LA VILLA ROMANA DEL VARIGNANO VECCHIO

Da wikiSpedia.

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Una residenza in mezzo agli olivi

"Conviene che il padrone abbia una villa rustica ben costruita,

una cantina olearia, una vinaria (...). Bisogna avere buoni torchi.

perché il lavoro possa essere ben fatto.

Appena siano raccolte le olive, si faccia subito l’olio,

perché non si guastino.

Pensa che ogni anno vengono grandi intemperie e le olive

sogliono cadere; se le raccoglierai subito, e saranno pronti i vasi

del torchio non deriverà alcun danno dalle intemperie e l’olio sarà

più verde e di buona qualità.

Per un oliveto di 120 iugeri, se l’oliveto è buono,

ben folto e ben coltivato, una doppia attrezzatura di torchio.”


Catone De agri cultura, 3, 2-6


“. . . un golfo che è il porto del Varignano, stupendo .. .”

Ch. L. Montesquieu, Voyage en Italie, 1747



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La posizione geografica particolarmente favorevole — al fondo dell'insenatura del Varignano Vecchio, con acque correnti, facilmente raggiungibile per via terrestre e marittima e con il piccolo approdo della darsena - è sicurarnente uno degli elementi che ha influito sulla continuità insediativa del sito, già utilizzato nella seconda metà del ll secolo ac. Nei decenni che seguono la deduzione della colonia di Luni avvenuta nel 177 a.C, e verosirnilmente dopo il 155 ac., anno nel quale durante il suo secondo consolato Marco Claudio Marcello celebra il trionfo sulle tribù dei Liguri Apuani, nel protetto seno del Varignano si realizza un articolato impianto residenziale che si sviluppa sfruttando una porzione pianeggiante di terreno a immediato contatto con il bacino della darsena, naturalinente predisposto e forse già in questo periodo attrezzato per l’attracco di piccole imbarcazioni. Scavi recenti (2000—2005) hanno, infatti, riportato alla luce sette ambienti dei quali uno porticato riferibili ad un edificio residenziale che si qualifica, per le tipologie ornamentali dei pavimenti e della decorazione parietale, di alto livello architettonico.

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L'importante scoperta è la conferma che dopo le operazioni di conquista i Romani, ormai saldi possessori del territorio ligure, attivano sistemi già ampiamente collaudati per il controllo e lo sfruttamento dei comprensori acquisiti, per mezzo di nuove alleanze nei confronti delle élites locali, ma soprattutto consentendo l'occupazione e lo sfruttamento dellager publicus ai privati e alle gentes legate alle famiglie dell”aristocrazia romana. Eccezionalmente conservati sotto i pavimenti, realizzati in cocciopesto (opus signinum) con un diversificato campionario decorativo a creare motivi geometrici a losanghe, a meandro a maglia ortogonale e con rosone di rombi. A questi pavimenti si associano decorazioni parietali riconducibili al “I stile pompeiano”. con intonaci dipinti a rilievo e stucchi a imitazione di partiture architettoniche e marmi policromi. Nei primi anni del l secolo a,C. tutto l'edificio viene intenzionalmente rasato al suolo lasciando intatti i soli livelli pavimentali sui quali si allestisce il cantiere edile per la costruzione della villa e delle sue pertinenze di eta sillana (I fase), attualmente visibile. Si realizza così un articolato complesso residenziale—produttivo di notevole qualita architettonica e tecnologica, dove accanto al nuovo ed elegante quartiere padronale si allestisce l'unità produttiva del torcularium su cui è incentrata l'economia della villa in questa sua prima fase di vita. Si traduce in questo caso in maniera ottimale l'auspicato equilibrio fra villa e fundus raccomandato da Catone nel suo trattato De agri cultura, volto al miglior soggiorno del dominus nelle sue terre e alla loro diretta gestione. ll progetto si attua in un'unica soluzione, seguendo modelli propri di ambito centroitalico con murature in opera incerta e pavimenti a mosaico e signino e con i quartieri residenziali articolati secondo la canonica successione della domus con vestibolo—atrio, ali e tablino aperti su una porticus triplex affacciata sul mare. Nel quartiere abitativo, direttamente prospiciente l'insenatura marina. soggiorna il dominus; quest'ala della dimora è nettamente separata da quella del vilicus. il fattore, incaricato, sotto il diretto controllo del padrone, della conduzione dell'azienda agricola. Si definiscono gli spazi e i percorsi domestici affidando alla accurata scelta dei materiali la diversificazione degli ambienti. Così mosaici policronii e raffinati battuti in cocciopesto rubricato (opus signinum) pavimentano i grandi atri compluviati, le stanze del domŕnus, i luoghi destinati al riposo diurno e notturno, le sale di rappresentanza e di soggiorno che catturano mediante porticati e scenograliche aperture, secondo una tradizione del costruire tipicamente romana, la natura circostante. L'ala destinata al vilicus e alla sua famiglia e un corpo chiuso attorno a un cortile porticato ed e a diretto contatto con il quartiere produttivo, non inteferendo con la privacy e l'intimità di quello padronale. Perfettamente strutturato secondo la precettistica catoniana il quartiere dei torchi oleari, la pars fructuaria della villa, è realizzato ad una quota più elevata rispetto a quello padronale, tagliando e regolarizzando la roccia affiorante che fornisce anche idoneo riparo dai venti freddi nocivi alla lavorazione dell'olio.

