FORTEZZA DEL MARE

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La Fortezza del Mare, costruita dalla Regia Marina alla fine del XIX, rappresenta un Centro di Cultura della Civiltà del Mare che contiene spazi espositivi, congressuali e laboratori didattici di archeologia subacquea e scienze del mare. La Fortezza del Mare si erge sull’isola Palmaria nel golfo della Spezia, immersa nello straordinario parco dell’Arcipelago di Portovenere, un paradiso di natura mediterranea patrimonio mondiale dell’umanità (UNESCO). Costruita dalla Regia Marina alla fine del XIX secolo, da pochi anni è stata restaurata e presa in gestione dalla Fondazione Marenostrum Onlus divenendo un Centro di Cultura della Civiltà del Mare che contiene spazi espositivi, congressuali e laboratori didattici di archeologia subacquea e scienze del mare. La Fortezza del Mare è il luogo di riferimento per le iniziative promosse dalla Fondazione per la cultura e lo sviluppo. Alla fine del XIX secolo per rispondere all'esigenza, che si faceva sempre più pressante, di una difesa capillare del golfo della Spezia, vengono costruite da parte della Regia Marina delle installazioni militari di vario tipo. A questo scopo, alle estremità della diga subacquea, appositamente costruita, vengono poste delle piattaforme per le artiglierie con lo specifico compito di incrociare il tiro con le corrispondenti batterie poste, invece, sulla terraferma. Oggi l'intero sistema di fortificazioni del golfo rappresenta senza dubbio uno dei sistemi fortificati costieri più vasti d'Italia. Fra le batterie terrestri, divisibili in alte e basse a seconda dell'obiettivo da colpire, fu realizzata anche la Fortezza Umberto I, costruita fra il 1887 e il 1889, su progetto del Direttore della Fortificazioni della Regia Marina, Tenente Colonnello Ferdinando Spegazzini. La Fortezza risulta essere costruita con notevole rapidità anche grazie all'utilizzo di numerosa manodopera coatta, costituita essenzialmente dai detenuti che ogni giorno venivano condotti da San Bartolomeo a La Spezia fino all'isola Palmaria e che venivano divisi tra la realizzazione della possente struttura seminterrata della torre e l'ammodernamento del forte Cavour sulla sommità dell'isola. Ancor oggi, a ricordo di questa manodopera, il sentiero che collega le due fortificazioni dell'isola è chiamato "sentiero dei condannati". Nel suo complesso, la struttura della Fortezza risulta essere strettamente dipendente dal suo uso di batteria anti-nave. La propaggine montuosa che scende al mare è stata infatti in parte sbancata per costruire l'edificio in modo da creare un tutt'uno con lo sperone roccioso. Il risultato è che la costruzione segue docilmente l'andamento del terreno, nascosta quasi in una nicchia, tanto che dal mare risulta assolutamente invisibile, rimanendo completamente celata alla vista delle navi. A tutto ciò bisogna aggiungere che anche da terra risulta difficilmente aggredibile, mostrando solamente due lati esposti ad eventuali attacchi. Il prospetto principale si articola attorno al portale di ingresso che funge anche da asse di simmetria per i due ordini di aperture perfettamente giustapposti. Il camminamento laterale al piano terra è delimitato da un lato dal terrapieno e dall'altro da una serie di locali di servizio, mentre quello superiore, da cui si poteva raggiungere la copertura, serviva sia al controllo dell'impianto della fortezza sia all'aerazione dei locali sottostanti. Le sale sul prospetto principale, più illuminate ed esposte, erano adibite ad alloggi e servizi, mentre le ampie sale del fronte laterale accoglievano i locali tecnici dei macchinari per il funzionamento della cupola. Il progetto di riuso e restauro è stato redatto dall’ Area Servizi Tecnici della Provincia della Spezia. L’opera è stata finanziata con fondi CEE mediante Accordi di programma tra i vari Enti interessati e le Soprintendenze, per l’80% dall’Obiettivo 2 "Infrastrutture turistiche" e per il 20% da fondi propri della Provincia della Spezia e del Comune di Portovenere. Tutta l'organizzazione dello spazio gravitava comunque attorno alla posizione della cupola corazzata: il complesso nel suo insieme doveva essere in grado di assolvere tutte le funzioni necessarie alla manovra della cupola, all'armamento e rifornimento di proiettili e al fabbisogno degli ufficiali e del personale tecnico (fuochisti e macchinisti) che erano alloggiati nel Forte. Il corpo centrale, diviso in tre navate, era il cuore della fortezza, in cui era accolta la macchina bellica. Si trattava di una torre corazzata di tipo Gruson, armata con due pezzi Krupp da 400/35, con un campo di tiro di 270° ed una gettata di 5000 metri. La cupola consisteva di 15 scudi trapezoidali di ghisa indurita, del peso di 88 tonnellate ognuno, disposti a spicchio l'uno accanto all'altro, realizzando un diametro all'interno di 10 metri. Il cielo era costituito da due piastre del peso complessivo di 130 tonnellate. L'enorme peso del tutto veniva fatto ruotare con la forza di un gigantesco impianto a vapore. Il costo proibitivo di questo tipo di impianto (torre corazzata con cupola girevole in ghisa indurita) ne limita la diffusione a due sole opere in Italia, a Taranto (la fortezza dedicata a Vittorio Emanuele II posta sull'isola S. Paolo) e a La Spezia sull'Isola di Palmaria. La spesa sostenuta al tempo per l'approntamento della fortificazione si aggirava intorno ai dieci milioni di lire. La sensazione che il visitatore avverte nell'entrare nella fortificazione è quella di camminare in una grotta. La struttura interna, piuttosto oscura e austera, è impostata su una serie di ampie sale voltate a vela che costituiscono la spina dorsale centrale da cui si dipartono le numerose sale laterali voltate a botte. Le volte sono costruite in mattoni con una raffinata tecnica edilizia, che unisce grande leggerezza e notevole resistenza, creando una sorta di centina a perdere per lo spesso strato di riempimento della copertura realizzata in calcestruzzo che deve resistere per inerzia ai colpi dell'artiglieria navale. Tra le volte ed i paramenti murari interni veri e propri, realizzati in blocchi di portoro e contraddistinti da un notevole spessore, si crea un notevole distacco non solo estetico-cromatico ma anche funzionale. Sulle mura interne gravano tutte le spinte delle alte volte. L'opera è senza dubbio testimonianza dell'alto grado progettuale e costruttivo raggiunto dalla tecnica militare, ma per certi versi, soprattutto grazie all'uso sapiente ed accorto del marmo portoro (di cui sono notevolmente messe in evidenza le qualità chiaroscurali), alle fini volte a botte e a vela in laterizio, alle arcate con cornici modanate, ai bellissimi doccioni zoomorfi in ghisa della facciata (che permettevano di convogliare l'acqua piovana in cisterne interrate per il recupero e il riutilizzo per la centrale termica interna alla fortificazione), l'aspetto militare è fortemente attenuato, lasciando spazio ad una visione che fonde abilmente aspetti funzionali ed estetici.

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