SAN MARTINO

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Sul finire del sec. VI e durante il successivo, all'epoca della dominazione longobarda in Italia, pare che le terre della valle del torrente Parmignola fossero state incluse nei beni pubblici della città di Luni, e che in seguito avessero costituito una vasta area denominata "Supraluna", facente capo alla corte di "Iliolo" ed alla cappella di S. Martino, eretta in quegli stessi anni sulla sponda sinistra del torrente. La scarsità di fonti relative al periodo alto medievale, non ci si consente di avere altre notizie certe sul borgo di Iliolo fino a quando, l'imperatore Ottone I di Sassonia, con diploma del 19 maggio 963, confermò "Iliolo", o "Ilaulo", quale proprietà del vescovo Adalberto di Luni. L'importanza della corte di Iliolo derivava dalla sua collocazione lungo un strada che collegava la costa con le città di Parma e di Lucca.

La chiesa di S.Martino ebbe grande importanza nell'ambito della diocesi Lunense; in circostanze particolari, quali assedi, epidemie, saccheggi, essa diventava sede vescovile.

Nel 1185, come si evince dal diploma di Federico Barbarossa per il vescovo Pietro, Iliolo aveva acquisito una propria personalità, con una propria corte ed un distretto che abbracciava le ville di Ortonovo e Nicola ed era amministrata autonomamente tramite un gastaldo vescovile; nel 1226, tuttavia, gli uomini delle due ville erano stati sciolti dalla soggezione al gastaldo, e per la prima volta stipularono i loro patti e convenzioni proprio nella chiesa di S.Martino di Iliolo, prescelta come centro curtense, geograficamete ecquidistante fra i due castelli.

Per diversi decenni, il territorio subì scorrerie di soldati appartenenti a diversi Comuni e Principati, quali Milano, Piacenza, Modena, Genova, Lucca, Pisa ed i signori Malaspina; nel Trecento, invece, la malaria che già aveva spopolato la piana di Luni costrinse anche gli abitanti di Iliolo, compreso il parroco, a trasferirsi nel castello di Ortonovo, già costituitosi in Comune.

Ritroviamo notizie sulla chiesa di Iliolo nel verbale della visita del Peruzzi, visitatore apostolico, alla diocesi lunense, svoltasi nel 1584; in esso, la chiesa di S.Martino è definita parrocchia, sebbene il parroco ormai risiedesse stabilmente ad Ortonovo, a causa del maggior numero di abitanti presenti in quel borgo (circa seicento), mentre ad Iliolo rimanevano solo un centinaio di persone.

I libri della comunità ci offrono documentazione relativa al borgo ed alla chiesa di S.Martino, proprio a partire da questi anni, mentre i documenti più antichi sono andati perduti nei primi anni del cinquecento a causa di un incendio. Negli atti deliberativi dei secoli XVII e XVIII, notiamo che il toponimo di Iliolo è volgarizzato in: "Santi Martini de Ghijolo", "del Ghiolo", "Alghiolo" e tali forme vengono usate fino all'Ottocento, quando la località viene ad essere indicata solo col nome della sua chiesa.

Non si deve credere che la diminuita funzionalità della chiesa di S.Martino corrispondesse ad un totale abbandono del sito: al contrario esso rivestì sempre un'importanza fondamentale per la comunità ortonovese, perchè in esso, oltre all'antichissima chiesa, erano presenti due dei quattro torchi del Comune, dal cui affitto si ricavavano le maggiori entrate del bilancio comunale.

Sempre in località S.Martino era stato rinvenuto un terreno ricco di pietre calcaree, utile per la produzione di calcina: quando la comunità ortonovese si trovava in condizioni economiche particolarmente disagiate, il console ed i consiglieri ricorrevano puntualmente alla proposta di riaprire queste fornaci, dalle quali si sarebbe potuto avere un certo ritorno economico: la proposta, comunque, fu respinta in diverse occasioni dagli uomini del Parlamento, probabilmente perchè le prestazioni di lavoro che venivano richieste agli abitanti erano decisamente superiori all'utile personale che ne avrebbero conseguito.

Intorno alla metà del Settecento fu appovata a pieni voti la deliberazione di far proseguire e lastricare la strada pubblica cosiddetta della "Montata" che in prossimità di S.Martino saliva ad Ortonovo, evidentemente ritenuta di notevole importanza, dato che, per la sua costruzione il governo municipale autorizzava periodici e consistenti finanziamenti.

Agli inizi dell'Ottocento, il Maire del comune di Ortonovo, sotto la cui giurisdizione era stato incluso anche il paese di Nicola, stabilì un mercato settimanale, da tenersi il martedì e il venerdì, proprio nella piazza di S.Martino, tornata a rappresentare un punto di convergenza tra i due centri abitati.

