FAMIGLIA PODENZANA

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Artisti, archeologi e vitaioli: i Podenzana

Giovanni Podenzana, grande etnografo ed illustre naturalista

I Podenzana sono quasi certamente originari dell’omonimo sito della bassa Lunigiana, con ogni probabilità magnati del luogo dove possedevano il castello successivamente passato ai Malaspina e pertanto risalenti al Medioevo. Ma premesso ciò, risulta oggettivamente difficile ricostruirne in concreto spostamenti, interessi e vicende – ossia la storia – per il semplice motivo ch’essi sono sempre stati originali, capricciosi, imprevedibili, caotici come il magma artistico che li contraddistingue e li caratterizza, oggi al pari di tre o quattrocento anni or sono. Così se ne trovano un po’ dappertutto fin dal Cinquecento tra Lunigiana, Toscana e spezzino – musici o pittori – come l’organista Nicola Podenzana battezzato nel 1580, il grande pittore manierista del Seicento Andrea (contemporaneo ed imitatore del suo maestro Fiasella) con opere di rilievo a Sarzana e ad Arcola od il maestro di cappella settecentesco Giovanni Battista. I due musicisti rammentati operarono entrambi nella chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, duomo della Spezia prima dell’edificazione di Cristo Re a Portarocca. Nicola, che fu – si direbbe – un “enfant prodige” della musica sebbene di cospicua formazione e di alta levatura artistica, tra il 1599 ed il 1610; Giovanni Battista dalla primavera del 1732 al 1735. Bisogna poi ancora aggiungere, integrando così le notizie riportate in apertura, che anche questi Podenzana venivano da famiglia doviziosa, importante e potente, spesso ai vertici della comunità civica nelle rispettive epoche. Del pittore Andrea conviene ribadire il rilevante valore estetico e ricordare l’interesse storico dell’opera sua poiché egli tradusse, qui da noi, i contenuti teologici della Controriforma cattolica in elementi figurativi come si può rilevare dal dipinto della Madonna del Rosario nell’omonima Cappella di N.S. degli Angeli ad Arcola. Il ceppo, ad ogni modo, è da considerarsi ricostituito intorno al citato pittore Andrea e la collocazione territoriale di esso alla Spezia, malgrado le notizie incomplete in proposito e nonostante certe tradizioni orali secondo le quali non sarebbe mancato – tra i rampolli – chi remasse contro la rotta del casato come il notaio Angelo, che alla fine del Settecento sarebbe stato costretto a vendere anche il blasone dopo avere per di più dilapidato il patrimonio di famiglia. Le cose si fanno invece un tantino più chiare a partire dalla metà del secolo XIX. A riportare ordine fu Cesare Podenzana, il padre del più famoso Giovanni, iniziatore delle ricerche archeologiche destinate a svilupparsi e ad essere potenziate dal figlio. Egli raccolse, durante gli scavi per la costruzione dell’Arsenale, i primi preziosi reperti fossili del periodo romano, un’intera pregevole raccolta di conchiglie. Tutto il materiale venne sistemato sotto il Teatro Civico, prima sede del Museo, del quale Cesare fu curatore. La carica passò dopo di lui, per i periodi 1884-1892 e 1905- 1916, a Giovanni, il grande etnografo ed illustre naturalista che – sebbene autodidatta – mise di fatto in piedi il Museo Civico con circa duemila pezzi, prevalentemente raccolti nelle valli del Lucido e del Vara. Ma Giovanni Podenzana, amico di tutti i VIP dell’epoca, fu anche un viaggiatore, un esploratore, un instancabile ricercatore scientifico come dimostrò nel corso dei lunghi viaggi in Australia, in Nuova Zelanda, in Tasmania e negli Stati Uniti. Ma egli nutrì altresì il “gusto del bello”. Infatti tutti gli oggetti d’uso che raccolse, sia si trattasse dei reperti relativi alla cultura materiale della nostra terra sia delle collezioni esotiche (Australia, Nuova Guinea, Isole Fiji, Samoa o Giappone), hanno valenza estetica insieme con la scientifica perché Giovanni Podenzana possedeva congiuntamente l’atteggiamento critico-culturale dello scienziato, che animò il suo instancabile lavoro di ricercatore e di raccoglitore, e la tendenza propria dell’artista. Lo si rileva compiutamente sia nell’attività – parallela finché si voglia – di musicista e di compositore, sia in taluni episodi (tuttavia significativi) di uomo di teatro e di spettacolo come quando fece il trasformista a New York. Inoltre, Giovanni fu un inverecondo seduttore, segno anch’esso della sua vitalità e della predilezione per la bellezza. Prioritari furono comunque gli interessi scientifico-antropologici ed etnografici, ai quali è necessario tornare. Giovanni Podenzana donò infatti interessanti partite di materiale da lui riunito ed al Museo Civico spezzino]] ed al Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze ed a quel Museo di Antropologia ed Etnografia. Fu fondatore e direttore dell’Archivio per l’Etnografia e per la Psicologia della Lunigiana, autorevole relatore del Congresso di Etnografia Italiana di Roma nel 1911, socio perpetuo e benemerito del Consiglio della Società Lunigianese “Giovanni Capellini” per la storia naturale della regione. Membro della Commissione permanente di Vigilanza del Museo Civico spezzino, Conservatore e Direttore tecnico di esso per le Sezioni di Scienze naturali e di