PRIMO GIORNO DI GUERRA A LA SPEZIA

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Mancano pochi minuti alle 18 del 10 giugno 1940. E lunedi, la serata è tiepida e piazza Verdi nereggia di folla. Colonne di fascisti, di operai, di donne, di civili, oltre a tutte le rappresentanze delle Forze Armate sono convenute qui per ascoltare l’annunciato radiodiscorso del Duce. La fronte verso il Palazzo del Governo, la gente attende la parola del Pilota, come ora lo chiamano i giornali. Sul palco allestito per l’occasione si ammassano le autorità cittadine. C’è il segretario federale, avv. Enzo Toracca con i suoi vice, avv. Failla e dott. Corsi; c’e il podestà avv. Tullio Dall'Ara, il suo vice avv. Paganini, il Preside della Provincia, avv. Giovanni Bevilacqua, il questore Carusi (il prefetto Giuseppe Avenanti è assente per malattia) e ancora ammiragli, generali, consoli e seniori della Milizia, consiglieri nazionali, presidenti, presidentesse e signore. Tutti in uniforme. L’avviso che Mussolini avrebbe parlato quella sera al popolo italiano era stato, come scriveranno domani i giornali, «chiaramente interpretato dalla popolazione spezzina». Che ora, dopo avere urlato il consueto A Noi! in risposta all’ordine del Saluto al Duce, attende che gli altoparlanti sistemati nella piazza diffondano l’atteso discorso. Ciò avviene alle 18 in punto. Nel silenzio fattosi assoluto, anche alla Spezia, come nel resto dell’Italia, la voce ben nota di Mussolini riecheggia vibrante e sicura: Conbattenti di terra, di mare, dell’aria; camicie nere della rivoluzione e delle legioni; uomini e donne d’ltaIia, deIl’Impero, del Regno d’Albania, ascoltate!.... La notizia della dichiarazione di guerra era nell’aria da giorni, mescolata all’eco degli avvenimenti internazionali, al fragore dei cingolati tedeschi, e all’ululo degli Stukas in picchiata che sollevavano scroscianti applausi nelle sale del «Civico» o del «Duca degli Abruzzi» fra gli spettatori del cine-giornale «Luce». Gli spezzini hanno seguito senza eccessive emozioni le fasi iniziali del conflitto nel quale stanno per precipitare. Per tutta la primavera, gli studenti hanno attraversato in corteo la città gridando "Guerra!", tra piccole ali di folla quasi silenziosa sui marciapiedi di via Prione. Da mesi la città è tappezzata di manifesti antifrancesi in cui si annuncia che Napoleone muore dalla voglia di tornare italiano, che la Corsica è indiscutibilmente nostra e che Biserta francese è come «una pistola puntata contro la Sicilia». Curiosamente, la campagna propagandistica antifrancese ha coinciso col rilancio pubblicitario di «Uberto». Capita così a molti di scambiare il grande negozio delle "Sei porte" di Piazza del Mercato per un possedimento francese da rivendicare. Nelle grandi fabbriche, Arsenale, Oto Melara, Termomeccanica, Muggiano, la propaganda è stata massiccia, ma a stemperare lo spirito guerriero proposto graficamente da centinaia di manifesti, sono arrivati i bollini delle tessere annonarie, le esercitazioni sull’oscuramento, l`incubo di un esodo in massa già sintetizzato in modo meno crudo: sfollamento. La somma di tutte queste emozioni, impalpabile e misteriosa filtra attraverso la città il pomeriggio del 10 giugno 1940, quando gli spezzini si avviano a gruppi verso piazza Verdi. Grosse folle, a quell’ora, si radunano in tutti i centri della Lunigiana, della Riviera di Levante e in Val di Taro: a Pontremoli, Fivizzano, Aulla, Sarzana, Fornovo, Borgotaro, Bedonia.


I richiamati perdono il posto

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Fra i lavoratori, a parte eventuali, ma non frequenti, riserve politiche, c’è un certo malumore per quanto riguarda il decreto governativo relativo al richiamo alle armi. E stato infatti disposto quanto segue: "Poichè il richiamo alle armi equivale alla rottura del contratto per motivi eccezionali, gli operai richiamati non avranno diritto alla conservazione del posto di lavoro. Potranno tuttavia ricevere una liquidazione pari a 6 giorni di paga se la loro anzianità e inferiore a tre anni, e di 14 giorni se superiore". Non c’è da stare allegri, ma i Sindacati fascisti hanno assicurato che dopo l’immancabile vittoria ci sarà lavoro per tutti. Ieri, domenica, ultimo giorno di pace, il corridore Leoni ha vinto a Milano l’ultima tappa del «Giro» battendo in volata Gino Bartali. Ma il vero trionfatore e stato il «gregario» ventunenne Fausto Coppi che ha vinto clamorosamente il Giro d’Italia. Tre giorni prima, venerdì 7, a Sarzana si e registrato un importante avvenimento: Maria José, la principessa di Piemonte e giunta in visita alla città rossa accompagnata dal federale di Apuania (così sono state ribattezzate le città di Massa e Carrara). Sua Altezza Reale, come la chiamano i giornali, in qualità di Presidente della Croce Rossa, ha visitato l’ospedale di San Bartolomeo salutata dal Direttore professor Biasini, dal Presidente onorario professor Angelo Lucri e dalle autorità della Provincia. La giovane principessa e stata simpaticamente e sinceramente festeggiata dalla popolazione sarzanese. Il Bollettino demografico del Comune della Spezia documenta per il giorno 10 la nascita di 6 nuovi spezzini: Giuliano Del Monte, Alba Bonanno, Giancarlo Vacchina, Renzo Righetti, Alberto Costa e Giorgio Del Prato. In tutto il paese dal Mediterraneo ai lidi d’Africa si celebra la giornata della Marina. Alla Spezia la cerimonia si svolge nell’officina "Sommergibili e Mas" dell’Arsenale. Il capitano Cecchini è l’oratore ufficiale. Lo ascoltano un migliaio di operai, in piedi di fronte alla lunga fila di torni, frese, calandre. Per non rubare tempo alla produzione, il rito, austero, si svolge nell’ora di riposo, dopo il pranzo frugalissimo. Il tema trattato dall’oratore è già un anticipo del discorso che farà il Capo, alla nazione e al mondo, dal balcone di piazza Venezia, alle 18. Le armi che voi produrrete lavorando senza sosta dice in sintesi il capitano Cecchini nelle mani dei nostri baldi marinai saranno utilizzate per realizzare le naturali rivendicazioni della Patria». Tra le file degli operai schierati nell’officina ci sono molti vuoti. Mancano i più giovani. Le cartoline di richiamo alle armi hanno colpito a raffica anche in Arsenale, nonostante gli esoneri. Migliaia di spezzini sono in attesa dell’ora X sui ponti delle navi in preallarme, negli avamposti del fronte occidentale, sulle tradotte in movimento e nelle caserme del Nord. I quartieri del 21° Reggimento Fanteria rigurgitano di truppa. I fantaccini che calano giù per Corso Cavour e via Prione la sera, sono soldatini ingoffiti dalle divise grigioverdi residui di magazzino della Grande Guerra. Pezze da piedi negli scarponi e gambe strette nelle fasce dalle caviglie fino al ginocchio. Si mescolano a disagio con i marinai che portano in giro con spavalderia le loro divise bianche con i solini azzurri e il fazzoletto nero del «lutto per Cavour».

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