrerà nel IV Cantone, come capoluogo, della Giurisdizione del Gromolo e del Vara e dal 1803 centro principale del VI Cantone dell'Alta Vara nella Giurisdizione dell'Entella. Dal 13 giugno 1805 al 1814 verrà inserito nel Dipartimento degli Appennini. Nel 1815 verrà inglobato nel Regno di Sardegna, secondo le decisioni del Congresso di Vienna del 1814, e successivamente nel Regno d'Italia dal 1861. Dal 1859 al 1926 il territorio fu compreso nel VII° mandamento di Varese del Circondario di Chiavari della Provincia di Genova; il mandamento, con l'istituzione nel 1923 della Provincia della Spezia, verrà inglobato in quest'ultima amministrazione provinciale. Assumerà l'attuale denominazione di Varese Ligure dal 1862. Dal 1973 al 31 dicembre 2008 ha fatto parte della Comunità Montana dell' Alta val di Vara e con le nuove disposizioni della Legge Regionale n° 24 del 4 luglio 2008[6], in vigore dal 1º gennaio 2009, ha fatto parte della Comunità Montana Val di Vara, quest'ultima soppressa con la Legge Regionale n° 23 del 29 dicembre 2010[7] e in vigore dal 1º maggio 2011.


Ricordi e Tradizioni

È bello esserci,è bello ritornarci. Bello sapere di doverci andare. Sarebbe pur bello andarci risalendo il Vara, magari partendo dalla confluenza col Magra, o, più rapidamente, discendendo il Vara che nasce poco distante. Sarebbe bello vedere questo borgo tondo girare come una trottola, essendo la Torre del Piccinino al centro e noi al centro della Torre del Piccinino, e poi fermarsi lentamente con gli archi dei portici come occhi bassi che ti guardano e infine, solide orbite, ti interrogano come dire: "cosa ne sai?", "cosa ne pensi?". Intanto che gradatamente le facciate riprendono le loro mezze tinte rosate e ti sorridono, perché è tutto un gioco, pensiamo che il vento, entrando, abbia fatto girare questa ruota che non stride. Il selciato si riempie di toglie di castagno come il fondo del paniere dove si posano le ricotte e le tome fresche. E allora la fantasia si scatena: favola, ecco cosa pensiamo, è tutta una favola, basta guardarsi in giro con occhi attenti. Già i dintorni parlano di bei giovani che trasportano corbe di funghi più grandi di loro, cesti colmi di trote, mazzi di origano profumato, sacchi di nocciole, fasci di erbe aromatiche per decotti e tinture, gabbie piene di lumache (ben distinte le bianche della valle dalle nere della collina), ed altri, tanti altri tesori raccolti scendono dalla foresta dei Casoni di Suvero, o dalle faggete dello Zatta e del Gottero, o dai boschi dei cerri, ontani, abeti, pini, aceri e castagni che sono un po' dappertutto, dopo essersi dissetati alle numerose sorgenti e riposati sulle rive degli stagni in compagnia di rane e tritoni, ricci, faine, donnole, scoiattoli, volpi e civette, allocchi, cornacchie e portano con se ed appendono sui muri del palazzo degli Andreotti e in tutto il borgo lunghi rami di ontano da disporre intorno alle case per preservarle dalle formiche, e fasci di rovi e rose selvatiche per bruciare le streghe la notte del 24 Giugno; incontrano ed ascoltano i corvi pronosticatori presso la Fabbrica della Chiesa della Pieve, indicano la strada agli zingari affamati, recano sulle spalle lunghi remi che hanno costruito loro stessi per le barche degli amici di Foci di Magra e della Riviera, attraversano il ponte di Grecino sul fiume Vara, camminano rapidi sulle stradine di "rizzoli" (ciottoli) del borgo, ridono del pupazzo "Pion" fatto per preservare le spose da "malocchio, fatture, incanti e malie", escono dalle case con otri (baghe) pieni di vino e sidro di miele frizzante e dalle stalle con secchi colmi di latte. Spadroneggiano insomma, ma la notte di Natale, come è buona regola, si tengono lontani dalle stalle per non udire quel che dicono i buoi che, in quella notte, come si sa, parlano tra di loro. La notte di San Silvestro invece riprendono i loro scherzi e per prima cosa scardinano le porte delle case e le nascondono. Il mattino dopo faranno grandi risate quando i legittimi proprietari perlustreranno tutti gli angoli per ritrovarle, Ma, ahimè, alla nostra favola si sovrappone, come un velo grigio di galaverna, la storia medioevale vissuta, tramandata dalle vive voci e poi raccontata dal cronista del XV secolo Padre Antonio Cesena nella sua "lì’elolione dell’origine et successi delle terre di Varese". Storia fitta di avvenimenti ed intrecci, ricca di richiami all'antichità classica, interrotta ogni tanto da pubblicità di personaggi dell'epoca, che ci prende come in un vortice. La cornice è quella che ha creato l'ambiente delle nostre fantasie, ossia la cerchia di monti disposta tutt'attorno come le costellazioni dello zodiaco: Groppo, Alpe, Zatta, Pallano, Porcile, Zuccone, Scarsella, Bertola, Gottero (1640 mt.) e i passi del Bracco, Bocco, Centocroci, Rastrello, isolato come un satellite il monte Coppa. Nei dintorni manciate di borghi e ville, dove primeggiano Scurtabò, Maissana, San Pietro Vara. Qui, tra cartelli, mura, selve, rivi, valli, antri e spelonche si svolgono i fatti d'arme narrati dal nostro cronista del XV secolo. All'inizio i combattimenti si svolgono a coppie, ossia due contro due, come alla briscola, poi il sistema è abbandonato per passare ad azioni più spettacolari e romanzesche: assedi, intrighi, beffe, scaramucce, baratti, fughe, incendi, rapine, ed assassini, Non mancano i sequestri di persona. Anche la parte coreografica fece un salto di qualità: celate, armature, balestre, archibugi, schiopette ed anche quelle artiglierie che, con traiettoria fissa, lanciavano palle di pietra, il tutto con sottofondo di tamburi, trombe, corni, grida, urli e lamenti, I personaggi, nemmeno dirlo, sono sempre gli stessi, più o meno quelli che abbiamo incontrato altre volte in altri luoghi (ossia in ordine alfabetico): Aragonesi, Bertolotti di Levanto, Doria, Duca di Bari, Fieschi, Fregoso, Gatteschi, Laudesi, Noisio di Pentema (castellano di Varese), Marchesi di Lunigiana, Malaspina, Menagliotti di Lavagna, Pianino, Pinelli, Piccinini, Sforzeschi, ed altri di minore statura ma non meno importanti nella vicenda come gli Albertini, Ereugini, Pantalini, Calcagnini, Leonardini. Un ringraziamento, infine, agli anziani della Serenissima Repubblica di Genova, per aver cercato da lontano di mettere ordine tra tanta litigiosa gente. La cronaca, come si conviene, annota puntualmente anche avvenimenti eccezionali come gli assalti improvvisi dei lupi famelici di carne umana, l'epidemia di rabbia tra i cani, le carestie. E a questo punto basta, il Medioevo rientra nelle sue nebbie dense e si apre finalmente lo spiraglio, e la nostra beatitudine, di tempi ghiotti e colti. La Baronessa Brigida di Caranza, siamo nel 1645, tonda il Monastero Agostiniano, noto ai profani non tanto per la vita esemplare delle suore, che è riservata e degna, quanto per certi loro prodotti artigianali come i funghi secchi preparati dalle Monache di Clausura (posti a seccare la notte su tovaglie bianchissime di giorno al sole in panierine tonde di vimini) o quei dolci soffici, lievi, soavi fatti di pasta di mandorle che si chiamano le "sciuette" specialità delle Suore insieme ad amaretti, biscottini e sciroppi di rosa. Altra ghiottoneria era la "focaccia della Madonna di Luglio" delle sorelle Cattaneo (farina, lievito di birra, uova, burro, uvetta, cedro, arancio, pinoli e grappa). Gli ingredienti ci sono ancora, ma la produzione della focaccia, purtroppo, è cessata. Cosi come sono cessate molte altre attività, feste ed usanze, tradizionali dell' Alta val di Vara, che ci vengono oggi riproposte, in modo quanto possibile completo e fedele dal Museo Contadino di Cassego, in uno scenario suggestivo.