Etnografia, la sua famiglia e lui in pratica s’identificarono per oltre un cinquantennio con il Museo medesimo tanto che vi vissero dentro, tutti i Podenzana insieme, persino nella sede di sfollamento dell’istituzione, a Brugnato, dove venne traslocato nel 1940 all’entrata in guerra dell’Italia. Ed il Museo ricevette per testamento le collezioni al completo dell’illustre scienziato concittadino, scomparso il 2 aprile 1942. L’amore di Giovanni per la musica cui accennammo, però, lo indusse a non appagarsi del tutto con il ruolo pur importante di ricercatore scientifico. Esso fece sì ch’egli non solo fosse prestigioso violoncellista, ma fondatore di scuole musicali come I’“Italian Mandolin Band” od il “Mandolin Double Quintet” di Sidney, la “Lega musicale italiana” di New York, la “Società delle serenate” quand’era ancora giovanissimo e direttore dell’Orchestra dell’Università di Sidney o della “The Professional Musicians Benefit Associacion of Australia” della quale fu altresì vice-Presidente, eccetera. Nel corso delle sue interminabili peregrinazioni sposò l’australiana d’origine scozzese Alice Hunter, che forse discendeva dalla Primula rossa. Tra i posteri, c’è chi giura sulle scritture e chi torce occhi, naso e bocca. A noi, in mancanza di prove certe, piace crederlo per l’efficacissima nota di colore che l’informazione getta ulteriormente su un racconto già di per sé originale ed inconsueto anche – lo vedremo – negli sviluppi successivi. La coppia Giovanni- Alice ebbe un unico figliolo: Mario Hunter Podenzana. Il doppio cognome è esclusiva conseguenza d’una consuetudine scozzese per la quale i figli adottano (come in altri paesi) il casato materno e paterno congiunti. Mario fu un “ganimede”, un personaggio da felliniana “dolce vita” in anticipo, un “golden play boy” ed un “dandy”. D’altra parte buon sangue non mente ed il rampollo tirò pari pari dal padre con l’aggra- vante – per così dire – dei quattrini materni. S’iscrisse e frequentò diversi “colleges” inglesi, compresa l’Università di Oxford, senza tuttavia cavare un ragno dal buco e senza conseguire un “papiro” qualunque. Fece persino la mossa d’impiegarsi e svolse diversi mestieri, qui e fuori di qui. Giunse addirittura a fare il pilota d’auto da competizione ed a correre per la Bugatti. Ne combinò di tutti i colori e molte più di Carlo in Francia. Se ne racconta, ad esempio, una che è da antologia. Recatosi una volta, insieme con un caro amico nipote di Ubaldo Mazzini, a Roma dietro incarico della madre per vendere un’automobile, egli concluse l’affare. Ma avendo dilapidato in comunella con l’accompagnatore fino all’ultimo centesimo ricavato, finse d’aver patito un grave incidente stradale. Rientrò alla Spezia fasciato al pari d’una mummia egiziana, si presentò mestamente alla madre dicendo: «Mamma sono rovinato, guardami. E la macchina, finita contro un albero, è purtroppo da buttar via. Che disgrazia!» La signora, che conosceva il suo pollo, dopo averne squadrato il “costume di scena” esclamò: «Ho capito. Hai rovinosamente battuto contro una pianta di... susino. Pazienza!» A circa quarant’anni – età canonica – i suoi genitori, gli accadimenti della vita, la ferma determinazione dell’ultima sua conquista sentimentale e forse altri gravami del destino “gli misero” la testa a partito. O quasi. Mario, comunque, abbandonati i vagabondaggi per il mondo, gli studi senza costrutto, le innumerevoli avventure galanti, i mestieri improvvisati, le imprese da scavezzacollo, finì ad aiutare il padre nel Museo Civico ed a fare il marito. Prese anche a dipingere con esito sotto la guida di Ezio D’Errico ed appartenne al celebre “Gruppo dei Sette” con Bellani, con Giovannoni e con gli altri giunti ad avere larga proiezione non soltanto in Italia. La fiaccola dell’arte, ardente da sempre nella famiglia, è ora passata a Geraldo ed a suo figlio Andrea, collaterali di Giovanni e di Mario per discendenza spuria malgrado il medesimo cognome. Il fatto è che Cesare Podenzana aveva generato, dopo il primogenito Giovanni, i gemelli Samuele (scomparso senza discendenza) e Marina Argentina. Costei crebbe in casa, operosa e senza fisime, ma priva altresì dei turbamenti d’amore. Finché, pervenuta sulla soglia degli “anta”, conobbe il bell’Umberto, un armaiolo arsenalotto originario della Val Trompia: le piacque, gli piacque e scoccò la scintilla della passione. Accadde però che lui dovesse partire soldato per la guerra 15-18 e che non tornasse più. A Marina Argentina era toccato il destino della Dosolina del canto alpino che “...povera tosa, napolitano l’abbandonò...”. Qui s’era trattato d’un triumplino disceso dal Mella al Lagora, ma l’esito fu lo stesso. Marina Argentina finse di convincersi che Umberto fosse caduto a Caporetto e lo disse a tutti. Più tardi si seppe per certo, però, che in effetti egli s’era comportato come il “vecio” d’un altro coro alpino, ossia aveva mantenuto la promessa “... o mia morosa, ti farò sposa quando ritornerò...”, ma con la fidanzata precedente. Marina Argentina restò sola con il figlio dell’amore, Angelo, nato nel 1917 e cresciuto tra le affettuose premure di tutti i Podenzana, dei quali portava il cognome, i Podenzana anche in ciò particolari, originali, unici ed anticonformisti.

