IL PORTO MEDIEVALE DI LEVANTO

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Versione delle 09:27, 14 nov 2011

L’esistenza di un antico approdo naturale nel lato orientale dell’insenatura di Levanto è ormai accettata da tutti gli studiosi che si sono dedicati all’argomento. Probabilmente nel XVIII secolo Genova trasformò questo approdo, tanto da essere un tempo navigabile per navi di piccolo cabotaggio, come erano quelle medievali, ma anche per diversi tipi di imbarcazioni d’età moderna. A partire probabilmente dalla fine del Cinquecento il torrente Ghiararo creò una parte della piana di Levanto, intasando la foce del piccolo rio Cantarana, e interrando il porto canale del borgo. Antiche carte nautiche, portolani, numerose norme degli Statuti di Levanto e cospicui resti di edifici del Borgo Antico archeologicamente datati tra il XVIII ed il XVI secolo, dimostrano palesemente che l’infrastruttura portuale di LEVANTO ebbe un ruolo di primo piano nell’economia locale. Infatti, era uno dei pochi scali sicuri della Riviera di Levante e rappresentava, assieme a quello di Sestri Levante, l’unico approdo collegato ad una rete viaria mulattiera che portava direttamente nell’Emilia occidentale, tramite i valichi di Cento Croci, dei Due Santi, o della Cisa via Pomtremoli. Considerato il minor costo dei trasporti marittimi, allora era più conveniente, per andare da Genova a Parma e Piacenza, trasportare le merci via mare fino a Levanto e compiere a dorso di mulo la traversata appenninica nel tratto in cui il percorso terrestre era più breve. Le mulattiere che partivano dal porto levantese convergevano nella maggior parte dei casi in prossimità del Monte Bardellone, da cui si vedono sia il mare, sia la Val di Vara. Questo monte si stacca dal lungo crinale lungo il quale si snodava la mulattiera che dal Bracco andava a La Spezia, seguendo il tracciato detto la Via dei Santuari. Nei pressi del Bardellone quest’ultima si incrociava con la via che da Levanto portava a Parma, transitando per Cassana, Brugnato, Rocchetta, Suvero, Zeri, Mulazzo, Pieve di Saliceto e Pontremoli. I cambiamenti indotti dal porto sull’attività mercantile e quindi sull’economia di Levanto a partire dal XVIII secolo, sono dimostrati, oltre che da manufatti notevoli (come la parrocchiale di Sant’Andrea e le mura), sia dalla quantità di resti architettonici e dei magazzini e delle abitazioni con magazzino, sia dalla qualità costruttiva degli edifici, realizzati in pietra locale adeguatamente lavorata e rifinita. Caratteristiche altrimenti rilevabili, nel secolo anzidetto, solo nelle città, se si escludono chiese e castelli. Alla fine del XIII secolo ed al XIV risalgono pure le tracce archeologiche più antiche trovate in alcune ville della valle. Potrebbe significare che lo sviluppo del porto medioevale di Levanto non ha inciso economicamente e socialmente soltanto sul borgo, ma ha avuto serie ripercussioni sull’intero territorio levantese. Le principali strutture (magazzini e case di abitazioni mercantili con magazzino al piano terreno) asservite al porto medievale di Levanto, sono oggi prevalentemente costituite da volte, portali e brani murari, quasi tutti in pietra verde scura locale (peridotite), archeologicamente databili tra il XVIII ed il XVI secolo. Tra quelle ubicate ad oriente dell’attuale percorso del Cantarana, si ricordano: la darsena, i portali esistenti in Via Della Compera, in Vicolo Santa Croce (i più antichi rinvenuti sinora a Levanto), in Vicolo Bego, in Via dell’Arenetta, in Vico Buonvicino, in Vico Monichetta ed in Via Porta Nuova (o Vico Dietro La Parrocchia). La darsena, in particolare, così chiamata da tempo immemore, è costituita da una serie di doppie archeggiature costruite su un lato di due antichi carruggi (oggi Via Finollo e Via Molinelli), per una lunghezza di oltre 50 metri. La muratura esistente tra le archeggiature è quasi tutta coeva con queste ultime (XIV-XV sec.), mentre quella interna è posteriore.

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