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Il quartiere si dispone a L attorno ad una piccola corte quadrata funzionale alle varie operazioni di scarico delle olive, frangitura, spremitura. decantazione. stoccaggio del prodotto finito nella cella olearia e carico delle anfore con l'olio sui carri. Da qui infatti si accede. tramite scale lapidee, agli ambienti destinati alle diversificate operazioni specifiche e da qui il carico con le anfore pronte per la vendita raggiunge direttamente la banchina di imbarco, Dell'intero impianto sono ben conservati e perfettamente leggibili i locali dedicati alla spremitura, decantazione e conservazione dell'olio, mentre nulla si può dire del tipo di macina utilizzata se riconducibile al trapetus catoniano o alla mola olearia , sicuramente sistemata nell'ampio vano sottostante il Il torcularium è funzionale a un oliveto specializzato con un'apparecchiatura industriale di due torchi ("in jugera oleti CXX vasa bina esse oportet". Cat 3,5 )predisposti per un fundus di 120 jugeri ( 30 ettari); la cella olearia a cielo aperto,immediatamente sottostante, stoccava 50 dolia, grandi giare in terracotta interrate fino alla spalla e protette da un doppio coperchio, ln questa fase la villa produce olio come merce pregiata per l°esportazione, privilegiando un tipo di coltura intensiva che doveva caratterizzare il paesaggio agrario tardorepubblicano di questa parte della Liguria, come farebbe supporre un altro insediamento coevo nel golfo della Spezia, parzialmente conservato sotto la pieve romanica di San Venerio in Antoniano. Dopo la metà del I secolo d.C, tutto il complesso subisce importanti ristrutturazioni (II Fase) che riflettono cambiamenti sociali ed economici. Forse ora nella villa risiede un procurator, secondo le più aggiornate regole gestionali previste per le aziende agricole da Varrone e Columella, teorici dei nuovi saperi tecnologici. Il quartiere del vilicus viene ridisegnato nell'ambito di un rinnovato progetto residenziale e vi si allestisce un balneum, perfetta ed efficiente terma padronale. Il percorso attraverso i diversi ambienti si sviluppa secondo le norme salutistiche e scandisce i momenti dedicati alle varie attività. Si riconoscono il caldarium con l'alveus, vasca destinata al bagno caldo e l'adiacente sudatorium una sorta di sauna, entrambi i locali sono riscaldati da due diversi praefurnia, forni per la produzione dell”aria calda. Una sosta nel tepidarium serviva a predisporre il corpo all'immersione nella vasca del frigidarium, grande locale con nicchie dove si prendeva il bagno freddo ll antico cortile porticato dell'appartamento del vilicus viene trasformato, tamponando gli spazi fra le colonne, in una vasca ricca di acque zamipillanti lungo la quale passeggiare e godere un piacevole momento di riposo, contemplando la vastità marina, le boscose coste del golfo della Spezia e, nelle giornate limpide, le cime rocciose delle Apuane, bianche di marmi, affacciate sul portus Lunae. Anche la pars fructuaria subisce importanti interventi. Nel torcularium rimane attivo un solo torchio e la cella olearia viene smantellata, tutta l'area è ora utilizzata per diverse attività agricole e ortive e forse anche di allevamento come farebbe supporre la grande vasca lastricata con acque correnti che si predispone al centro della Piccola Corte. Ora si produce olio per il solo fabbisogno interno. È queso il momento dei grandi approvvigionamenti di olio, vino e grano dalle province. Non sono più le merci pregiate del mercato italico, Italia felix descritta da Strabone, che si esportano: i centri portuali della penisola smistano i prodotti economicamente più convenienti provenienti da Spagna, Gallia e Africa, non solo quelli di natura alimentare, ma anche altri non meno importanti per l°econornia romana dell'impero quali, ad esempio, le manifatture ceramiche. L'uso agricolo del sito del Varignano Vecchio, protrattosi fino ad anni recenti, non permette di conoscere nei dettagli i più tardi esiti insediativi della villa romana, che si percepiscono in ulteriori interventi edilizi nel quartiere residenziale, realizzati a cavallo fra gli anni finali del IV e quelli iniziali del secolo successivo, quando ormai sono da tempo avviate le dinamiche che conducono all'evoluzione degli assetti urbani e rurali conseguenti il tramonto dell'evo antico.

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Si trasforma così il panorarna rurale di questo lembo dell'estremo levante ligure. La villa del Varignano, ancora frequentata nel VI secolo d.C., e le altre realtà fondiarie dell ager lunensis, primaria espressione del sistema agrario romano, esauriscono la propria funzione. Delle strutture antiche emerge, nel panorama dell’abbandono, il grande edificio della cisterna utilizzata a fini abitativi a partire dal XIV secolo, mentre sulle robuste murature di età sillana si costruiscono, sul finire del XVl secolo, i casali rustici “Turra” e “Liverani”. I muri in opera incerta, che definivano le pertinenze e i confini naturali della villa, forniscono sostegno ai terrazzamenti che strutturano ora l'antico fondo, centro di nuove attività agricole con olivi, vigne e alberi da frutto e, insieme ad altre unità immobiliari, patrimonio del Monastero benedettino di San Venerio al Tino e a partire dal 1432 della congregazione olivetana di Santa Maria delle Grazie.

Fonte: Vele d'Epoca a Porto Venere

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