Geraldo Podenzana

Quando il ragazzo raggiunse l’età conveniente, sposò Irma Schiaffino e da lei ebbe Geraldo, primogenito, e Giulio. Quest’ultimo, coniugato con Gabriella Macrì, è padre di Luca e di Arianna, entrambi ancora non accasati. Geraldo ha in moglie Bruna Caffarata, appartenente a ragguardevole famiglia di L’Ago sebbene nata a Borghetto Vara, ed i suoi figli sono Laura ed Andrea. Grande artista, la cui “visività pittorica è – diceva bene Gian Carlo Fusco – l’elegante punto d’incontro della favola con l’ironia”. Geraldo ha costruito una mirabile carriera in Italia ed all’estero. La sua inesausta, ammirevole estetica è sintetizzata nel binomio “Arte e lavoro”. Ha realizzato opere fondamentali in pittura ed in scultura a Sarzana, a Carrara, a Brescia ed – ovviamente – alla Spezia dove l’ultima sua formidabile realizzazione è un monumento in acciaio e bronzo situato dentro l’Arsenale militare marittimo. Andrea, che è professore di Tecniche Pittoriche all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, a poco più di trent’anni (ed alla vigilia del matrimonio) ha messo insieme un densissimo “curriculum” artistico e si è già lasciato alle spalle un lusinghiero avvenire. Un avvenire destinato tuttavia a perpetuarsi perché il Nostro è un “giovane leone” con il coraggio di credere che l’arte sia per chi voglia guardare, ma per vedere quanto vada visto; che il messaggio estetico coincida con la riaffermazione della libertà contro l’ignoranza di Stato.

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