Verso la metà dell'Ottocento, si verificò un progressivo spostamento della popolazione, la quale tendeva ad accentrarsi nella frazione pianeggiante di Casano e nella collina di Nicola, abbandonando il centro storico di Ortonovo, troppo appartato dalle principali vie di comunicazione; conseguenza di ciò fu il progetto di trasferimento della sede comunale da Ortonovo alla borgata di Casano, discusso in Consiglio Comunale già nel 1850 e realizzato fra il 1877 ed il 1878; ma altri fatti testimoniano il graduale abbandono del borgo collinare a favore di Casano, uno dei quali è contenuto nella deliberazione datata 11 Maggio 1853, in cui fu stabilito di aprire una scuola elementare a Casano, tanto a lungo richiesta dagli abitanti della borgata; l'accresciuta importanza di Casano quale centro abitato risulta anche dalle frequenti deliberazioni aventi ad oggetto le opere di manutenzione alle strade comunali del piano, ristrutturate per mezzo di opere d'arte, cioè dei muratori, ma anche tramite le "comandate", ovverosia le giornate lavorative obbligatorie.

Dopo il trasferimento della sede municipale alcuni abitanti della frazione di Casano supplicarono, invano, il Sottoprefetto di Sarzana di autorizzare l'ampliamento della chiesa di S.Martino, ormai insufficiente per contenere i fedeli della borgata.

Negli anni successivi, lo sviluppo urbanistico verso l'Aurelia e la costruzione di nuove chiese nel piano, limitarono sempre più la frequentazione dell'antica chiesetta, venendosi essa a trovare sempre più lontana dal centro abitato.


Chiesetta di S. Martino

Oltrepassando l'antico ponte detto di S.Martino fatto costruire in legno nel Trecento, e, dopo innumerevoli restauri, ricostruito in pietra, giungiamo infine alla chiesetta di S.Martino, pieve di epoca longobarda; oggi, sebbene ristrutturata, essa mostra ancora evidenti le sue linee in stile romanico; si trova a lato del cimitero, sopraelevata rispetto alla strada, poichè era stata costruita sulla via che collegava i due castelli di Ortonovo e Nicola; presenta pareti costruite in grandi bozze di arenaria che, circa un paio di metri prima della facciata, si mutano in massi più piccoli, come quelli della stessa facciata, segno che l'edificio venne allungato in avanti.

Su ognuno dei muri laterali si aprono due finestrelle, con archetto a fornice; quelle che guardano a mezzogiorno hanno l'arco di marmo certamente proveniente da Luni, così come gli stipiti della porta dello stesso lato.

Il campanile conserva quasi totalmente la sua struttura originaria. All'interno della chiesa, non appare più nulla di antico; solo vi si ammira, a sorreggere il pulpito, una bella colonna di caristio.

Le lapidi mortuarie del pavimento testimoniano anche qui l'onore, riservato a pochi, della sepoltura in chiesa. Una di queste lapidi è legata ad un singolare episodio di violento campanilismo, avvenuto fra gli uomini della frazione di Ortonovo e quelli di Casano: una sera di marzo dell'anno 1861, infatti, alcuni ortonovesi, quasi tutti armati di bastoni, capitanati dall'assessore supplente e capitano della Guardia Nazionale, Cesare Maberini, e dal consigliere Domenico Beggi, si diressero alla volta della chiesa di Casano e, trovarono il massaro Michele Corsi, che obbligarono ad entrare con la forza nella cappella, affinchè consegnasse loro il cero pasquale; poichè questi rispose che non lo aveva, gli ortonovesi abbatterono le porte della sacrestia, aprirono a forza casse e cassette in cui si conservavano i sacri arredi, ruppero diverse candele ed il suddetto coperchio di marmo di un antico sepolcro (la frattura è ancora ben visibile); infine, trovarono un pezzo di cero usato e se lo portarono via trionfalmente.

Quale origine aveva questo episodio? Nei giorni precedenti a quel fatto, la Fabriceria di Ortonovo aveva deciso una permuta di stabili, cioè uno scambio di terre, nel quale la chiesa di S.Martino veniva fortemente danneggiata; da tempi lontanissimi, la parrocchiale di S.Martino era solita inviare il cero pasquale a quella di S.Lorenzo di Ortonovo; in quell'occasione il massaro di San Martino informò l'abate di Ortonovo che gli avrebbe prestato il cero solo se gli ortonovesi avessero riconosciuto i loro diritti: ma poichè gli ortonovesi rifiutarono, gli abitanti di Casano decisero a loro volta di non prestare il cero. Allora gli ortonovesi passarono alle vie di fatto, organizzando una spedizione punitiva.


Fonti: Comune Ortonovo

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