ZIFFRA

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Ziffra è un’antica voce spezzina, ormai desueta, che indicava le zone che erano state strappate al mare con opere di insabbiamento o di scanalatura, un’attività che fa venire alla mente i polder olandesi. Le ziffre costituivano una voce importante nell’economia cittadina. Infatti, una volta ottenuta la dovuta autorizzazione da Genova alla cui autorità la Città era sottoposta, venivano vendute ai privati e con il ricavato si provvedeva ad opere di pubblica utilità. Così, alla fine del XV secolo con quei soldi si provvede al riordino della cinta muraria che versava in uno stato di rovinosa precarietà. In periodi successivi, nel 1597, il Senato genovese concede che delle ziffre siano vendute perché con i proventi della vendita si realizzi il monastero delle Clarisse, le monache di Santa Cecilia, i cui resti sono tuttora visibili sopra il Poggio, lungo la via XX Settembre. Ziffra è termine che deriva dalla voce araba cyfr che in quella lingua indica lo zero e, per estensione, una cosa vuota. Nello spezzino si usava quel termine per designare una terra inutile ed improduttiva. Nella lingua italiana compare per la prima volta nel Liber Abbaci (1202) del matematico pisano Leonardo Fibonacci. Questi la rende con il termine zephirum a voler dire cifra. In letteratura compare per la prima volta nella Lauda 3 (databile fra il 1260 e il 1300) di Jacopone da Todi: Staraioce per zifra a la masone [resterò io per nulla in casa] Successivamente, cifra muta di significato e dal voler indicare una cosa vuota, passa a designare proprio il suo contrario. Infatti, da allora cifra sta per numero, o quantità indeterminata. La voce è abbastanza diffusa nell'areale settentrionale dove troviamo come esito anche zefira. Nell'immagine sottostante, un dettaglio della pianta Ferretti-Bruscod el 1767, si vede la presenza degli Stagnoni davanti alla porta Sud (piazza Mentana)ed il progetto per "divertirli".

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