VARESE LIGURE FOLK.jpg

Questo Museo, nato per felice iniziativa di Don Sandro Lagomarsini, e inaugurato nel 1975, oltre a sottrarre oggetti antichi al saccheggio, si e posto l'obiettìvo di far conoscere la vita delle popolazioni di queste valli e far amare e rispettare le opere del passato. Entriamo così sommessamente in ambienti originali dove sono collocati al posto giusto gli attrezzi che appartengono al ciclo del formaggio: stanga, ramà, cuin, conchette, fascelle, torcia, ciappa; al ciclo del grano: aan (aratro) verga, posa, vallo, corba, bascetta, livéa, ruéllo, vérzo, testo; e cosi via per le castagne, il vino, il sidro di mele, la meliga, la canapa, la bottega artigiana, la cucina e tante altre cose di uso domestico; tutti quei rami brillanti e tutti quei legni lucidi del mobilio! Don Sandro ha inoltre presentato la "Carta Culturale dell' Alta val di Vara di notevole interesse. Dobbiamo dire a questo punto che la vocazione all'insegnamento è ricorrente in questa valle che ebbe insegnanti come Don Vincenzo Giannone (ottanta allievi contemporaneamente, con fitto dei locali a carico del maestro nella seconda metà dell'ottocento), Andrea Prato e la maestra Schiaffino di Camogli che rimase ad insegnare a Cassego tutta la vita. A quegli occhi dei portici di Borgo Rotondo che ci interrogano rispondiamo che abbiamo imparato anche noi molte cose che non sapevamo e che torneremo presto per completare la nostra cultura, che, come per tutti è di origine contadina.



Fonte: Cara Spezia vol I

Categoria:VARESE LIGURE Categoria:ALTA VAL DI VARA

Strumenti personali